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Politica. Grandi manovre attorno all’ente

Pronto un decreto per affiancare alla Cri una società per azioni. Scelli non commenta, Barra (Ifcr) approva. Ma le ong insorgono.

di Stefano Arduini

Grandi manovre attorno alla Croce Rossa. Dal Palazzo poco traspare, ma agli occhi degli osservatori più attenti non è passato inosservato il fatto che lo scorso 15 ottobre il Consiglio dei ministri abbia messo, momentaneamente, nel congelatore un decreto che prevede l?affiancamento alla normale struttura Cri di una società per azioni. Un rinvio, non una retromarcia, tanto che il ministro Giovanardi conferma a Vita che il decreto governativo «sarà presto esaminato». All?orizzonte ecco quindi profilarsi una Cri spa, di cui l?organizzazione di volontariato sarebbe unica azionista, guidata dal medesimo presidente. Che cosa però significhi nel dettaglio, difficile dirlo. «Chiedetelo a Scelli», suggerisce Giovanardi. Su questa sponda però l?interrogativo è senza risposta, e il commissario straordinario si barrica dietro un muro di silenzi. Intervenuto invece a un convegno lo scorso 9 ottobre, quando il decreto era ancora di là da venire, si era lasciato scappare: «Stiamo pensando di trasformarci in società a partecipazione pubblica per togliere tutti i vincoli burocratici che rallentano la nostra attività, con il rischio di essere superati da concorrenti che hanno strutture più snelle e meno professionalità». Una finalità condivisa da Massimo Barra, vicepresidente della Federazione internazionale, secondo cui «finché la Cri sarà un ente pubblico subirà le ingerenze del governo», anche se «la soluzione prospettata viola il principio secondo cui non ci possono essere due Croce Rossa nello stesso Paese», e allora sarebbe meglio «una reale privatizzazione dell?ente». L?idea di una Croce Rossa a doppia faccia è indigesta anche a Sergio Marelli, presidente delle ong italiane. C?è il rischio che la Cri, senza rinunciare ai contributi pubblici (nel 2002 erano 320 milioni di euro, più un patrimonio immobiliare di 350 milioni), «si travesta da ong facendo concorrenza sleale alla cooperazione non governativa vera e propria». Ma non solo. «A livello regionale», continua Marelli, «si metterebbe in competizione anche con le associazioni di assistenza sanitaria, togliendo fiato a enti come le Misericordie o le altre Croci».


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