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Posto fisso, dibattito precario

Berlusconi con Tremonti, Marcegaglia contro: una polemica dai risvolti politici

di Franco Bomprezzi

Berlusconi dà ragione a Tremonti sull’elogio del posto fisso, ma dai giornali in edicola oggi si capisce che questa solidarietà è frutto di un complesso calcolo politico, che si inserisce in un momento di tensioni all’interno del Pdl. E così il tema del precariato continua a vivere di parole, mentre alla Camera si litiga sui precari della scuola.

“Posto fisso, Berlusconi con Tremonti”, titola in prima pagina il CORRIERE DELLA SERA. Ma la Marcegaglia frena: impossibile ritorno al passato. “Agenda fuori tempo”, è invece il titolo del fondo del vicedirettore Dario Di Vico: «A scanso di equivoci va detto subito: ne avremmo volentieri fatto a meno. L’animata discussione che nelle ultime 48 ore si è aperta sugli innegabili vantaggi del posto fisso (contrapposto all’aleatorietà del mercato)…appare del tutto fuori tempo rispetto alla lenta evoluzione della crisi…Quasi che la logica del talk show dettasse le regole (del dibattito politico, ndr.). I servizi interni alle pagine 5 e 6. Enrico Marro spiega così la mossa di Berlusconi: «In realtà, la mossa del presidente del Consiglio (probabilmente ri­chiesta dallo stesso Tremonti, secondo fonti di governo) è anche e soprattutto la logica conseguenza delle dinamiche interne all’esecutivo come si sono sviluppate nelle ultime settimane. Gli attriti fra Tremonti e di­versi colleghi e fra lo stesso mi­nistro dell’Economia e il sotto­segretario alla presidenza, Gianni Letta, sono stati affrontati giovedì dopo il Consiglio dei ministri in un lungo vertice tra Berlusconi, Tremonti e Letta, dove il premier ha chiesto di non dare all’esterno l’immagi­ne di una squadra litigiosa. Inevitabile dunque la nota di ieri sera del premier. Tanto più che Tremonti poteva vantare un credito, visto che il giorno della bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta era uscito con una secca nota ufficiale di 18 parole: «Fare parte del governo presieduto da Silvio Berlusconi è stato, è e sarà per me un grandissimo onore». Ieri il Cavaliere ha ricambiato con un «confermo la mia piena sintonia con Tremonti». Poi due interviste. All’ex sindacalista Pierre Carniti: «Si può ragionare di flessibilità se c’è anche sicurezza… La mia è la cultura della conversione. Di conseguenza non posso che salutare positivamente anche la conversione di Giulio Tremonti sulla via di Damasco». E a Maria Grazia Di Certo, laureata nel ‘94, ricercatrice sulle malattie rare, da 15 anni precaria al Cnr: «Comincia così un percorso instabile tra borse di studio e primi contratti: «Per carità, tutti noi sappiamo che la gavetta è lunga — spiega la ricercatrice —. Io arrotondavo facendo il rappresentante farmaceutico». Da lì alla dura realtà dei co.co.co, i collaboratori coordinati e continuativi introdotti nel 1995 con la riforma Dini e istituzionalizzati due anni dopo dal «pacchetto Treu», il passo è breve: «Di quei con­tratti ne avrò collezionati almeno una decina!». Continua il racconto: «Poi una luce in fondo al tunnel: nel 2007 la Finanziaria Prodi introduce una graduale stabilizzazione dei precari. C’è la possibilità di approdare al mitico posto fisso, al contratto a tempo indeterminato, a una casa propria e forse, chissà, a una famiglia. Maria Grazia si mette in fila per la regolarizzazione ed è a un passo dall’ottenerla, quando cambia il governo e la sanatoria viene bloccata. «Io non ce l’ho fatta, ma 3 o 4 colleghi, sì. Erano in 4 mila a sperarci, ce l’avranno fatta, sì e no, un migliaio». La delusione è fortissima: «L’unica consolazione è che sono stata inquadrata come articolo 23, contratto a termine, questo significa almeno non avere più uno stipen­dio da fame…». Cioè? «Guadagno 1.700 euro al mese netti. Sono fortunata. Gli altri faticando come me tutto il giorno, senza riconoscimento di straordinari, in media ne prendono 500 in meno».

LA REPUBBLICA apre ancora sul miraggio: “Posto fisso, no di Confindustria” e, nell’occhiello, precisa che Berlusconi si dice d’accordo con Tremonti (e parla, ovviamente, di «completa sintonia»). La proposta del ministro fa discutere però non solo gli industriali. Come riferisce a pagina 2 Roberto Mania, il governo è diviso. Dopo Brunetta, anche Sacconi si dice contrario. Proprio come Emma Marcegaglia: «la cultura del posto fisso è un ritorno al passato non possibile, una cultura che, peraltro, ha creato non pochi problemi in questo paese. Nessuno è a favore della precarietà. Anche noi siamo per la stabilità… che tuttavia non si fa per legge». In medio stat virtus per Scajola che dà un colpo al cerchio e uno alla botte: «c’è troppa precarietà ma il mondo delle imprese ha bisogno di una quota di flessibilità». Stranamente LA REPUBBLICA non si occupa delle opinioni dei precari (che forse prenderebbero queste discussioni per quello che sono: parole, parole, parole…). Preferisce guardare ai retroscena: “E il ministro minaccia le dimissioni «Se non mi difendi me ne vado»”. Parola di Giulio che con Silvio ha ormai un rapporto da separato in casa. Berlusconi in effetti teme che dietro le sortite di Tremonti ci sia ben altro che la  preoccupazione per i precari, ma il tentativo di imporre un’agenda dialogante con il centrosinistra preparando così il dopo Berlusconi.

IL GIORNALE si occupa di lavoro a pagina 9 (“Posto fisso, il premier dà ragione a Tremonti”). Ma al tema dedica l’editoriale in prima, di Francesco Forte “Il valore del posto fisso per le imprese”, di Francesco Forte, che in qualche modo però difende il modello flessibile praticato negli ultimi anni: Secondo Forte, infatti, «sarebbe deprecabile che si utilizzasse l’affermazione che il posto fisso è un valore importantissimo per la famiglia per chiedere di tornare indietro rispetto alla liberalizzazione dei contratti di lavoro attuata con la legge Treu e poi con la legge Biagi. (…) Perciò no al contratto unico, valido per tutti, sì alla varietà e libertà dei contratti. Non a caso Biagi voleva che dallo «statuto dei lavoratori» si passasse allo «statuto dei lavori». (…) Ed ecco che così, se c’è la flessibilità, avere soprattutto lavoratori col posto fisso è un valore anche per l’impresa. Essa investe nel capitale umano e non lo vuole perdere e cerca quindi di fidelizzarlo. (…) Dunque evviva il posto fisso, ma soprattutto evviva la libertà di contratto e il contratto legato alla produttività».  L’analisi è di Lodovico Festa: “Il governo deve colmare il vuoto della sinistra”: «Vi sono anche scelte tattiche nelle mosse del titolare di via XX Settembre. Però queste non escludono un disegno strategico niente affatto da liquidare: realmente federalista (quadro entro il quale realizzare il radicale taglio della pressione fiscale di cui ha bisogno l’Italia), mirato a una società di proprietari in cui anche i lavoratori siano mossi da spirito cooperativo e non antagonista, in cui il credito sia funzione della produzione e non viceversa, in cui il riscatto del Sud sia affidato a banche legate al territorio e alle imprese e non a carrozzoni centralistici o centri di potere politico-finanziario irresponsabili. Insomma tutto quello che si trova in larga misura nei programmi delle forze politiche conservatrici-moderate del mondo occidentale».

Ovviamente il SOLE24ORE mette in prima pagina non tanto i precari quanto la Marcegaglia furiosa, che già nel titolo ribadisce la sua posizione: “Superato il posto fisso, serve la flessibilità regolata”. All’interno, altro pezzo dal titolo “No ai ritorni al passato”, casomai non fosse stato chiaro il titolo di prima pagina. Occhio poi ai nomi: il SOLE non chiama precari i precari, ma «lavoratori indipendenti» per distinguerli da quelli «dipendenti». E in un infografico sottolinea come dal secondo trimestre 2006 al secondo trimestre 2009 i lavoratori indipendenti siano calati del 5% mentre quelli dipendenti sono cresciuti dell’1,8%; inoltre informa che in Italia gli «indipendenti» rappresentano solo il 9,8% del mercato del lavoro, mentre i cococo nel 2008 erano 370mila (il 48,9% al Nord).

Il premier, in sintonia con Tremonti, cerca di scavalcare a sinistra il Pd alle prese con le primarie. E’ la tesi dell’unico articolo “Questo e quello per me pari sono“ che ITALIA OGGI dedica al dibattito politico relativo alla posizione del governo sui posti fissi. «Qualcuno avanza il sospetto» si legge nel pezzo «che la sortita di Tremonti fosse stata concordata con il premier per scavalcare a sinistra il Partito democratico impegnato nella cosa verso le primarie che il 25 ottobre designeranno il nuovo segretario. Come ha detto Giulio Andreotti, a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca».
 
IL MANIFESTO titola in prima “In quel posto”, a sfondare su una fotografia che riprende il Centro per l’impiego di Cinecittà affollato. «Il posto fisso di Tremonti conquista anche Berlusconi e la Lega si accoda in nome della famiglia, purché “italiana”, cattolica e prolifica. I teorici della flessibilità e dei condoni cercano consensi nelle fasce colpite dalla crisi. La Confindustria protesta e il cerino della precarietà resta in mano all’opposizione. E agli insegnanti precari: sulla scuola si abbatte la scure del governo» riassume sempre in prima IL MANIFESTO. Al tema è dedicato anche il commento di Lori Campetti “Precarietà e politica” che in prima pagina scrive: «Solo un cretino può pensare che il massimo desiderio di un operaio che lavora alla linea di montaggio, terzo livello metalmeccanico, salario di merda per un lavoro di merda, ipersfruttato e alienante, un operaio a cui è tolto persino il diritto di esprimersi sul suo contratto, abbia come sogno di restare per tutta la vita inchiodato alla catena (…) E solo un cretino può credere che se quell’operaio si aggrappa alla catena, si arrampica sul carroponte o sul tetto o sul Colosseo, o occupa l’autostrada Roma – Napoli, è perché senza lo sfruttamento selvaggio non riesce a sognare, ad amare, persino a fare figli. Il fatto è che nella cultura liberista applicata al nostro paese l’unica flessibilità conosciuta – l’unica flessibilità concessa – è quella in uscita (…)» e continua «Adesso Tremonti e Berlusconi scoprono le meraviglie del posto fisso. Proprio loro che in buona (pessima) compagnia hanno messo al rogo non tanto la cultura del posto fisso, quanto la sicurezza del lavoro. Hanno smantellato diritti, sbrindellando rapporti di lavoro in una cinquantina di forme contrattuali diverse, per dividere e colpire meglio, con la speranza di rovesciare il conflitto verticale capitale – lavoro in un conflitto orizzontale tra lavoratori portatori di oneri e diritti diversi. Ci sono riusciti, almeno in parte (…)».
Alla bagarre in aula per il decreto scuola della Gelmini è dedicata pagina 6. Nell’articolo di apertura “La scuola sulla strada” si legge: «A tal punto tiene alla cultura del posto fisso, il nostro ministro dell’economia, che di qui a tre anni ha deciso di “liberarsi” di circa 130mila insegnanti precari (…)».
 
Semplice cronaca su AVVENIRE sul posto fisso. “Il posto fisso è un valore. Duello governo-industriali”, titola in prima pagina AVVENIRE. Il premier si schiera con Tremonti, la Marcegaglia elenca i problemi creati dalla cultura del posto fisso («aumento della disoccupazione, del sommerso e, nella pubblica amministrazione, questa logica dell’assenteismo e dei fannulloni»). In un’altra pagina il pezzetto sulla bagarre alla Camera, con il dl sui precari passato per soli due voti, tra cui quello decisivo di Carolina Lussana, «attesa» da Maurizio Lupi: è questo che ha suscitato le proteste di Antonello Soro, capogruppo Pd, e la successiva bagarre.

Ancora sul posto fisso l’apertura de LA STAMPA di oggi, con il titolo in prima pagina che riprende le parole di Berlusconi: “Il posto fisso è un valore”. “E Silvio scippa l’asso calato dall’amico Giulio” titola un pezzo di retroscena di Ugo Magri, che scrive: «è possibile, ipotizzano ai piani alti del Pdl, che il ministro dell’Economia si vada “riposizionando” ogni giorno sempre più al crocevia del post-Berlusconi». LA STAMPA nota la virata di 180 gradi del premier: un anno e mezzo fa, interpellato sul posto fisso, era stato negativo e Tremonti aveva incassato il colpo. La vicenda di questi giorni, scrive Magri, «è anche una bilancia: misura il peso di Tremonti nel governo». L’intervento “a favore” di Tremonti da parte di Berlusconi è stato calcolato, dopo una serie di fitte telefonate con Bonaiuti a fare da trait d’union. «Il “posto fisso” rischiava di far crescere ancora di più il ministro dell’Economia nelle vette della popolarità. Se si dà retta ai sondaggi riservati sul tavolo del premier, è un testa a testa fra Maroni e Tremonti, tutti gli altri ministri parecchio staccati (Brunetta non fa eccezione). Berlusconi, ribaltando le sue critiche in elogi al posto fisso, abbraccia l’idea. E la smorza». “Precari della scuola: è rissa alla Camera”. Insulti sui banchi, Gelmini contro Fassino, la visita del re di Giordania e Fini imbarazzato che invoca la calma. Un pezzo racconta il clima in cui si è svolta ieri alla Camera la votazione per il decreto salva-precari, con la maggioranza andata sotto per le troppe assenze. L’esame riprende stamattina.


E inoltre sui giornali di oggi:

MARONI CONTRO ARCI
LA REPUBBLICA – Assolto dal tribunale dei ministri, perché la decisione sui respingimenti è un atto politico e non un gesto di razzismo, Roberto Maroni chiede all’Arci 50mila euro per i danni. L’Arci denunciò (in un comunicato che il ministro ritiene lesivo) come «razzista» la «schedaturañ che «si intendeva fare nelle scuole obbligando i dirigenti scolastici a inviare ai prefetti l’elenco degli alunni stranieri, precisando se rom o sinti». Una decisione che non fa piacere all’associazione né ai radicali (Rita Bernardini sottolinea che «si è arrivati all’archiviazione senza aver svolto le indagini»).

ECOPASS
CORRIERE DELLA SERA – A Milano, «se l’Ecopass resterà invariato il suo effetto si esaurirà completamente a fine 2011. Almeno per quanto riguarda il traffico…il provvedimento andrà a morire entro la fine del 2011, con 90mila veicoli che ogni giorno gireranno indisturbati nell’area dei Bastioni. Una situazione che ci riporterebbe indietro a dicembre 2007, ultimo mese senza Ecopass».

AMBIENTE
IL MANIFESTO – “I fusti non si toccano, sindaci avvelenati” Il titolo dell’articolo a pagina 7, con un piccolo richiamo in prima “Nave dei veleni”, la decisione del ministero dell’ambiente sulla questione della nave dei veleni al largo di Cetraro. «La richiesta dei primi cittadini era quella di bonificare l’area rimuovendo il prima possibile tutti i rifiuti dallo scafo. Menia ha invece esposto le decisioni del ministero, ben diverse da quanto auspicato dai primi cittadini. (…) Intanto, però, i sindaci dovranno spiegare ai loro cittadini perché il governo non ritiene prioritario rimuovere i fusti». L’articolo annuncia la manifestazione di Amantea del prossimo 24 ottobre.

IVA
ITALIA OGGI– Basterebbe ridurre allo 0.5% il tasso per il ritardato pagamento dell’Iva per i primi 180 giorni ed eliminare ogni sanzione o gabella aggiuntiva. E’ una proposta che ITALIA OGGI offre i propri lettori in merito all’abnormità tutta italiana, ovvero che le imprese fatturano ai propri clienti e versano l’Iva per il 16 del mese successivo all’erario ma incassano mediamente la stessa imposta anticipata dopo sei mesi. «In pratica», sostiene l’articolo “Il valore aggiunto delle pmi falciato da Iva e Irap” «finanziano lo stato sull’intero valore aggiunto industriale al netto delle prelazioni verso la pubblica amministrazione».  La riduzione dello 0,5% del tasso per il ritardato versamento dell’Iva, «permetterebbe alle imprese di bilanciare incassi e pagamenti un costo finanziario quasi simbolico».

TELEVISIONE
LA REPUBBLICA – “Decoder, la Rai contro Murdoch «Iniziative legali sulla chiavetta Sky»”.  La televisione di stato contro la privata che, lanciando sul mercato la chiavetta, ha dimostrato che era possibile avere un decoder unico. Dunque la colpa è della tecnologia. Non di dirigenti che seguendo improbabili strade costringono gli utenti a comprare due decoder…

CORDONI OMBELICALI
AVVENIRE – Grande rilievo per la nuova campagna informativa di Adoces e Adisco sulla donazione del cordone ombelicale, con storie di bambini salvati grazie a un trapianto di staminali del sangue cordonale ricavate dal cordone donato da altre mamme. La conservazione autologa è definita un «business» gestito da «operatori senza scrupoli» che fanno leva sulle «paure di eventuali malattie»: un «flusso ingannevole» da fermare, con «10mila madri che in buona fede ogni anno cadono in trappola». Lucia Bellespiga però spiega anche bene come non sia solo una questione economica: siccome i cordoni dopo 15 anni sono da buttare, solo la donazione solidale garantisce un continuo rifornimento di cordoni dando a tutti la possibilità di trovare un cordone, mentre con la conservazione autologa ci si «illude» di tutelare il figlio ma «in realtà si abbassa di molto le possibilità di guarirlo nel caso si ammali». I dati: 780mila unità conservate in banche private nel mondo, di cui 99 utilizzate al 31/12/2007 contro 480mila conservate nelle banche pubbliche, di cui 8mila utilizzate alla stessa data.

ISLAM
LA STAMPA – “Nell’Islam è scoccata l’ora del profitto”. «Il mondo dell’Islam è una delle economie emergenti del pianeta grazie all’affermarsi di un’operosa classe media protesa al business, che favorisce anche l’affermarsi del pluralismo di opinioni. L’analisi è contenuta nell’ultimo rapporto di Vali Nasr, consulente del Dipartimento di Stato Usa e responsabile del dossier dei rapporti con gli ayatollah di Teherean, scrive Maurizio Molinari da New York. In «Forces of Fortunes» (le forze della fortuna) Nasr racconta la vitalità di una nuova classe di capitalisti del mondo islamico: un sistema finanziario composto da oltre 300 banche che operano in 75 Paesi gestendo 500 miliardi di dollari. Secondo il consulente della Casa Bianca nel mondo islamico sta succedendo come in Cina: il business stimola libertà e pluralismo».

OBAMA
SOLE24ORE – Dall’altare alla polvere, sembra questa la parabola del presidente americano che ora – scrive il SOLE – è stato «tradito» anche da Wall Street. Ieri infatti era in programma una iniziativa di fund raising per il partito democratico a New York, quota 34mila dollari a cranio, cena con Obama in persona e altri 400 alti papaveri. È successo però che le grandi banche hanno dato forfait e alla cena si sono presentati in pochi (significativa eccezione, il presidente di UBS). Perché? Oltre alle nuove regole e ai tagli sui bonus, la settimana scorsa, scrive il SOLE, molti esponenti dell’amministrazione Obama hanno sferrato attacchi senza precedenti contro le banche, culminati con le parole del capo di Gabinetto Rahm Emanuel che ha detto «Le banche devono restituire qualcosa al paese che ha fatto tanto per loro, e accettare le nuove regole». Malumori palpabili, e «i banchieri preferiscono tenere le distanze in pubblico» dal presidente.


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