Politica
Podemos sì, ma cosa volemos?
L'economista Leonardo Becchetti, commenta le elezioni spagnole spiegando che «La questione numero uno è rimettere in equilibrio il rapporto tra cittadini, istituzioni ancora troppo deboli e imprese transnazionali nella globalizzazione. E il centro del problema è nella finanza»
Podemos sì, ma cosa volemos e cosa dobbiamo volere? Cosa dobbiamo fare per muovere verso l’orizzonte del bene comune? La storia è piena di rigurgiti ma il vento del cambiamento soffia più forte. Qualche migliaio di matti che fanno follie sono purtroppo infinitamente più rumorosi della stragrande maggioranza. Ma i restanti sette miliardi sono la stragrande maggioranza che silenziosamente fa la storia perché la storia siamo noi. Dove soffia il vento del cambiamento?
La questione numero uno è rimettere in equilibrio il rapporto tra cittadini, istituzioni ancora troppo deboli e imprese transnazionali nella globalizzazione. E il centro del problema è nella finanza. Abbiamo bisogno innanzitutto di una democratizzazione e di una civilizzazione delle banche centrali che sono i veri deus ex machina delle economie odierne. Dobbiamo poi sconfiggere la logica della speculazione e dell’azzardo che brucia una quantità enorme di risorse finanziarie e intellettuali nella tentazione di anticipare decine di raccolti degli anni a venire nel brevissimo termine e ritrovare i ritmi dell’investimento faticoso ed impegnativo che produce risultati moderati nel tempo. Riportare la finanza al servizio dell’economia reale passa attraverso alcune riforme cruciali come quella del comprendere che la banca non è un’impresa come le altre e che se la sua logica è massimizzare il profitto a breve in un contesto nel quale le è concesso fare trading proprietario con i soldi dei depositanti (a sbafo e con risorse sussidiate) è impossibile aspettarsi che faccia credito. Separazione tra banca commerciale e banca d’affari, tassa sulle transazioni finanziarie che penalizzi la velocità che è proxy di attività speculativa sono due pilastri fondamentali. Il terzo è modificare i sistemi d’incentivo nelle aziende. A nulla serve dire che vogliamo guardare ad indicatori più generali di benessere se poi nelle aziende i manager hanno componenti variabili enormi con premialità centrata sull’aumento dell’utile e clausole che riducono il bonus quando l’utile è basso. In situazioni normali in cui l’azienda non è particolarmente innovativa e la torta è quella questo vuol dire esasperare i conflitti distributivi con gli altri portatori d’interesse (lavoratori, fornitori, clienti, comunità locali). Gli squilibri del mondo della finanza sono il primo problema, non a detta di portavoce dei centri sociali, ma di una coalizione di venti mega-intermediari finanziari europei che hanno affermato che a nulla serve avere la cabina di lusso sulla tolda del Titanic.
Gli squilibri del mondo della finanza sono il primo problema, non a detta di portavoce dei centri sociali, ma di una coalizione di venti mega-intermediari finanziari europei che hanno affermato che a nulla serve avere la cabina di lusso sulla tolda del Titanic.
Leonardo Becchetti
È un po’ come se un tossicodipendente in un momento di lucidità chiedesse aiuto ad una comunità di recupero. Il riequilibrio non può che avvenire capendo che il centro di tutto è la partecipazione attiva dei cittadini e il voto col portafoglio. Che è la leva di Archimede perché il mercato è fatto di domanda e di offerta e la domanda siamo noi. Se premiamo le imprese leader nella sostenibilità il mondo è già cambiato. Bisogna costruire comunità in rete che costruiscano giorno per giorno pezzi di nuova economia (lo stiamo facendo con Next). E favorire tutti i processi riequilibratori di cittadinanza attiva. La legge della relatività del voto col portafoglio ci dice che il sistema cambia se abbassiamo la differenza di prezzo tra prodotti etici e non, aumentiamo la capacità di cooperazione tra i cittadini responsabili e l’informazione per tutti su questa incredibile leva che abbiamo a disposizione. Attivando tutte le iniziative di policy di sponda possibili come tasse modulate sulla qualità sociale ed ambientale delle filiere, appalti che votano col portafoglio, vantaggi per i prodotti più sostenibili negli spazi pubblicitari ed espositivi.
La fortuna è che il cambiamento già esiste, non dobbiamo inventarlo. L’economia è già piena di imprese responsabili che creano valore economico in modo socialmente ed ambientalmente sostenibile, fondi etici, banche etiche e mutualistico-cooperative, economie circolari dove gli scarti diventano nuovi input collaborative commons (beni comuni collaborativi) e meccanismi di sharing dove si passa dal possesso all’uso aumentando il tasso di utilizzo dei beni di consumo strumentali. Il problema è come far vincere la nuova economia che cresce, e il voto col portafoglio con le opportune sponde di policy è la chiave. Podemos sì, ma dobbiamo andare nella direzione giusta!
dal blog La felicità sostenibile
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