Famiglia
Potestà, un mistero buffo
"Lo Stato minaccia il diritto dei genitori a esercitare la patria potestà".Così Dario e Franca difendono le famiglie minacciate da giudici e medici.
Un anno fa la sua faccia da fresco premio Nobel per la letteratura, con zampe di maiale al posto delle mani e slogan ?i brevetti sulla vita sono una porcata?, sorrideva sulla spilletta del Comitato scientifico antivivizionista per protestare contro la manipolazione genetica. Pochi mesi dopo, con la moglie Franca, firmava l?appello di ?Vita? per far uscire i malati di Aids dal carcere. E qualche settimana fa, mentre tutta Milano gridava ?dagli agli immigrati?, Franca Rame e Dario Fo li invitavano a cena al centro sociale Leoncavallo.
Insomma, un anno all?insegna dell?impegno e della protesta civile, cui la coppia che ha deciso di devolvere il Nobel all?assistenza degli handicappati non è nuova.
Ma la primavera di Franca Rame e Dario Fo riserva una sorpresa: una battaglia inedita, coraggiosa. La battaglia per difendere la libertà di cura che ha spinto i due a schierarsi a fianco dei piccoli Ketha e Marco. I bambini tristemente famosi per le storie che in questi giorni li vedono protagonisti. A Brescia, dove i genitori di Ketha Berardi, una bambina di 10 anni malata di leucemia, rischiano di perdere la patria potestà perché, dopo mesi di chemioterapia in cui hanno visto la loro piccola sfiorire giorno dopo giorno, hanno deciso di passare alla cura Di Bella. E nelle Marche, dove a Marco, affetto da cancro osseo, deve essere amputata una gamba. Ma i genitori si oppongono, e alla loro richiesta di passare al metodo Di Bella che non prevede l?amputazione, la giustizia risponde prima revocando loro la patria potestà, e poi restituendogliela ma affidando qualunque decisione in merito alla salute del bambino a un oncologo. Un provvedimento che migliora la forma ma non certo la sostanza della decisione. E scatena la battaglia di Dario e Franca.
Perché? «Perché», spiega una Franca Rame molto delusa e amareggiata, «pensare di togliere la patria potestà a un genitore solo perché cerca di dare al proprio figlio malato quella che ritiene la migliore cura possibile, è davvero incredibile». Di Ketha, Dario e Franca apprendono guardando la televisione. E dicono: «Appena abbiamo visto il padre della bambina annunciare fiero e disperato davanti alle telecamere di non voler sottostare al volere dei giudici, di non volere che Ketha tornasse alle chemio, abbiamo capito quanto sia importante lottare per la libertà di cura. Ma stiamo scherzando? E allora tutti quelli che se ne vanno all?estero per farsi curare o ci portano i figli? Chi li ha mai fermati o parlato della loro potestà?». La miccia ormai è accesa, e mentre in tv si susseguono le interviste a questo o quello specialista, Dario e Franca cominciano a pensare a uno spettegolo in favore di Ketha. Appena la trasmissione finisce chiamano al telefono il signor Berardi, si informano e decidono di scendere in campo. «Per aiutare la figlia quell?uomo ha anche perso il lavoro», spiega Franca, «e così per prima cosa gli abbiamo inviato del denaro. Ma soprattutto assicurato un appoggio incondizionato. Perché questo triste episodio non fa che peggiorare una società in cui mi riconosco sempre meno. Certo dalla giustizia italiana ormai non potevamo aspettarci niente di meglio».
In che senso? «Nel senso che è quella stessa giustizia per cui se un uomo ti molesta, ma è innamorato, poverino non è colpa sua. E se a te la cosa non va, chi se ne importa. È quella stessa giustizia che tiene in carcere ingiustamente Sofri. Di fronte a tutto questo non resta che fare come il padre di Ketha: non accettare, non mollare, gridare a tutti che i giudici in certe cose non ci devo entrare». Di fatto però, secondo quanto stabilisce una sentenza della Cassazione datata 1992, i giudici hanno il diritto di interferire nella patria potestà quando il comportamento dei genitori pregiudica la salute di un figlio. E questa legge, negli ultimi anni, ha portato anche qualcosa di buono. Per esempio salvato la vita a molti figli di testimoni di Geova che rifiutavano le trasfusioni di sangue per i loro bambini. Cosa ne pensano Dario e Franca?
«Credo che ognuno debba essere rispettato per il modo in cui sceglie di vivere», risponde Franca. E aggiunge: «Se una persona che sta per morire accetta di non essere curata in nome di un qualunque suo principio, credo che la sua volontà vada rispettata. Certo la cosa si fa più delicata per un minore. Ma in questo caso i genitori non si rivolgevano a uno stregone o imbroglione, ma a un medico riconosciuto e affermato, sul cui metodo hanno dibattuto in tv gli specialisti di tutto il mondo e a cui in tante parti del mondo si sono dovuti interessare anche i ministri della Sanità. Poi, non credo che togliere la patria potestà a un genitore, sia la soluzione giusta, quasi mai. E poi dove li mettiamo i diritti dei bambini? Altro che nuovo millennio e spazi multimediali. Qui ci mancano libertà per la vita concreta, quella di tutti i giorni e di tutte le persone normali». Persone come Marco, Ketha e i loro genitori.
Ma è davvero possibile che sia lo Stato a decidere? Purtroppo sì, dicono i fatti. «Purtroppo sì. Possono decidere che la tua casa non sia abbastanza grande, o che il tuo reddito non sia sufficiente, così ti levano i figli e li affidano a istituti il cui costo giornaliero per accudire i figli è magari di 300 mila lire al giorno. Se ne avessero dati 100 mila alla famiglia? Invece no. Adesso vogliono decidere anche da che medico devi mandare tuo figlio, siamo matti?», denunciano Dario Fo e Franca Rame. Che a dar battaglia non rinunciano, e propongono: «Forse si può pensare a un gruppo di medici che, in casi controversi, controlli la salute dei minori che i genitori scelgono di curare con terapie alternative, ma mai bisogna sostituirsi alla responsabilità dei genitori».
Cosa succederà? Per il momento l?unica cosa certa sono le telefonate tra Ketha e Marco, i due bambini che rischiano di vedersi sottratti i loro genitori. E lo spettacolo che Franca e Dario allestiranno perché nessuno si dimentichi di questi due bambini, perché nessuno neghi ai loro genitori di curarli come meglio credono.
Tolti dalla famiglia
Minori allontanati dalle famiglie di origine
Minori affidati a famiglie:922
Minori affidati a istituti o comunità:1.293
Decreti di adottabilità (con genitori ignoti):415
Decreti di adottabilità (con genitori noti):1.025
Opposizioni ai decreti di adottabilità
Pendenti al 1° gennaio 1997:178
Presentate nell?anno 1997:306
Accolte:41
Respinte:211
Pendenti al 31/12/97:232
Decreti di affidamento preadottivo
In corso al 1° gennaio?97:1.225
Decreti pronunciati nell?anno:1.116
Revoche pronunciate nel 1997:25
In corso al 31/12/97:1.372
(Dati aggiornati al dicembre 1997)
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.