Salute

Più vita ai giorni, la lezione di Eleonora Giorgi

L'attrice nell'ottobre 2023 aveva rivelato di avere un tumore al pancreas e ha condiviso in modo trasparente i passaggi della sua malattia. È morta a 71 anni. La presidente di Ant ancora una volta ricorda il diritto a ricevere cure, anche a domicilio, pure dove l'obiettivo non è più la guarigione. Oggi invece la rete delle cure palliative offre risposta solo al 35% delle richieste d'aiuto

di Raffaella Pannuti

Eleonora Giorgi a Pellicola d'Oro 2023

La storia di Eleonora Giorgi ha fatto molto parlare: un’attrice amatissima che all’improvviso, così come improvvisa la notizia deve essere stata nella sua vita, racconta di essere malata e che la prognosi è infausta. Nelle sue parole non c’è mai stata disperazione ma il pragmatismo positivo di chi ha rimesso in prospettiva la propria esistenza e ha capito che cosa veramente conta: «non voglio più giorni di vita, voglio più vita nei giorni che mi rimangono», ha detto citando Rita Levi Montalcini. 

Questo è quello che, come Ant, cerchiamo di offrire alle persone che assistiamo. Generalmente sono persone malate di tumore in stadio avanzato o avanzatissimo per i quali l’intervento terapeutico non può più essere volto alla guarigione ma al controllo dei sintomi indotti dal tumore, quali il dolore.

La cura e la dignità

In questi casi si interviene con le cure palliative, un approccio medico-assistenziale che si concentra sul miglioramento della qualità della vita dei pazienti, evitando l’accanimento terapeutico, senza anticipare né ritardare la morte e rispettando la volontà del paziente. L’obiettivo è garantire il massimo comfort possibile, gestire il dolore e i sintomi, offrire supporto psicologico e accompagnare sia il malato che la sua famiglia in un percorso di cura che tenga conto della dignità e dell’autodeterminazione. 

Il setting terapeutico, ossia il luogo dove questo può avvenire, può essere l’hospice o una clinica, come nel caso di Eleonora Giorgi, oppure la casa, anche in base alla preferenza del paziente e dei suoi familiari. 

Il calore di casa

Ant si occupa di domiciliarità attraverso 29 équipe multidisciplinari composte da medici, infermieri e psicologi che quotidianamente riescono a garantire cure e assistenza a 3mila pazienti in diverse zone d’Italia, al Nord come al Sud. 

Crediamo moltissimo in questo modello, pensato dal nostro fondatore, professor Franco Pannuti, nel lontano 1978, perché offre alle persone l’opportunità di vivere l’ultima parte della propria vita immersi nel calore della propria casa ma anche sicuri di poter ricevere aiuto, medico-infermieristico e psicologico, direttamente a domicilio e in ogni momento della giornata. 

Un modello che fa bene alle persone e al sistema sanitario pubblico perché, come indicato dagli studi (si veda per esempio l’articolo pubblicato nel 2020 su Jama a firma di Bekelman JE et al, 2020;324(1):21-22) la “cura a casa” è una scelta sicura, efficace e sostenibile economicamente. Lo spostamento verso il setting domiciliare ha il potenziale di portare, nel medio e lungo termine, a un risparmio che, in un’ottica di economia di scala, permetta al Ssn di sostenere anche i gravosi costi dei reparti ospedalieri.

Testimonianze come quella di Eleonora Giorgi sono preziose, ci ricordano quanto quell’ultimo tratto della nostra vita sia importante e quanto lo sia anche essere messi in condizione di affrontarlo con dignità e senza dolore. Emerge, anche da questa storia personale di un personaggio pubblico, la necessità di implementare la rete delle cure palliative affinché si possa offrire una risposa al 100% delle richieste di aiuto, anziché fermarsi a un 35% come avviene oggi. Questo ha certamente dei costi importanti di cui il Ssn, da solo, difficilmente potrà farsi carico. È qui che realtà come la nostra, se integrate con il sistema pubblico, possono davvero fare la differenza.

Rallaella Pannuti è presidente di Fondazione Ant. Foto di Mario Cartelli/LaPresse

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