Non profit

Poveri: più italiani chiedono aiuto

Presentato oggi il rapporto sulla povertà. Ai centri di ascolto diminuiscono gli stranieri, aumentano le richieste di sussidi economici e generi alimentari

di Redazione

Crescono le persone in difficoltà che si rivolgono ai centri di ascolto Caritas. Diminuiscono gli stranieri senza permesso di soggiorno che chiedono aiuto, mentre aumentano gli italiani e gli uomini. Diventano più frequenti le richieste di sussidi economici e di generi alimentari. Il nono Rapporto sulle povertà, presentato oggi nell’ambito del convegno “Dalla crisi nuove sfide per il territorio” conferma il generale impoverimento delle fasce più deboli della popolazione e, soprattutto, l’allargamento del grave disagio ben oltre la categoria sociale dei vulnerabili cronici.

Nel corso del 2009, secondo il Rapporto, si sono presentati nei 56 centri di ascolto scelti come campione, 17.283 persone, un aumento del 9% rispetto al 2008 che ha riportato il numero degli utenti a valori che non si registravano da cinque anni. Chi ha determinato questo aumento? Senza dubbio non gli immigrati clandestini diminuiti del 3,7%. Forse perché talmente spaventati d’incorrere in denunce da non trovare il coraggio nemmeno di chiedere aiuto alla Caritas, osservano i ricercatori dell’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse che hanno elaborato i dati. I nuovi vulnerabili, invece, hanno sempre più spesso nomi e cognomi italiani. Benché gli stranieri rappresentino ancora la stragrande maggioranza degli utenti (il 73,7%), a chiedere aiuto alla Caritas sono venuti in numero crescente gli italiani: rispetto al 2008 i cittadini di nazionalità italiana sono aumentati del 15,7%. «Fenomeno – spiegano gli autori del Rapporto alla cui radice si trova certamente la crisi economica». Inoltre, in un contesto in cui la domanda di aiuto è sempre stata espressa in prevalenza dalle donne, è significativo che nonostante siano ancora loro, le donne, a rappresentare la maggioranza degli utenti (il 64,8%), sono gli uomini ad aumentare, passando dal 31% nel 2008 al 35% nel 2009. Insomma, un incremento del 4% che riguarda un’altra categoria “inusuale” tra gli assistiti della Caritas. Non a caso – fanno osservare i ricercatori – sono gli uomini i più colpiti da problemi di occupazione (+5,5%) e di reddito (+4,7%).

Che cosa hanno chiesto le persone? L’analisi dei bisogni e delle richieste realizzata dal Rapporto conferma un generale peggioramento delle condizioni di vita materiale delle persone. Si confermano in aumento le persone che richiedono generi alimentari, passate dal 28,8% del 2008 al 30,2%, che in valori assoluti significano circa 700 persone in più. Se si passa poi ad analizzare il numero di persone che hanno richiesto sussidi economici, l’aumento è ancora più vistoso: il 4%, pari a circa un migliaio di individui. Un identikit più preciso dei “vulnerabili” emerge dall’approfondimento fatto dai ricercatori del consorzio Aaster del sociologo Aldo Bonomi condotto su 3.237 persone, un campione selezionato fra chi ha ricevuto un aiuto dal Fondo Famiglia Lavoro, il fondo di solidarietà voluto dall’Arcivescovo di Milano per le famiglie che perdono il lavoro. I due terzi dei beneficiari sono operai generici nel ciclo dell’industria, della sub fornitura e dell’edilizia; seguono i lavoratori non qualificati nei servizi e un 15% di persone con lavori dequalificati, saltuari o irregolari. Solo il 5% ha un profilo professionale medio-alto (insegnanti, professionisti o dirigenti). Se però si scorpora il dato in base alla cittadinanza, la percentuale tra gli italiani sale all’11,5%, a testimonianza di una crisi che si è estesa anche a quelle fasce di popolazione che fino a ieri sembravano essere al sicuro e che oggi hanno trovato il “coraggio della miseria” per rivolgersi al Fondo Famiglia Lavoro.

«I vulnerabili non sono marginali in sé. Lo diventano o rischiano di diventarlo nella crisi, per la perdita dell’occupazione, l’assenza per ampie fasce del mondo del lavoro di ammortizzatori sociali, di appropriati strumenti di protezione dai fallimenti di imprese e attività che sono anche progetti di vita. Ai primi posti per domande di aiuto appaiono i distretti produttivi della Brianza: Cantù, Seregno, Desio (legno e arredo), Vimercate (elettronica), Monza. Poi vengono aree come Magenta, Saronno, Legnano, Busto Arsizio, aree di antica industrializzazione in transizione verso il terziario di attività logistiche, di servizi distributivi e fieristici. Meno numerose le richieste e i beneficiari nel core metropolitano milanese – ha spiegato Aldo Bonomi –. Dalle storie del Fondo emergono una nuova questione operaia e sociale, una condizione migrante, una difficoltà degli ammortizzatori che ci interrogano sui ritardi della modernizzazione del nostro welfare».

«La crisi ha ridisegnato la mappa della povertà. Ha trasformato famiglie modeste ma che avevano sempre goduto di una certa stabilità in soggetti vulnerabili e sospinto i poveri cronici sulle soglie della miseria – ha detto il direttore di Caritas Ambrosiana don Roberto Davanzo -. Gli utenti tradizionali dei nostri centri di ascolto, in genere donne straniere, che prima ci chiedevano aiuto per cercare casa e lavoro, ci domandano aiuti economici e alimentari, come se avessero rinunciato al sogno di integrarsi e badassero ormai solo alla sopravvivenza; mentre un’intera categoria, quella degli stranieri irregolari, è talmente intimorita che sta rinunciando persino a venire da noi. Poi ci sono le new entry, mi si passi l’espressione. Questi sono in genere italiani, uomini, che hanno perso il lavoro. Persone che non si sarebbero mai sognate di bussare alle porte della parrocchia e che ora, spinti dalla necessità, vengono allo scoperto. Di fronte a questo stato di cose, non è possibile pensare che la risposta possa venire unicamente dalla Caritas, dall’Arcivescovo, dal mondo del volontariato. La politica deve battere un colpo immaginando, ad esempio, un nuovo sistema di welfare che sappia includere quei troppi soggetti che oggi sono senza rete».

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