Non profit

Politica e Terzo settore, intervista a Tom Benetollo

"Troppe chiacchiere in politica, sono pochi quelli che fanno opere sociali". Parla il presidente dell'Arci

di Ettore Colombo

Tom Benetollo, presidente nazionale dellArci, è uno che non si stanca mai solo perché, fisicamente, è uno bello grosso, ma il weekend passato tutto è stato tranne che di riposo. Venerdì era al congresso di Rifondazione, sabato a discutere con i no global della marcia “pacifista” (a senso unico), domenica all’assemblea di nascita dell’associazione “Aprile”, composta da Ds e non Ds.

Benettollo, che cosa possono fare Ong e Terzo settore con quello che accade nei Luoghi Santi?

Guarda, ci sarà la marcia della Pace del 12 maggio e quello è un appuntamento importante, di tutti, associazioni, pacifisti, partiti e sindacati, ma anche rispetto a quanto è successo sabato quello che penso con forza e che ti avevo già detto prima che si verificasse la spaccatura tra no global e sinistra è che sono stufo di scendere in piazza a “sventolare bandiere”. Per quelle terre voglio atti, scelte e atteggiamenti concreti e conseguenti. Ho deciso che non vado più a una manifestazione se non vedo che chi la organizza non stanzia almeno 100 euro per un progetto concreto che noi o altre Ong, non importa chi, portiamo in quei territori. Questa è una cosa che dico a tutti, anche al mio interno, a noi stessi: abbiamo un progetto, dal 1987, Saalam ragazzi per l’Ulivo, che abbiamo inziato quando l’Ulivo politico neanche esisteva ed oggi abbiamo e assistiamo campi profughi come quello di Al Fawar, dove ce ne sono 40 mila. Aiutateci. Lì lavorano 300 pacifisti israeliani e giovani palestinesi. Vogliamo due popoli e due Stati, punto. Credo, nonostante tutto, che ci saranno. Solo non convivranno felicemente, ma da separati in casa.

Hai parlato di “cultura del fare” da radicare di più e meglio, anche a sinistra. Cosa vuol dire?

Vedo tanta gente che lavora, nelle associazioni, nei partiti, nei sindacati. E poi vedo tante chiacchiere. Una volta si costruivano le case del popolo, e ora? Vedo una grave torsione, specialmente rispetto ai media: i dibattiti politicisti non m’interessano, m’interessano i progetti. Voglio e credo in una cultura del fare, dalla difesa dei diritti sindacali dove se si abbassa la soglia dei diritti si tolgono anche a chi oggi ancora non li ha (penso, cioè, alla lotta per l’articolo 18), alla riaffermazione con forza di una vera cultura della pace per Palestina e Israele come per l’Africa. Insomma, non credo possa esistere e crescere una formazione politica che rivendichi diritti e bisogni se non è collegata ad attività sociali e di volontariato: esiste il volontariato politico, certo, ma è ancora cosa e storia diversa dal volontariato sociale. Anche a sinistra. Andava meglio con la Prima repubblica, con le grandi formazioni politiche come Dc e Pci, oggi siamo mondi distanti. Poi, certo, c‚è il movimento no global, che sta portando alla ribalta una generazione nuova: la strada è di frontiera, ma lunga. Li aspetto ancora, tanti giovani, alla prova della solidarietà concreta. La porta è aperta.

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