Inquinamento

Pneumatici nei ghiacci, imballaggi nel cervello: la plastica è ovunque

Alleati della scienza, alpinisti si spingono fino alle vette più alte del pianeta, alla ricerca delle più minute particelle plastiche. L'usura degli pneumatici è la principale fonte di inquinamento della neve e dei ghiacci. Nel nostro cervello, invece, si trovano tracce infinitamente piccole di sacchetti e imballaggi per cibo e bevande. I pesci e i gamberetti di cui ci nutriamo contengono tessuti, sotto forma di filamenti impercettibili. Si moltiplicano le prove della diffusione delle micro- e nanoplastiche e aumenta la preoccupazione per la salute umana. Ma gli Stati non riescono a mettersi d'accordo per uno stop all'inquinamento da plastica

di Elisa Cozzarini

Pneumatici, sacchetti di plastica, abiti, oggetti di uso quotidiano, frantumati tanto da diventare invisibili particelle di micro- e nanoplastiche, finiscono ovunque, compresi i ghiacciai alpini e i frutti di mare. Riescono a penetrare persino nel cervello umano. Sono stati pubblicati in questi giorni alcuni studi scientifici che confermano – ancora una volta! – quanto la nostra esistenza sia ormai permeata dalla plastica. Le microplastiche sono state trovate nel cibo, nell’acqua, nella terra, nel corpo umano, nella placenta. Secondo i dati delle Nazioni unite, ogni giorno, l’equivalente di duemila camion pieni di plastica viene versato negli oceani, nei fiumi e nei laghi, mettendo gravemente a rischio l’ambiente naturale e la salute.

Pneumatici sulle cime

Le nanoplastiche, particelle ancor più piccole delle microplastiche, sono state trovate in cinque dei quattordici siti campionati nei ghiacciai alpini, in Francia, Svizzera e Italia. Si tratta dell’avvio di una ricerca pionieristica che intende mappare le più alte quote del pianeta con un approccio di citizen science, una particolare forma di ecoattivismo, sempre più diffusa, che nasce dall’alleanza tra ricercatori e cittadini. A raccogliere i campioni da analizzare sono alpinisti esperti, ben istruiti dagli scienziati. La prima scoperta è che nei ghiacci le nanoplastiche più numerose sono quelle che derivano dall’usura degli pneumatici, seguite da polistirolo e polietilene. Secondo quanto riporta il quotidiano britannico The Guardian, ogni gomma dell’1,6 miliardi di veicoli in uso nel mondo può perdere fino a quattro chili di frammenti piccolissimi di plastica, nel suo ciclo vitale.

Nel cervello e nei gamberetti

Un altro studio, sempre citato da The Guardian suggerisce che la crescita esponenziale dell’inquinamento da plastica negli ultimi cinquant’anni si riflette persino nel corpo umano. Siamo contaminati da micro- e nanoplastiche. Dall’analisi dei tessuti di decine di persone decedute tra il 1997 al 2024, infatti, sono state trovate quantità crescenti di particelle plastiche, nel cervello, nel fegato, nei reni. Quelle più numerose sono di polietilene, usato nei sacchetti e negli imballaggi per il cibo e le bevande.

E, ancora, una ricerca ha dimostrato la presenza di microplastiche nel 99% dei campioni di pesci e gamberetti analizzati in Oregon, costa ovest degli Stati Uniti. Per circa l’80% parliamo di particelle derivate da tessuti. Le microplastiche sono pericolose anche perché contengono composti chimici tossici, come Pfas, bisfenolo e ftalati.

Stop alla plastica nel 2025?

Lo scorso dicembre a Busan, in Corea del Sud, i negoziati Onu per un trattato globale che ponga fine all’inquinamento da plastica si sono conclusi con un nulla di fatto. Le associazioni ambientaliste sperano ancora che gli Stati raggiungano un accordo ambizioso. «L’ultima bozza presentata, così come il supporto dimostrato dalla maggioranza dei Paesi, ci porta a guardare al 2025 e a un eventuale nuovo vertice internazionale con la consapevolezza che l’approvazione di testo giuridicamente vincolante, che ci metta finalmente sulla strada per eliminare l’inquinamento da plastica, è ancora possibile», è il commento di Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia.

In apertura, foto di Jackman Chiu su Unsplash

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