Welfare
Portinaia? A Monza diventa 2.0
Si chiama Semchì, che in dialetto lombardo significa “siamo qui”, il progetto che partirà il prossimo 14 febbraio a Monza. L'esperimento di economia collaborativa che dalla Francia di Lulù dans ma rue si è diffuso anche in Italia. Le prime a ricoprire il ruolo di "portinaie di quartiere" sono Eloisa, Chiara e Fiorenza...
di Anna Spena
Semchì, che in dialetto lombardo significa “siamo qui”: è questo il nome che Eloisa, Chiara e Fiorenza hanno dato alla portineria. Non una portineria classica. Ma la prima portineria di quartiere in Italia. «Da un lato una risposta concreta ai tanti, piccoli o grandi, problemi pratici del quotidiano; dall’altro una modalità relazionale inedita e antica allo stesso tempo, basata sulla fiducia, l’apertura, la vicinanza: un antidoto alla paura, l’alienazione, l’isolamento. La condivisione del servizio, estesa da un solo condominio ad un intero quartiere e facilitata dalle tecnologie digitali, viene letta come la chiave di volta per conciliare risparmio economico e utilità sociale», dice Paolo Campagnano dell’Impacat Hub Trentino, tra i partner dell’iniziativa che partirà ufficialmente il prossimo 14 febbraio, e si sviluppa all’interno del progetto Silva26.
Silva26 è uno spazio di coworking e incubazione di impresa, seguito da Impact Hub Trentino in collaborazione con Mestieri Lombardia, Consorzio Comunità Brianza e Brianza Solidale, all'interno del Centro Civico San Carlo di Monza. «Prima», spiega Campagnano, «abbiamo lanciato una call volutamente misteriosa, veicolando un semplice messaggio: Ti piacerebbe avviare e gestire una portineria di quartiere a Monza? La risposta è stata incredibile: in pochissimi giorni, grazie soprattutto a Facebook, la notizia dell’avviso si è diffusa rapidamente e il numero di candidature è stato decisamente superiore alle aspettative».
I servizi che verranno erogati saranno di diverso tipo: dalla consegna delle chiavi al ritiro di paco. E nel corso dei prossimi sei si modelleranno anche in base alle richieste del territorio. «Questo è un esperimento», continua Campagnano, «vogliamo capire se questa iniziativa può diventare una forma business; per adesso per le portinaie è previsto un rimborso spese. Ma se il progetto è attrattivo ed utile al territorio ce ne occuperemo come una vera startup. l nostro progetto vuole testare, a partire dalla validazione dell’idea e senza modelli prestabiliti, la sostenibilità economica del servizio. Vogliamo capire se e in che modo una portineria di quartiere può essere non solo sostenibile, ma anche replicabile in altri contesti».
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