Politica
Post-voto, Degani: «Resto convinto che il Terzo settore debba stare dentro le Istituzioni»
L'avvocato, numero uno di Uneba Lombardia, analizza la sconfitta e quella di altri candidati "sociali". «Gli uomini e le donne del non profit», dice, «condividono la voglia di cambiare il mondo ma non hanno quella capacità di relazione per rispondere al problema del singolo»
Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia (autosospesosi durante la campagna elettorale), non ce l’ha fatta. Candidato nel collegio di Milano, con la Lista di Attilio Fontana, ha raccolto meno di 500 preferenze personali e l’unico seggio scattato in quel territorio è andato a Carmelo Ferraro, direttore generale dell’Ordine degli avvocati ma anche animatore culturale con MI'mpegno , che di voti personali ne ha raccolti 1.200 tondi.
Al telefono, Degani non si schermisce, e accetta di fare un ragionamento su ciò che non ha funzionato, visto che anche un altro candidato “sociale” come Fabrizio Pregliasco, a lungo presidente nazionale Anpas, è rimasto al palo nella lista “presidenziale” speculare, quella dell’aspirante governatore del centro-sinistra, Pier Francesco Majorino.
«Alla fine il dato peggiore non è la non grande “riuscita” dei candidati vicini al Terzo settore ma il fatto che ci sia stata una partecipazione bassissima», sottolinea Degani. «Ne è conseguito», prosegue, «che il voto sia stato molto influenzato dalla capacità di relazione dei candidati. E ci sta, perché la democrazia è anche questo». Ma è proprio qui che la capacità di presa del mondo sociale non c’è stata. Degani la vede così: «Gli uomini e le donne di Terzo settore condividono la voglia di cambiare il mondo ma sono meno capaci di relazioni dirette», sottolinea, «hanno cioè proposte valoriali e magari programmatiche nei loro ambiti ma non dispongono, viceversa, di quella capacità di risposta al problema del singolo, dell’individuo, in una relazione di carattere più personale, perché hanno, magari, una dimensione fortemente solidaristica. E questo vale tanto per il centrosinistra che per il centrodestra».
Un concetto che Degani esprime col suo consueto garbo ma che si potrebbe tradurre così: chi viene dal sociale manca di quell’approccio politico sul territorio, casa per casa, che certi esponenti dei partiti più attrezzati, possono scontare facilmente, soprattutto quando la competizione si fa nel breve.
L’avvocato numero uno in Uneba Lombardia non nasconde che questo sia un problema: «Peccato, anche per altri amici in entrambi gli schieramenti», aggiunge, «e speriamo che il Terzo settore possa aver una sua capacità di incidere nella politica però non credo che ciò debba accadere sempre e solo fuori dalle istituzioni. Non mi riguarderà, perché la mia avventura politica finisce qui ma l’idea che ci possano essere “quelli del Terzo settore” anche all’interno dei palazzi della politica, credo che resti un fattore importantissimo».
Ragionamenti che rilanciano il tema della rappresentanza di questa fetta di società – spesso dinamica e sempre ricca di energia e di valori – nella politica. Il non profit deve stare sempre dall’altra parte dei tavoli? Può solo delegare le proprie esigenze di cambiamento a questo o quello schieramento, di volta in volta, o può aspirare a portare le proprie istanze dentro le stanze dove le decisioni si prendono?
Potrebbe essere utile parlarne, senza aspettare la prossima tornata elettorale.
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