Cultura

Platini, prima vittima della guerra mondiale a pezzi del calcio

Quando un tribunale commina una pena così dura, l’ergastolo seppur calcistico, per un reato a occhio e croce veniale, qualcosa non torna...

di Maurizio Crippa

“Macbeth, al confronto, è un romanzo di formazione per educande. Nulla, nel terremoto pilotato da Sepp Blatter che sta azzerando i vertici del calcio mondiale, è casuale. L’opera moralizzatrice del Comitato etico della Fifa – creazione ed emanazione, vale la pena ricordarlo, dello stesso Blatter – dopo il numero uno colpisce con la stessa durezza il successore designato al trono”. Gaia Piccardi, che è una brava giornalista sportiva, vola alto per raccontare la tragedia (più qatariota che scespiriana) che sta travolgendo Le Roi. Per non essere da meno, noi ricorderemo che la Francia – la quale non sta attraversando uno dei suoi momenti migliori – celebra in questi giorni il trecentesimo anniversario della morte e del Gran Funerale del Re Sole, avvenuto a Saint-Denis (sì, proprio quella Saint-Denis: oggi famosa per lo stadio e i kamikaze ma un tempo tomba dei re). Il popolino stremato lo fischiò pure, ai funerali, il Re Sole. Oggi c’è un altro amato Roi di Francia che rotola nella polvere: si chiama Michel Platini. Il genio baciato dal dio del Pallone, sovrano in Francia ma anche nella dependance di Torino, lato Fiat, quando all’Avvocato che lo sorprendeva a fumare nell’intervallo nello spogliatoio rispondeva come una divinità disturbata: “Tanto, ci sono gli altri che corrono per me”. Spavaldo, ironico, ambizioso, idolo delle mamme così come dei tifosi – i suoi, almeno – Platini ha trasportato nella carriera di grand commìs del calcio internazionale la stessa regale ambizione di essere il sole al centro del proprio mondo. Dal 2007 è stato presidente della Uefa, ha cercato di plasmarla o modellarla secondo le sue idee, business e spettacolo, e le idee probabilmente suggeritegli da altri. Come quella balzana e pasticciata, opaca come uno stagno d’autunno, del fairplay finanziario per i club. Poi anche il sole si oscura, anche le stelle precipitano.


La faccenda “giudiziaria” che riguarda Michel Platini è nota anche ai non frequentatori del calcio. E’ la storia di un milione e ottocento mila euro che la Fifa (Sepp Blatter regnante e non a sua insaputa) avrebbe versato all’ex stella dei Blues e della Juventus nel 2011, per una “consulenza” tra il 1999 e il 2002, che non si capisce bene quale fosse. Prima il Comitato Etico della Fifa (sì, fa ridere che la Fifa abbia un Tribunale di Salute Pubblica, ma ce l’ha) ha proposto la sua sospensione per 90 giorni dall’incarico di presidente (uscente) della Uefa. Ora la Commissione d’inchiesta della Fifa ne ha chiesto la radiazione a vita. Come anche quella di Blatter, il monarca e despota assoluto che negli ultimi vent’anni ha rivoluzionato il sistema, creato dal nulla o quasi il calcio-business pluri-milionario: un manager o un mercante regolarmente contrapposto, nell’immaginario popolare, al Grande Calciatore. Come ha scritto Mario Sconcerti, uno che se ne intende: “Sapere giocare, averlo fatto splendidamente per tanti anni, dà sempre un’idea di immunità. Per la grazia del lavoro, per l’arte che comporta, per la fede che interpreta. E difficile adesso metterli quasi sullo stesso piano, uno burocrate smaliziato, torbido, l’altro rivoluzionario per solitudine e temperamento”.

E diremmo “amen”, se questo fosse il coccodrillo per un funerale. Ma sarebbe banale, e forse anche ingiusto. Le cose sono un po’ più complicate. A partire da un sospetto garantista: quando un tribunale commina il massimo della pena, l’ergastolo seppur calcistico, per un reato a occhio e croce venale, qualcosa non torna. Platini è stato per lunghi anni alleato e sponsor di Blatter, anche se oggi ne dice peste e corna. Di mezzo c’è il fatto che, dopo le dimissioni di Blatter dalla Fifa, Re Michel si è auto-candidato a passare dal trono del football europeo a quello mondiale. Partita maledettamente insidiosa.

Tra i pasticci maggiori della loro gestione coordinata – a parte il tacito e oscuro ingresso nel mondo del football della finanza internazionale e dei fondi di investimento – ci sono i Mondiali del 2018 affidati alla Russia di Putin e quelli del 2022 al Qatar. Soprattutto questi: il sudcoreano Chung Mong Joon è già stato sospeso per sei anni per corruzione in questa assegnazione; altri dirigenti, tra cui Blatter, sono implicati nelle inchieste e anche la famosa consulenza di Platini non si capisce bene se abbia a che fare qualcosa con il Golfo. Ma che la testa di Le Roi possa cadere per due milioni e spiccioli di franchi svizzeri, è grossa da bere. La verità è che da almeno due anni si sta combattendo una “guerra mondiale a pezzi” anche nel calcio. Il sistema Fifa inventato da Blatter era una specie di Onu del pallone: una testa un voto, i paesi calcisticamente piccoli e poveri a fare da satelliti e clienti ai propri generosi alleati, un sistema di “spesa pubblica” e interessi geo-politici vischioso e intrecciato. Poi qualcosa s’è rotto. Chissà cosa? Magari, che quelli che comandano davvero il business, le grandi federazioni, i grandi club, i grandi sponsor e i fondi d’investimento che gestiscono calciatori e club, nonché gli Stati pagatori (gli arabi sempre in prima fila, come si sa) hanno detto basta. Serve un sistema diverso, più business-oriented e globalizzato, dove la Federazione del Congo conti per quel che vale: niente. E il giocattolo sia in mano a chi sa spremerne oro, invece che influenza politica e favori ad personam. E quando si fanno, o si preparano, le rivoluzioni, per prima cosa cadono le teste dei Re.

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