Mondo
Ponti aerei e accoglienza per l’Afghanistan: serve subito una Cabina di Regia
L'intervento della portavoce dell'Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi): " Stiamo raccogliendo centinaia di richieste di asilo politico in Italia da parte di persone (e loro nuclei familiari) che hanno lavorato nei programmi di Ong italiane come staff locale o partner, anche in progetti di tutela dei diritti e sono quindi esposte al rischio oggettivo e imminente di ritorsioni da parte del governo dei Talebani. Ad oggi dal Governo non abbiamo ricevuto alcuna rassicurazione ufficiale, siamo estremamente preoccupati"
L’appello “Afghanistan:ponti aerei senza esclusioni”, rivolto a Draghi dal mondo della solidarietà internazionale, del giornalismo e della cultura, da parlamentari, attiviste e attivisti per i diritti ed esponenti di amministrazioni locali, in questi giorni sta raccogliendo migliaia di adesioni sulla piattaforma messa a disposizione da “change.org”.
Primo firmatario è Luigi Manconi, che ne ha ripreso ieri contenuti e proposte nel suo articolo in prima pagina su La Stampa. Ringrazio Vita, in particolare il suo Direttore Stefano Arduini, tra le prime 20 importanti firme dell’appello, per aver dato spazio a questo mio stimolo ulteriore verso le istituzioni italiane. In questi giorni Aoi, di cui sono portavoce, attraverso alcune sue organizzazioni attive per la società civile dell’Afghanistan sta raccogliendo centinaia di richieste di asilo politico in Italia da parte di persone (e loro nuclei familiari) che hanno lavorato nei programmi di ong italiane come staff locale o partner, anche in progetti di tutela dei diritti e sono quindi esposte al rischio oggettivo e imminente di ritorsioni da parte del governo dei Talebani. In particolare, tra queste, ci sono molte donne attiviste per i diritti civili ed esponenti del giornalismo e della cultura indipendente. Abbiamo deciso di raccogliere queste richieste per senso di responsabilità e coerenza con il nostro agire e stiamo facendo pressione sulle istituzioni, la politica e i media. Facendo tesoro di quanto già sperimentato con successo in passato per altre crisi, abbiamo sollecitato al Governo l’attivazione di un luogo di coordinamento e dato la volontaria disponibilità ad una fattiva collaborazione dall’Italia e in loco per garantire la sicurezza rispetto a queste evacuazioni di civili a rischio. Abbiamo ricevuto rassicurazioni informali e accoglienza delle liste da parte di alcuni esponenti di Difesa e MAECI, grazie anche all’azione di parlamentari: all’oggi, però, non vi è nulla di ufficiale, non possiamo dare risposte certe a chi chiede aiuto. Siamo ‘tra l’incudine e il martello’ e questo non ci rasserena, aumenta la responsabilizzazione e il senso di impotenza. Apprezziamo le aperture per i corridoi umanitari e l’accoglienza del Presidente del Consiglio, ma al contempo ci preoccupano le dichiarazioni di queste ore rilasciate da Matteo Salvini, che all’opposto esprimono un atteggiamento “di chiusura”. Abbiamo registrato una spinta sull’accelleratore per l’evacuazione volontaria senza esclusioni dei civili e per l’accoglienza da parte del Segretario del Pd Enrico Letta, altro importante esponente di un partito di Governo. Appelli autorevoli per attivare corridoi umanitari sono venuti nel nostro Paese dai soggetti protagonisti della promozione del dialogo interreligioso, sulla scia delle parole di Papa Francesco rispetto alla situazione umanitaria in Afghanistan. Si sono espresse sui media a favore dell’asilo politico e per la tutela della società civile afgana varie associazioni di donne che sostengono programmi di empowerment sociale, politico e ed economico e azioni di advocacy per i diritti di genere. Asgi, Arci, Amnesty ed altre organizzazioni hanno fatto uscire o stanno preparando autorevoli prese di posizione. Come Aoi, Cini e Link2007 abbiamo chiesto al Ministro Luigi Di Maio un incontro urgente dove affrontare questi temi.
Devono adesso seguire atti politici ed emergere impegni chiari. L’Italia deve essere da subito la protagonista di un’azione autorevole in Europa dando l’esempio con scelte decise, in un quadro strategico coerente. Occorre a mio parere agire sulla base di queste priorità operative: stop ai rimpatri forzati in Afghanistan e riconoscimento de facto,sbloccando le pratiche sospese, dello status di rifugiate per le persone che hanno chiesto di uscire legalmente dal Paese anche al fine di ricongiungimenti familiari o sono in fuga volontaria anche “via terra”, queste ultime in maggioranza da tempo bloccate nei Balcani; evacuazione volontaria senza esclusioni delle categorie di cittadine e cittadini e nuclei familiari a rischio, arrivando all’attivazione di un efficiente sistema di corridoi umanitari e accoglienza, senza indugi; garanzie certe (attraverso la presenza essenziale di presidi diplomatici a Kabul e nel Paese) per la tutela del lavoro in sicurezza delle ong e associazioni da tempo operanti in programmi sanitari, sociali e di formazione e sviluppo in Afghanistan. Oltre a quelli previsti per la cessazione della missione italiana, nel budget del nostro Stato ci sono altri 21 milioni di euro stanziati per il 2021 ad hoc per azioni rivolte alla società civile afgana, attraverso la recente approvazione delle misure di sostegno alle aree di presenza dei militari all’estero: non mancano i fondi per partire con autorevolezza, si impegnino celermente in questa operazione umanitaria in una logica di coerenza politica.
Per farlo nel migliore dei modi serve l’attivazione immediata di una Cabina di Regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che faccia lavorare in filiera e allineati i ministeri della Difesa, degli Interni e degli Affari Esteri e Cooperazione internazionale e renda operativo nell’immediato un Tavolo di coordinamento con la presenza delle Direzioni Generali e strutture dei ministeri citati, degli Enti Locali e delle organizzazioni sociali coinvolte nell’accoglienza, delle rappresentanze delle ong dell’aiuto umanitario e della cooperazione allo sviluppo e delle forze militari. Non sto parlando di una proposta nuova, eccezionale, perché così si è operato decenni fa (bene, con minori strumenti legislativi e operativi e per un lungo periodo), sia per la crisi in ex-Jugoslavia che per l’Albania, sempre con Tavoli di coordinamento. Questa prassi ha visto promotrice in alcuni periodi di emergenza e crisi (soprattutto per il Medio Oriente), nei suoi vari incarichi alla Farnesina, l’Ambasciatrice Elisabetta Belloni, dal maggio scorso preziosissima risorsa a capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza italiano (DIS).Una Cabina di Regia strutturata e formalizzata vedrebbe il contributo competente e autorevole anche dell’ Ambasciatore Ettore Francesco Sequi, nominato da Draghi Direttore Generale della Farnesina, che è stato consigliere diplomatico a Kabul dal 2004 e ha poi prestato servizio come Rappresentante Speciale per l’UE in Pakistan e Afghanistan dal 2008 al 2010. Ripeto, le competenze per attivare un’autorevole Cabina di Regia e un Tavolo di coordinamento efficace ci sono, serve la volontà politica per farlo. Sarebbe un segnale forte all’Europa, lo sottolineo nuovamente. Mi pare non ci siano condizioni ostative, se ho ben compreso in questi giorni i contenuti della dichiarazione di Draghi e le proposte italiane espresse dal Ministro Luigi Di Maio al Consiglio dei Ministri degli Esteri europei nella seduta del 17 agosto. Sosteniamo l’appello “Afghanistan:ponti aerei senza esclusioni” su “change.org” , firmandolo come cittadine e cittadini. Facciamo pressione anche sui media perché il Governo presieduto da Draghi concretizzi in azioni immediate di aiuto umanitario e accoglienza le sue intenzioni.
Photo by Sohaib Ghyasi on Unsplash
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