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Porti chiusi alle Ong, per questo bastava Salvini
L’avvocato e professore universitario Fulvio Vassallo Paleologo smonta punto per punto il decreto interministeriale con cui di fatto si vieta ogni forma di ingresso all’unica nave delle Ong al momento presente nel Mediterraneo: “Convenzioni internazionali usate come orpello estetico”. E intanto a Lampedusa proseguono gli sbarchi autonomi
Una interpretazione del tutto arbitraria di “porto sicuro di sbarco” non coerente con le convenzioni internazionali e con le ultime pronunce della Cassazione. Il decreto interministeriale redatto in inevitabile fretta dal ministro delle Infrastrutture, ministro degli Esteri, ministro dell’Interno e ministro della Salute con cui si vieta l’ingresso delle navi delle Ong nelle acque territoriali italiane è di fatto un provvedimento ad hoc contro la nave Alan Kurdi, unica Ong al momento nel Mediterraneo che ha soccorso in questi giorni 150 migranti.
Un decreto in cui come spiega l’avvocato e professore universitario Fulvio Vassallo Paleologo le convenzioni internazionali menzionate dal Governo nel documento appaiono «come orpello estetico» perché contengono «disposizioni opposte a quello che prevede il suddetto decreto».
Ci sono quasi tutte. Dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Convenzione di Ginevra, Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare di Montego Bay “e in particolare, l’articolo 19” fino ai recenti decreti per contrastare “l’emergenza epidemiologica da Covid-19”.
Convenzioni che come spiega Paleologo vanno in direzione contraria a ciò che afferma il nuovo decreto anti Ong del Governo italiano: «Sono convenzioni che antepongono il diritto alla vita, il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti, il principio di non-refoulement e il diritto di chiedere asilo in frontiera. Quindi la citazione è del tutto fuori luogo e sembra solo un orpello estetico per giustificare un provvedimento che senza ombra di dubbio non trova certamente alcun fondamento nel diritto internazionale».
Tra le convenzioni citate dal decreto c’è in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare: «Viene citata soltanto una parte dell’articolo 19, quella che prevede che un paese può qualificare come offensivo il passaggio di una nave nelle proprie acque territoriali, peccato che non citi la seconda parte dell’articolo 19 che prevede invece che non possa considerarsi offensivo il passaggio di una nave che abbia fatto un soccorso in acque internazionali né vengono considerate le convenzioni SAR di Amburgo del 1979 che invece sono state richiamate di recente dalla Corte di Cassazione per ribadire l’obbligo degli Stati a completamento delle operazioni di soccorso, ovunque siano cominciate, non solo nella zona Sar Italiana, e comunque di concedere un porto di sbarco, fermo poi il diritto degli Stati di espellere gli immigrati irregolari e di valutare dal punto di vista della responsabilità penale le posizioni dell’equipaggio e del comandante delle navi ».
Il giurista italiano ricorda la recente pronuncia della Cassazione sul Caso Rackete: «La Corte di Cassazione nella sentenza del 20 febbraio 2020 dà infatti una definizione di porto sicuro totalmente diversa da quella di convenienza data adesso dal Governo italiano, basta confrontarla con questo decreto interministeriale per cogliere uno scarto che non è giustificabile in virtù dello stato di emergenza adottato dal Governo il 31 gennaio di quest’anno».
È bene ricordare che la definizione di “POS”, place of safety, luogo sicuro di sbarco, è fissato dalle convenzioni internazionali quindi «un’autorità amministrativa se pure di concerto con altri ministri non possono adottare un concetto di POS diverso da quello contenuto dalle convenzioni internazionali e recepito dalla Cassazione appena due mesi fa». Questo «perché il place of safety è un luogo sicuro che oltre a garantire la sicurezza fisica della persona, compresa quella sanitaria, deve garantire l’accesso ai diritti e la possibilità di esercitare tutti i diritti fondamentali, dal diritto della possibilità di chiedere asilo, al diritto di fare ricorso in caso di un provvedimento di espulsione».
Ovviamente considerata l’emergenza sanitaria si potrebbero applicare tutti i protocolli necessari del caso, aggiunge Vassallo, ma di certo non si possono respingere le persone in mare verso un destino incerto.
Leggendo il decreto punto per punto si evince quindi un inasprimento dei decreti Salvini: «un decreto di compromesso condizionato dalla forte pressione che la Lega e Fratelli d’Italia sta esercitando in questo momento sul Governo in questa materia. Una pressione già manifestata in tutti i provvedimenti sul Coronavirus e che ovviamente in materia di immigrazione è ancora maggiore ed è probabilmente maggiore il vantaggio politico che qualcuno pensa di perseguire esasperando una questione ormai superata come quella del soccorso delle Ong, considerando che nelle acque del Mediterraneo centrale è rimasta solo una piccola nave, la Alan Kurdi della Ong Sea Eye, mentre tutte le altre Ong sono state costrette al ritiro. Quindi è inimmaginabile che le navi della società civile possano essere un fattore di attrazione perché le partenze dalla Libia continueranno ad esserci come dimostrano gli ultimi sbarchi autonomi avvenutI in nottata a Lampedusa per un totale di 140 persone. Centinaia di disperati che partono e continueranno a partire con o senza Ong» conclude Vassallo che insieme ad altri giuristi italiani valuta una volta adottato un provvedimento di divieto d’ingresso da parte del Prefetto di Agrigento, appena nominato, un ricorso in sede giurisdizionale.
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