Politica

Pnrr ed economia sociale, tra sussidiarietà e innovazione

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza insieme al Family Act, rappresentano una opportunità irripetibile per colmare i divari generazionali, di genere e geografici che da sempre hanno minato alla base la nostra competitività e la mobilità dell’ascensore sociale. Ma soltanto attraverso un rinnovato patto di fiducia tra società civile, pubblica amministrazione e settore profit saremo in grado di fornire risposta ai nuovi bisogni delle persone in termini di protezione sociale, crescita, e benessere. Il terzo settore è pronto? E chi governa? Un web talk per cercare le risposte

di Maria Chiara Gadda

La pandemia ha agito in questi mesi da acceleratore rispetto a una serie di processi e mutamenti in atto da tempo nella società e nel nostro modello economico. Nella fase emergenziale, abbiamo finalmente preso consapevolezza delle fragilità di sistema troppo lungamente sottovalutate, e allo stesso tempo apprezzato il ruolo essenziale delle reti della solidarietà.

Il modello dell’economia sociale si è fatto strada in questi anni come un fiume carsico, in modo capillare nel Paese e attraverso forme organizzative originali in svariati campi di attività di interesse generale. La capacità di incidere efficacemente e con tempestività nelle politiche territoriali è la cifra che caratterizza il terzo settore italiano, grazie agli oltre cinque milioni e mezzo di volontari e un milione di lavoratori. Un settore produttivo dunque, in grado di determinare una quota rilevante del nostro prodotto interno lordo attraverso la produzione di beni e servizi nel campo socio assistenziale, della cultura, della coesione territoriale, della ricerca e della sanità di territorio, dell’educazione, della formazione e delle politiche attive del lavoro, della rigenerazione urbana o dell’economia circolare per citare soltanto alcuni esempi. Soltanto attraverso un rinnovato patto di fiducia tra società civile, pubblica amministrazione e settore profit saremo in grado di fornire risposta ai nuovi bisogni delle persone in termini di protezione sociale, crescita, e benessere. La riforma del terzo settore declina questo rapporto sussidiario attraverso il principio di co-progettazione e di co-gestione delle politiche. Per questo è necessario un cambio di passo culturale basato sulla fiducia, sulle competenze e sulla innovazione, che abbandoni pulsioni verticistiche e assistenzialismo non generativo.

In questo contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza insieme al Family Act, rappresentano una opportunità irripetibile per colmare i divari generazionali, di genere e geografici che da sempre hanno minato alla base la nostra competitività e la mobilità dell’ascensore sociale. Risorse ingenti che per essere attuate dovranno trovare un modello di governo efficace ed efficiente, passaggio tutt’altro che scontato in un Paese che storicamente non ha consuetudine con l’analisi dei bisogni, la cantierabilità dei progetti e la misurazione di impatto. Il settore dell’economia sociale, è espressamente citato nella missione quinta del piano legata all’equità sociale, di genere e territoriale. Sarà altresì fondamentale, considerata la natura stessa del terzo settore e il suo modello organizzativo, un pieno coinvolgimento anche negli altri capitoli di intervento legati alla transizione ecologica, all’istruzione, alla ricerca e alla salute.

L’economia sociale è di per sé modello di innovazione basato sui servizi e sulla presa in carico della persona, ma per crescere ed incidere maggiormente nei processi e nelle politiche dovrà intercettare la sfida dell’innovazione tecnologica, digitale e delle nuove competenze così come declinate nella prima missione del piano. Del resto, per recuperare le eccedenze alimentari, piuttosto che per sviluppare modelli di agricoltura sociale, percorsi di autonomia domiciliare per anziani o persone con disabilità, o per attivare servizi per le famiglie nelle aree metropolitane così come in quelle rurali in grado di conciliare tempi di vita e di lavoro, servono eccome investimenti in innovazione di prodotto, di processo e formazione continua.

L’Europa ha finalmente compreso quanto sia essenziale investire sul futuro, coniugando sostenibilità economica con quella ambientale e sociale. Ora spetta soltanto al nostro sistema Paese cogliere questa irripetibile opportunità.

Il terzo settore è pronto? La politica e il governo possono dimostrare di essere all’altezza di questa sfida epocale? Di questo discuteremo lunedì 7 giugno in un confronto tra rappresentanti della società civile, Emiliano Manfredonia, presidente Acli, don Virginio Colmegna, presidente Casa della Carità, Stefano Granata, presidente Federsolidarietà e Gabriele Sepio di Fondazione Italia sociale, con due autorevoli membri del Governo, Elena Bonetti, ministra per le pari opportunità e la famiglia, e Vittorio Colao, ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale.

► Quando: Lunedì 7 giugno alle ore 17,30

► Dove: sulla pagina Facebook di Vita: qui

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.