Non profit

Pomigliano, vince il sì con tanti no

Resta incerta dopo il referendum la sorte dello stabilimento Fiat

di Franco Bomprezzi

Non è stato davvero un plebiscito, altissima la percentuale dei votanti, ma i sì alla proposta di Fiat si fermano poco al di sopra del 60 per cento. E dunque non è ancora chiaro che cosa succederà a Pomigliano. Le inquietudini di una giornata particolare nelle cronache dei quotidiani.

“A Pomigliano la vittoria dei sì”, apre così il CORRIERE DELLA SERA di oggi annunciando «una netta vittoria del sì nel referendum sull’accordo per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco. il quotidiano, che ha chiuso a scrutini ancora in corso, parla di un no fermo al 22%, anche se stamattina si è  saputo che il voto contrario all’accordo sarebbe al 38%. “Il primo passo” è il titolo dell’editoriale firmato dal vicedirettore Dario Di Vico. Il giornalista difende l’uso del referendum e sottolinea la vittoria del sì: «Nel merito i lavoratori di Pomigliano hanno detto che non si possono buttare 5mila posti di lavoro e 700 milioni di investimenti in un Sud che, dopo aver visto fallire l’industrializzazione di stato  e aver constatato la debolezza delle iniziative nate in loco (il caso della Natuzzi purtroppo docet) rischia di avere un’unica grande company: la criminalità organizzata. Ora però l’intesa va gestita con la giusta ambizione. Riqualificare lo stabilimento, renderlo competitivo, costruire relazioni industriali moderne in Campania, è sicuramente un’impresa che fa tremare i polsi, ma può rappresentare per la società meridionale addirittura una bandiera…Se si sceglierà questa strada il sindacato e i diritti non moriranno, avranno una seconda chance». Il retroscena è invece siglato da Enrico Marro e fin dal titolo parla di una nuova sconfitta della Fiom e rivela un vertice segreto fra Sacconi e Bonanni per rilanciare la Fiat. In sintesi, tolta la Fiom, si starebbe «andando verso un modello di relazioni industriali più collaborativo dove le imprese e i sindacati trovano le soluzioni di volta in volta più opportune». Il CORRIERE offre al lettore a anche un viaggio nelle fabbriche del nord dove l’assenteismo è vietato mettendo in vetrina in particolare il caso della Lpr, azienda di componenti per auto di Piacenza, dove l’ultimo giorno di sciopero risale a 15 anni fa e ad oggi in piena crisi non è stato fatto un solo giorno di cassa integrazione e «qui il sindacato entra quando vuole; abbiamo pure buoni rapporti», dice il titolare Luciano Arici.

“Pomigliano verso il sì all’accordo”: è l’apertura de LA REPUBBLICA che nel sommario precisa: “Altissima affluenza alle urne ma voto contrastato sull’intesa con la Fiat”. Due pagine all’interno e un commento di Luciano Gallino. Oltre alla cronaca della giornata (che si è conclusa con un voto positivo ma non con il plebiscito auspicato da Marchionne: i no hanno superato il 35%) e il reportage di Roberto Mania, inviato nella zona per capire quanto sia profonda la crisi e quanto poco fosse effettiva la loro scelta (gli operai in cassa integrazione ormai senza mezzi per pagare il mutuo, ovviamente diventano prede degli usurai), due pezzi particolarmente interessanti. Anzitutto l’intervista a Pierre Carniti, ex segretario della Cisl: “Manca un vero consenso, così finisce il contratto nazionale”. La tesi è che in pratica la Fiat non ha fatto una trattativa, ha dettato delle condizioni. «Più che di accettazione si può parlare di capitolazione, resa. Ma questo non garantisce l’azione nel mediolungo periodo, funzionano le cose che si basano su un consenso reale». Dunque Marchionne avrebbe dovuto mediare per garantirsi un consenso maggiore. Ma il punto vero resta il fatto che, secondo Carniti, «questa vicenda segna l’inizio della fine per il contratto nazionale». E questo avviene senza che siano discusse ipotesi alternative e con un «grande assente, il sindacato». Su un punto Marchionne sembra dar ragione a Carniti: la solitudine del vincitore. È questa la tesi del retroscena di Salvatore Tropea: “Marchionne nel fortino del Lingotto non trova la sponda del governo”. In Fiat stanno studiando i risultati per capire se ci siano le condizioni per rilanciare (un 20% che non sottoscrive l’accordo può sempre significare l’ingovernabilità degli impianti). Ma questa analisi non trova il conforto del governo: da quando Berlusconi ha l’interim dello Sviluppo economico è calato il gelo. Quanto al commento, il sociologo Gallino è molto critico. La Fiat importa condizioni di lavoro peggiorative per gli operai (sotto tutti i profili) con il benestare del governo. Si tratta di capire quanto convenga la generalizzazione di queste nuove relazioni sindacali I rischi maggiori sono due: stagnazione della domanda interna (perché i consumi si fermerebbero) e aumento della tensione sociale.

«Pomigliano, vince la follia di Marchionne» è il titolo di taglio centrale de IL GIORNALE. Nel catenaccio: «E’ una rivoluzione per le relazioni sindacali in Italia». Nell’analisi del vicedirettore Nicola Porro Sergio Marchionne viene definito «un pazzo», perchè «con i suoi virtuosi comportamenti e con la sua attitudine maverick, originale, ha regalato all’Italia un gigantesco passo avanti nella gestione dei rapporti di fabbrica». Il risultato del referendum è «una larga maggioranza per il sì» e «Marchionne ha vinto il referendum con l’applauso degli stessi operai che ne hanno decretato lo stato di coma». Porro mette in guardia dalle possibili derive: «Il Manifesto inneggia alla violenza e minaccia chi non si schiera con i duri della Fiom». Negli articoli dagli inviati in Campania viene descritta «La notte del referendum». Anche qui ci sono segnali di «allarme», come «La stella delle Brigate rosse sulla vetrina di una concessionaria: “Infami”». Il titolo di pagina 9 è «Alla Fiat il primo round. Ma non è finita» e nell’articolo di spalla si va tra «Gli operai in fila: “Ma ho paura a dire per cosa ho votato”».

«Voto a perdere» è questo il titolo scelto da IL MANIFESTO sulla foto degli operai della Fiat di Pomigliano ai cancelli elettronici della fabbrica ieri. «Un giorno di tensione, aspettando la scontata vittoria del “sì” nel voto imposto sull’accordo separato che cancella i diritti costituzionali. “Noi abbiamo votato sì, voi tenete duro”, così gli operai si rivolgono alla Fiom-Cgil. Al voto il 95% dei dipendenti, nella notte i risultati (troppo tardi per il manifesto). Protesta solidale alla Piaggio» si legge nel sommario in prima pagina che avvisa come il quotidiano non sia in grado di dare i risultati del referendum. Due le pagine interne dedicate al tema, con un articolo «Rabbia e rassegnazione ai cancelli» di Loris Campetti che inizia in prima pagina e per concludersi a pagina 6 divenendo il titolo di apertura delle due pagine su Pomigliano. «(…) Sergio Marchionne ha creduto di poter comprare il consenso con il terrore, costruito con una serie, infinita, di minacce. Piano A, piano B, piano C, è certo che alla fine il grande manager italo-svizzero-canadese ha estorto soltanto dei sì puntando una pistola alla tempia dei lavoratori, dividendo i sindacati, uomini e donne, mettendo i precari licenziati contro la Fiom con la promessa che domani chissà. La paura è un’arma antica della Fiat che Marchionne, dopo qualche anno vissuto pericolosamente da liberal, si è limitato a ereditare da un secolo di storia industriale fondata sulle regole della caserma. (…)».
  
«Per fortuna c’è. Magari non c’è stato il plebiscito che ci si poteva augurare, e che Fiat certamente auspicava, ma la vittoria dei sì nelle urne di Pomigliano d’Arco è comunque una prova di maturità di migliaia di operai che sanno leggere la realtà della produzione senza confini meglio di tanti commentatori». Comincia così l’editoriale di Fabrizio Forquet dal titolo “Se l’Italia sconfigge la demagogia” in prima pagina su IL SOLE 24 ORE di oggi. D’altra parte, Pomigliano è tema caldo per il quotidiano di Confindustria tanto da coprire pagina 2 e 3. A questo punto, numeri alla mano, la partita rimane comunque aperta. «Resta da capire – scrive Giorgio Pogliotti a pagina 2 – se l’affermazione del sì – sia pure con un consenso non unanime al piano, visto il peso dei voti contrari che in tarda serata quando erano stati scrutinati la metà dei seggi toccavano quota 35% – sarà giudicata sufficiente dalla Fiat per la conferma dell’investimento su Pomigliano». Di spalla un’intervista a Enrico Letta che precisa come l’accordo raggiunto fa storia a sé: «Noi insistiamo e insisteremo sull’eccezionalità della situazione. Tentare di creare un precedente e dare all’accordo carattere generale rischia di compromettere l’accordo stesso». Mariamo Maugeri, invece, racconta di un clima teso. Lui, che da Pomigliano fa la cronaca di una giornata particolare, nella quale 4642 dipendenti su 4881 hanno votato. Una giornata in cui non sono mancati i picchetti, le ultime indicazioni di voto, la paura dell’una come dell’altra parte di non fare la cosa giusta. Testimoniata dalla doppia intervista a due operai, a pagina 3: a Mario, che ha votato sì per «non dare il destro a Marchionne per chiudere Pomigliano» o a Natalia «In quindici anni di lavoro ho fatto una settimana di malattia. Assenteista io?» che ha votato no.

ITALIA OGGI dedica un articolo a cura di Giampiero Di Santo a pagina 3. “Pomigliano, il giorno del verdetto” il titolo, «Adesione altissima al referendum sull’accordo. Sì in vantaggio».
Il dato più importante è infatti sull’adesione, «è stata altissima, probabilmente tra il 94 % e il 95%. E adesso si attende la conta dei voti dei circa cinquemila dipendenti dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco che hanno partecipato al referendum sull’accordo tra azienda e sindacati, Fim, Uilm, Ugl, Fismic, ma non Fiom». Un accordo fondamentale per il futuro dell’impianto. Dipenderà infatti dalla percentuale di sì all’intesa proposta da Sergio Marchionne, la decisione se investire o meno i 700 milioni di euro che l’azienda intende spendere per portare dalla Polonia a Pomigliano le linee produttive della Panda. «Ecco perché ieri è stata una giornata cruciale per i lavoratori. Tanto che fin dall’apertura dei seggi in fabbrica, alle 8 del mattino, si sono moltiplicati gli appelli per una compatta adesione dei dipendenti all’intesa». Giulio Sgambati, segretario della Uilm Campania ha spiegato che «si va verso una adesione finale del 94-95%. Un risultato altissimo, al di sopra di ogni aspettativa, auspichiamo che ci sia anche un largo consenso». Per saperne di più bisognerà attendere questa mattina. Di Santo sottolinea anche che nonostante «si tratta di uno scrutinio semplice, perché le tute blu e i colletti bianchi sono stati chiamati a porre una croce sul no o sul sì in risposta alla domanda: “Sei favorevole all’ipotesi d’accordo del 15 giugno 2010 sul progetto Futura Panda a Pomigliano?“ Le operazioni di voto sono state accompagnate da momenti di tensione, anche a causa della grande attesa sull’esito del voto. Secondo sondaggi volanti e da prendere con le molle, il sì avrebbe superato il 60%, una percentuale non soddisfacente secondo le indicazioni di Marchionne. L’azienda, per investire, richiede percentuali di adesione molto alte e non a caso la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha confidato nel “senso di responsabilità dei lavoratori, che capiranno come dire no in un’area delicata a un investimento di 700 milioni e al ritorno della produzione dalla Polonia sarebbe problematico”». 

AVVENIRE chiude con i verbi al condizionale e una percentuale di sì «oltre il 70%», che si rivela ottimistica a fine scrutinio. “Pomigliano ha detto sì” è comunque il titolo, fatto sul dato a un’ora dalla chiusura dello spoglio, quando «i sì oscillavano tra il 67 e il 72%, cioè una forte maggioranza». Ora «si va ai supplementari, palla alla Fiat». I sindacati avevano indicato «i due terzi» come «ottimo segnale». Ora «i supplementari sono tutti da giocare e non saranno chiusi nemmeno da una decisione della Fiat». Per AVVENIRE, che presenta i piani A, B e C della Fiat – ovvero investire in Italia (non solo a Pomigliano), andare all’estero e (solo per Pomigliano) chiudere e riaprire con una nuova società – c’è «nel concreto un solo piano percorribile. È Fabbrica Italia. Perché aldilà delle polemiche Pomigliano ha bisogno della Fiat, ma anche la Fiat ha bisogno di Pomigliano e dell’Italia se non vuole che Fabbrica Italia sia solo uno spot». Di spalla i pareri di molti giuristi del lavoro, quasi all’unanimità favorevoli all’accordo. L’editoriale di Francesco Riccardi titola “Ma la porta deve stare aperta”: quella della Fiat, che «non deve sbarrare l’accesso al confronto, ma al contrario impegnarsi ancora a ricercare il consenso più vasto possibile, offrendo alla Fiom la possibilità di rientrare in gioco, qualunque sia stata l’entità della sua sconfitta o, a maggior ragione, in caso di una qualche affermazione» e quella della Fiom, «perché, nonostante consideri illegittimo il referendum, non potrà non tener conto dell’espressione degli operai. E se anche la percentuale dei “no” fosse significativa, la sua vittoria nelle urne sarebbe la sconfitta dell’occupazione». Chiude così: «tutto si può concordare. Basta non chiudere la porta». 

“Pomigliano, vince il sì. Ora si decide il futuro” titola in prima pagina LA STAMPA. «Il nodo resta la praticabilità dell’accordo firmato il 15 giugno con Fim, Uilm, Fismic e Ugl» scrive a pagina 2 l’inviato del quotidiano di Torino nello stabilimento Fiat. Marchionne «non vuole che Pomigliano si trasformi nel suo Vietnam, con una minoranza sindacalizzata nei panni dei Vietcong e i leader della Fiom in quelli di tanti piccoli generali Giap». Nel testo dell’accordo c’è infatti un riferimento esplicito all’esigenza posa da Fiat quando si dice che «al fine della realizzazione del Piano si devono concretizzare le condizioni che rendono operativo e praticabile, mediante l’adesione effettiva dei soggetti interessati, quanto convenuto». LA STAMPA affianca due interviste: al portavoce della Fismic, Roberto Di Maulo e al segretario di Fiom Maurizio Landini. Il titolo della prima è “Di Maulo: è in gioco il futuro di tante famiglie”, della seconda “Landini: un referendum senza libertà di scelta”. I due segretari ribadiscono le posizioni. La Fiom conferma la decisione di non sottoscrivere l’intesa separata. Guardando la percentuale di “no”, Di Maulo dice a LA STAMPA che «hanno vinto i fancazzisti» e «quelli che hanno sposato un’ideologia» e che la Fismic farà «ogni sforzo perché l’investimento si possa fare».

E inoltre sui giornali di oggi:

FALSI INVALIDI
ITALIA OGGI – Il titolo d’apertura “Falsi invalidi nel mirino”. Gigi Leonardi spiega che il «programma fissato dalla manovra economica che l’Inps deve seguire». «Centomila verifiche per il 2010 e 200 mila per ciascuno degli anni 2011e 2012, in aggiunta a quelle ordinariamente previste», continua Leonardo, «Ad annunciare l’avvio del piano di controlli è stato lo stesso ente di previdenza con una circolare. Nella nota si legge tra l’altro che il rifiuto di sottoporsi a visita o l’assenza alla stessa, senza giustificato motivo, comporterà la sospensione dell’assegno di invalidità, con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data della visita».

L’AQUILA
IL MANIFESTO – Pagina 5 del MANIFESTO è dedicata al terremoto dello scorso anno. «La ghost town dell’Aquila» titola l’articolo principale. «Non ci sono soldi per la ricostruzione, i negozi restano chiusi e il governo chiede ai cittadini tasse e arretrati. La protesta del sindaco Cialente, che invita i direttori dei media a visitare la “Pompei del XXI secolo”, il centro storico chiuso ai cittadini: “Ci vorrebbe una tassa di scopo per finanziare la rinascita”. Ma Tremonti fa fina di niente» si legge nel sommario. Nell’articolo di Angelo Mastrandrea si legge: «(…) chiudere per sempre la città e approfittarne per provare a rilanciare l’edilizia, l’Aquila 2 come la Milano 2 degli esordi berlusconiani. Un’applicazione all’italiana di quella che Naomi Klein ha definito shock economy, l’applicazione delle teorie liberiste più radicali ed eventi naturali catastrofici: la speculazione edilizia, una buona dose di corruzione, l’opacità nell’affidamento degli appalti mascherata dal meccanismo dell’”emergenza”, il tutto condito da una buona dose di autoritarismo e compressione dei diritti civili (la militarizzazione del territorio, persino il divieto di svolgere assemblea) ».

USURA
AVVENIRE – L’Osservatorio della Consulta antiusura Giovanni Paolo II (che riunisce 109 centri d’ascolto, diverse fondazioni e sei coordinamenti regionali) rilanciano l’allarme indebitamento e usura per le famiglie italiane. Le diocesi hanno fatto argine: 9mila le richieste d’aiuto arrivate nel 2009, 1238 prestiti erogati. 

GOOGLE
CORRIERE DELLA SERA – A pag. 29 Massimo Gaggi intervista il vicepresidente di Google, Carlo D’Asaro Biondo che nel titolo dice: “«Google il nuovo monopolista rapace? No, crescendo impariamo a cooperare»”. questi i passaggi più significativi del dialogo: «Noi ci comportiamo in modo diverso da Facebook, ci poniamo regole e limiti più severi. Ma la riservatezza per mio padre ha un significato, per me anche, mentre per mia figlia che ha vent’anni ne ha un altro tutto diverso». E ancora: «le nuove tecnologie consentono di rivoluzionare molti modelli di business. E quando c’è una rivoluzione, come sempre, chi soffre di più è l’aristocrazia che ha posizioni consolidate nel tempo». Infine i media: «Il futuro della stampa ci interessa eccome. Stiamo facendo molto per aiutare i giornali a migliorare la raccolta pubblicitaria. Ora siamo pronti a fornire anche servizi in questo campo, piattaforme a pagamento».  

SAVIANO
LA REPUBBLICA – Benedetta Tobagi scrive un lungo e interessante commento a una fotografia che apparirà sul prossimo numero di Max. Ritrae lo scrittore come un cadavere, e l’impostazione è analoga a quella del Cristo morto di Mantegna. Una provocazione che diventa un termometro per misurare la febbre dei tempi, scrive la Tobagi. «L’immagine del giovane scrittore morto toglierà spazio a ciò che Saviano dice, scrive, ripete, a quelle parole pericolose a cui ha già sacrificato moltissimo. Sarebbe il caso di non renderglielo ancora più difficile».

MATURITA’
IL MANIFESTO – Alessandro Robecchi in prima pagina scrive un divertente commento alle tracce della prima prova della maturità dal titolo «Siamo soli nell’universo?». L’esordio di Robecchi è: «Tema: siamo soli nell’universo? Svolgimento. Magari! E invece, porca miseria, c’è pure la Gelmini che ci dà ‘sti temi del menga. Cosa avranno pensato mezzo milione di giovani seduti ai banchi della maturità una volta lette le tracce? Come minimo che qualcuno ha sciolto dell’acido nei rubinetti del ministero». Sulla traccia di Primo Levi scrive: «Interessante, per carità: se hai già fatto la tesi di laurea su Primo Levi potresti persino affrontare il tema di maturità con un certo successo (…)». Dopo aver distrutto una a una tutte le tracce chiude osservando che «qui c’è la Gelmini, povera stella, una che teorizza la scuola selettiva e poi per passare un esame di stato ha dovuto emigrare da Brescia alla Calabria. Bei temi comunque. Con il duce, le foibe e – per gradire – i marziani. Magari arrivassero loro a liberarci da questi dilettanti, che se aspettiamo i partigiani – stavolta – altro che vent’anni!»

DROGA
AVVENIRE – Commentando i dati presentati ieri sul calo del 25% dei consumi di droghe, calo avvenuto soprattutto tra i consumatori occasionali e stimabile in un milione di consumatori in meno, spiegati da Giovanardi come «merito delle nostre politiche», AVVENIRE intervista Neo Barberis, responsabile della Comunità Giovanni XXIII. «Attenzione», dice: «se prendiamo in considerazione anche le nuove forme di dipendenza ci accorgiamo che il problema nel suo insieme non sta affatto diminuendo». 

IL GIORNALE – Nel taglio basso di prima pagina si dà spazio all’opinione di don Chino Pezzoli: «Droga, adesso il rischio è abbassare la guardia». Si parte dai dati diffusi ieri dal Governo che danno i consumi in calo: «le buone notizie sono per tutti motivo di gioia». Ma Pezzoli si chiede: «Come e chi è riuscito a stabilirlo con tanta esattezza? Sono dati raccolti da qualche indagine scientifica o dalle Prefetture? O numeri messi a disposizione dai Sert, dalle comunità?». Una risposta servirebbe a «non illudere le famiglie». Inoltre «Si sottovaluta un fenomeno che invece è dilagante. E internet ha reso più facile lo spazio».

EXPO
LA STAMPA – “Litigi e ritardi. L’Expo milanese rischia il flop”. Domani l’amministratore delegato della società Expo 2015, Lucio Stanca, darà le dimissioni. LA STAMPA ricostruisce le tappe della vicenda legata all’esposizione milanese, fino allo stallo di oggi («tutto appare fermo, al palo») a causa della «guerra fra i vari potentati locali». Il finanziamento statale all’Expo è sceso da 4 a 1,4 miliardi di dollari quindi nella migliore delle ipostesi si parla di un’Expo in “versione ridotta”. Nei palazzi romani circola anche la voce inquietante che alla fine tutto potrebbe saltare, e Milano dovrà rinunciare. «Sarebbe troppo e non succederà» chiosa l’articolista. «Ma quel che è già successo è comunque un brutto colpo per Milano».

CULTURA
AVVENIRE-Attacco a Jean Luc Nancy, filosofo francese «che in passato pareva sensibile al Vangelo» e che ora, nel suo ultimo libro (L’Adorazione) «dall’andamento vieppiù allucinato» si propone di «decostruire il cristianesimo». 


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