Cultura
Popolo verde, dalla protesta alla proposta
Dopo le polemiche su Tebio, chi si oppone agli Ogm chiede risposte al governo
Dieci giorni prima di Tebio, la mirabolante fiera delle tecnologie genetiche, noi di Crocevia con Greenpeace pensavamo già al dopo. Cioè a oggi, quando ci saremmo chiesti ?che fare? una volta che i cancelli si fossero chiusi sulla manifestazione e le multinazionali fossero tornate nei loro quartier generali. Per questo dieci giorni prima dell?appuntamento genovese avevamo inviato un documento in 5 punti al presidente del Comitato sulle biotecnologie della Presidenza del Consiglio, il professor Leonardo Santi (tra l?altro organizzatore di Tebio), perché lo trasmettesse al presidente Amato. Erano le nostre richieste al governo, alcune indicazioni su ciò che si può fare – che il governo italiano realisticamente può fare – per realizzare politiche più rispettose dell?ambiente e della salute di tutti noi. Prima di Tebio, ma soprattutto dopo Tebio, comunque, le nostre richieste sono sempre le stesse: precise, concrete, circostanziate. A dimostrazione del fatto che gli ambientalisti non sanno solo travestirsi da tartarughe e dipingersi la faccia, ma sono in grado di dire la loro davanti ai rappresentanti delle istituzioni e delle industrie, magari seduti allo stesso tavolo. Senza illuderci di accontentare tutti: ciascuno dovrà rinunciare a qualcosa in favore del punto di vista dell?altro. Ma una soluzione è possibile.
Da parte nostra cominciamo a chiedere al nostro governo di confrontarsi con noi su questi punti fermi:
1) Un chiaro no ai brevetti sugli organismi viventi con il non recepimento della direttiva europea 44/98. Sarebbe un gesto di coerenza da parte del nostro Paese, che già dal 1998 si era opposto ai brevetti sulla vita. Un rifiuto da parte italiana, oltretutto, aprirebbe un giudizio in seno alla Corte europea in cui si potrebbero affrontare in modo chiaro le ragioni degli uni e degli altri, e da cui trarre indicazioni per decidere democraticamente cosa fare in futuro.
2) Un decreto legge che accolga il dissenso degli italiani verso gli Ogm e la privatizzazione delle risorse genetiche, e dia alcune garanzie di base. Tra queste, il divieto di coltivare e allevare piante e animali geneticamente modificati in aree di interesse ambientale e dove sono presenti produzioni biologiche e di qualità; nelle aree di proprietà statali, regionali e comunali e nei demani di proprietà collettiva (il cui responsabile diretto è lo Stato); inoltre chiediamo che venga riconosciuto per legge il diritto degli agricoltori – che in Italia conducono direttamente ben 2.380.000 aziende, il 96,5% del totale, impiegando per l?81,7% sola manodopera familiare – di far dichiarare i loro terreni esenti da Ogm.
Lo stesso decreto dovrebbe prevedere anche che siano escluse dalla protezione dei marchi di qualità e dai finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dai finanziamenti comunitari le aziende che utilizzano piante o animali geneticamente modificati o mangimi contenenti prodotti Ogm. Lo Stato cioè non tuteli e protegga prodotti della cui innocuità non può essere certo. Al fine di proteggere le categorie più esposte dal punto di vista della salute, chiediamo il divieto all?uso di Ogm nella preparazione dei pasti delle mense scolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura, e nelle mense degli uffici pubblici. Per tutelare comunque tutti i cittadini da un eventuale uso non consapevole di Ogm nell?alimentazione, chiediamo che sia applicata la direttiva comunitaria sull?etichettatura dei prodotti.
È necessario poi che la vendita dei prodotto esenti da Ogm sia incentivata con campagne di pubblicizzazione sostenute dall?intervento pubblico. E per quanto riguarda la ricerca, chiediamo un titolo preferenziale per i progetti finalizzati alla diversificazione dei sistemi agrari e alle tecniche che realizzano varietà con un più alto grado di diversità. Per le sperimentazioni già autorizzate dal Ministero della Sanità (e solo per quelle in corso) vogliamo che i cittadini dei Comuni in cui esse avvengono e gli agricoltori le cui aziende confinano con quelle sperimentali siano informati e possano avere accesso a tutta la documentazione sulle notifiche (tranne le parti esplicitamente segretate).
3) Una legislazione diversa sulla protezione delle invenzioni biologiche, basata non più sui brevetti esclusivi, come vorrebbe la direttiva europea di cui al punto 1, ma su diritti collettivi relativi alle risorse genetiche. Nel nostro Paese c?è un?ampia giurisprudenza in materia di demani civici e diritti relativi, oltre a quanto già presente nella nostra Costituzione relativamente ai limiti da porre alla proprietà privata, in particolare della terra, a cui le risorse genetiche possono essere facilmente assimilate. Attingiamo da qui per avere una legislazione più equa e rispettosa.
4) Nuovi finanziamenti per ricerche alternative alle tecnologie genetiche, specie in campo agricolo, per creare quella base scientifica capace di precedere con autonomia e competenza alla valutazione d?impatto degli Ogm. Si fa molta ricerca a favore degli Ogm, pochissima in alternativa ad essi.
5) Il blocco totale di ogni autorizzazione alla sperimentazione di Ogm in campo aperto. Più di 150 campi già coltivati con ortaggi geneticamente modificati in Italia sono già troppi.
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