Famiglia

Poche gioie dal Rapporto Annuale Istat

Un quadro a tinte fosche quello dipinto dall’Istat sull’Italia. Paese che si conferma tra i più vecchi del mondo con 3 milioni di famiglie in difficoltà e 26mila giovani costretti ad emigrare per cercare lavoro.

di Marco Marcocci

C’era da aspettarselo! Il Rapporto Annuale sulla situazione italiana curato dall’Istat non traccia un quadro del Paese rassicurante.

Qualche esempio? Nel 2013 si è registrato il minimo storico per le nascite da quasi vent'anni. Il precedente record si era consolidato nel 1995 e nel 2013 sembra che sono stati iscritti all’anagrafe quasi 515mila bambini, 12mila in meno rispetto al 1995. Per di più in soli cinque anni le nascite sono diminuite di 64mila unità.

Così l'Italia si conferma uno dei Paesi più vecchi al mondo: 151,4 persone over 65 anni ogni 100 giovani con meno di 15 anni. Tra i Paesi europei solo la Germania ha un valore più alto (158) mentre la media Ue28 è 116,6. Secondo l’Istat, inoltre, la speranza di vita è di 79,6 anni per gli uomini e 84,4 per le donne (superiore alla media europea).

Altro tema: nel 2013, secondo quanto emerge nel rapporto, le famiglie che si trovavano in difficoltà erano 3 milioni.

Anche i giovani non se la passano bene, infatti coloro che nel 2012 hanno cercato opportunità lavorative fuori dei confini nazionali sono stati più di 26mila (dato riferito ai giovani di età compresa tra i 15 ed i 34 anni), 10mila in più rispetto al 2008. Complessivamente negli ultimi cinque anni sono stati 94mila i giovani emigrati per esigenze lavorative e complessivamente gli italiani in cerca di fortuna all’estero sono stati nel 2012 circa 68mila, il 36% in più rispetto al 2011, record dell’’ultimo decennio.

Le difficoltà del momento non hanno risparmiato gli immigrati: nel 2012 gli ingressi sono stati 321mila, pari  -27,7% rispetto al 2007 ed il numero di stranieri che se ne vanno dall’Italia è aumentato del 17,9%.

Quelli che nel rapporto sono definiti “potenzialmente impiegabili” sono oltre sono oltre 6milioni di individui: tra disoccupati e persone che vorrebbero lavorare in Italia si contano 6,3 milioni di senza posto. In dettaglio nel 2013 ai 3 milioni 113mila di disoccupati si aggiungono 3 milioni 205mila forze lavoro potenziali, cioè gli inattivi più vicini al mercato del lavoro. In aumento anche gli scoraggiati (1 milione 427 mila) ed i cosiddetti Neet, cioè coloro che ne lavorano né studiano. Nel 2013 i Neet di età compresa tra i 15 ed i 29 anni erano 2 milioni 435 mila, in aumento di 576mila rispetto al 2008.

Dal rapporto emerge poi che, con riguardo agli under 35 anni, nei 5 anni di crisi gli occupati in questa fascia d'età sono scesi di 1 milione 803 mila. Interessante è anche lo spunto sui cinquantenni ed oltre che, se da un lato sono in crescita tra gli occupati, soprattutto per le maggiori difficoltà ad andare in pensione, dall’altro “crescono anche coloro che vorrebbero lavorare e non trovano lavoro”. Se infatti, annota l'Istat, “si considera l'insieme di disoccupati e forze lavoro potenziali, sono oltre un milione le persone di 50 e più che vorrebbero lavorare ma non trovano una collocazione”.

La donna ricopre un ruolo sempre più importante nell’economia domestica. Nel quinquennio 2008-2013 le famiglie in cui l'unico occupato è donna sono aumentate di 591mila unità (+34,5%), superando i 2,3 milioni.

“Deboli segnali positivi” sono registrati nel rapporto con riguardo alla quota di persone appartenenti a famiglie in condizione di grave deprivazione che, nel 2013, scendono a 7,6milioni di individui contro gli 8,7milioni del 2012.  

Da un paragone con gli Paesi europei l’Istat osserva che in generale “l'Italia è uno dei paesi europei con la maggiore disuguaglianza nella distribuzione dei redditi primari, guadagnati dalle famiglie sul mercato impiegando il lavoro e investendo i risparmi” e che “nonostante l'intervento pubblico operi una redistribuzione dei redditi di mercato di apprezzabile entità, non inferiore a quella dei paesi scandinavi, in Italia il livello di disuguaglianza rimane significativo anche dopo l'intervento pubblico”.
 


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