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Pnrr, meno fondi per il sociale: stralciati 1.300 progetti per 1,3 miliardi

Dopo la revisione del Governo Meloni, il Pnrr è cambiato anche per quanto riguarda gli interventi in ambito sociale. Ecco cosa emerge dal secondo rapporto di Forum Terzo settore e Openpolis. Vanessa Pallucchi: «Nel percorso di attuazione del Pnrr permangono problemi di accessibilità dei dati e di scarsa partecipazione delle parti sociali»

di Alessio Nisi

pnrr

Diciotto modifiche, due misure eliminate del tutto, nove interventi rivisti al ribasso e una misura commissariata. Così è cambiato il Piano nazionale ripresa resilienza – Pnrr riguardo gli interventi in ambito sociale, dopo la revisione da parte del governo Meloni.

Due misure eliminate del tutto

Tra le totali 54 misure e sotto misure che interessano anche il Terzo settore, infatti, in totale 18 risultano modificate. Alcune in maniera marginale, ma la maggior parte in modo  profondo. Non solo. Due misure sono state totalmente eliminate: quella per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (300 milioni di euro che sarebbero serviti per realizzare 254 progetti) e quella per la realizzazione di infrastrutture sociali di comunità nelle aree interne, ovvero servizi di istruzione, salute e mobilità (500 milioni per la realizzazione di 803 progetti).

La misura per il superamento degli insediamenti abusivi in agricoltura al fine di combattere il caporalato è invece stata commissariata. Inoltre, 9 interventi (misure o sottomisure) di interesse per il Terzo settore sono stati rivisti al ribasso negli obiettivi. È quanto risulta dal rapporto Pnrr e Terzo settore, cosa cambia e perché, realizzato dal Forum terzo settore e da Openpolis, il secondo.

Da sinistra Luca Del Poggetto di Open Polis, Vanessa Pallucchi e Chiara Meoli, del Forum Terzo settore,, Thomas Osborne di I-Com, Istituto per la Competitività

Trasparenza, accessibilità dei dati e partecipazione

«Nel percorso di attuazione del Pnrr», spiega Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo settore, «permangono problemi di accessibilità dei dati e di scarsa partecipazione delle parti sociali. L’obiettivo di fare di questa opportunità storica la leva per una reale ripresa del Paese si sta allontanando: lo evidenzia questo rapporto, che fa emergere pesanti tagli a vari ambiti del sociale, senza la certezza di rifinanziamenti provenienti da altre fonti, ma anche la generale mancanza di politiche in grado di incanalare le risorse del Pnrr in percorsi di sviluppo strutturati e sostenibili, verso la riduzione delle disuguaglianze esistenti».

Nel report emerge un disinvestimento su tutta la partita sociale. Ci preoccupano i tagli alla rigenerazione urbana e ai piani urbani integrati, pensiamo alle periferie, alla qualità della vita, alla marginalità. Penso anche alle infrastrutture di comunità, totalmente definanziate, come i beni confiscati alle mafie

Vanessa Pallucchi – portavoce del Forum Terzo settore

Il cambio al vertice

A preoccupare la portavoce anche «il possibile nuovo cambio di gestione nel ministero degli Affari europei: la scadenza di molte misure è slittata al 2026 e si rischia un’affannosa corsa alla spesa, che metterebbe in secondo piano il vero traguardo che abbiamo davanti, ovvero lo sviluppo di territori e comunità e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone»

Chiediamo massima trasparenza

Entra nel dettaglio Luca Dal Poggetto, data journalist della Fondazione Openpolis: «Rispetto al Terzo settore, con questo report abbiamo analizzato a fondo il nuovo Pnrr, alla luce della revisione operata dal Governo, rilevando che sono state modificate 18 misure di interesse del comparto, mentre 2 sono state del tutto eliminate e una commissariata. Inoltre, a fronte di 4 obiettivi delle misure per il Terzo settore rivisti al rialzo in termini di importi, 9 sono stati rimodulati al ribasso». E chiede «massima trasparenza», perché «è fondamentale comprendere fino in fondo l’impiego e gli effetti di una così importante mole di investimenti pubblici».

Il report nel dettaglio

Oltre alle misure modificate, ci sono stati anche pesanti cambiamenti dal punto di vista dei finanziamenti: i principali tagli di risorse hanno riguardato la misura sui Piani urbani integrati per il miglioramento delle periferie (meno 1,6 miliardi di euro), gli interventi di rigenerazione urbana per contrastare emarginazione e degrado sociale (meno 1,3 miliardi), gli investimenti per la costruzione o l’ammodernamento di asili nido e scuole dell’infanzia (meno 1,4 miliardi).

Di contro, 4 interventi sono stati rivisti al rialzo negli obiettivi e altrettanti nei finanziamenti: in particolare quello per le politiche attive del lavoro (aumento di oltre 1 miliardo di euro), per la telemedicina (+500 milioni), per lo sviluppo e la resilienza delle imprese turistiche (+305 milioni) e per l’assistenza domiciliare (+250 milioni). 

35mila opere finanziate per un valore di 30 miliardi

Rispetto agli ambiti sociali considerati, si legge nel rapporto, il “nuovo” Pnrr mantiene oltre 35mila opere finanziate, per un importo complessivo di 30 miliardi (che includono però anche altre fonti di finanziamento). La revisione operata dal governo, però, ha portato all’eliminazione di oltre 1.300 i progetti, per un valore di circa 1,3 miliardi. Lo stralcio riguarda per gran parte gli interventi sulle due misure totalmente definanziate (beni confiscati alle mafie e infrastrutture sociali di comunità). Altri progetti, invece, sono stati eliminati a causa delle rinunce dei soggetti attuatori o della presenza di errori così rilevanti da richiederne la chiusura. 

Dopo la prima pubblicazione di un analogo rapporto, nel 2023, l’osservatorio nato dalla collaborazione tra Foru Terzo settore e openpolis è proseguita portando avanti il lavoro di monitoraggio del Pnrr con particolare attenzione all’ambito del sociale.

In questo secondo rapporto ci siamo interrogati sui punti di ricaduta concreti del Pnrr sui territori e su che cosa sta arrivando alle comunità e alle persone

Vanessa Pallucchi

Rispetto allo scorso anno

Permangono, come evidenziato già lo scorso anno, rilevanti problemi di trasparenza rispetto all’andamento dell’attuazione del Piano: nonostante alcuni passi compiuti dal governo Meloni le informazioni disponibili non sono ancora sufficienti a ricostruire un quadro completo e la piattaforma Regis risulta ancora non accessibile per la società civile.

Inoltre, nonostante sia stato assicurato più volte dal governo il ricorso ad altre tipologie di risorse per bilanciare l’avvenuto definanziamento, e nonostante il cosiddetto decreto Coesione sarebbe dovuto servire proprio a questo scopo, non c’è ancora chiarezza su come ciò potrà avvenire, senza ridurre l’investimento per altri interventi già previsti.  

Vediamo un’eccessiva centralizzazione della governance del Pnrr. Si era partiti con una cabina di regia, che non viene convocata e non ha consapevolezza degli stati di avanzamento. In questo quadro i territori assumono un protagonismo di secondo piano

Vanessa Pallucchi

La geografia del Pnrr sociale

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale delle risorse Pnrr per le misure di interesse per il Terzo settore, alla Lombardia va la cifra più consistente, pari a circa 3 miliardi (12,5% del totale), mentre a seguire si trova la Campania con 2,8 miliardi (11,6%) e la Sicilia con 2,3 miliardi (9,6%). Viene rispettata la clausola che prevede che almeno il 40% dei fondi Pnrr sia riservato alle regioni meridionali (43,7%), nonostante ogni singola misura presenti dati molto diversi. Ad esempio, al Sud i finanziamenti per migliorare la qualità dei servizi pubblici digitali si fermano al 34,3%, quelli per il sostegno alle persone vulnerabili al 36,5%.

Le scadenze

Rispetto alle scadenze, 16 sono quelle previste per il 2024. Di queste, 5 sono state completate e riguardano le riforme sulla disabilità, sugli anziani e non autosufficienti, sugli appalti, sulla spesa pubblica e sull’amministrazione fiscale. Sette scadenze sono invece state posticipate al 2025 o 2026.

In apertura foto di Asher Ward per Unsplash. Nel testo immagini di Alessio Nisi

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