Volontariato

Più tempo, meno denaro. Un piccolo affresco sugli italiani e l’impegno sociale

di Giulio Sensi

Ogni anno l’Istat pubblica in nei mesi estivi i risultati dell’indagine “Aspetti della vita quotidiana” che va a far parte del sistema di indagini sociali multiscopo composta da diverse altre rilevazioni sulle questioni sociali. E’ svolta su un campione di oltre 19 mila famiglie, per un totale di quasi 48 mila individui. E’ appena uscita quella relativa al 2011 condotta a marzo dello scorso anno.

I risultati sono condensati in una serie infinita di tabelle -in passato veniva pubblicato un volume- che sono, con un po’ di pazienza, facilmente consultabili sul sito dell’Istat.

Affrontano moltissimi aspetti della vita quotidiana, le relazioni familiari, le condizioni abitative e della zona in cui si vive, le condizioni di salute e stili di vita, i comportamenti legati al tempo libero e alla cultura, il rapporto con vecchie e nuove tecnologie, il rapporto dei cittadini con i servizi di pubblica utilità.

Per quanto riguarda il rapporto dei cittadini con il volontariato e l’impegno sociale, i dati confermano un interessante trend di aumento degli ultimi anni. Si potrebbe dire, semplificando un po’, che la crisi -o meglio le crisi che viviamo nel nostro paese- non mettono in discussione la voglia di fare volontariato, di impegnarsi in associazioni, di riunirsi e discutere di una fetta importante della popolazione italiana. Ma questa partecipazione pare sia sempre più pagata in tempo e sempre meno in denaro. Vediamo i dati.

L’1,9% del campione afferma di aver partecipato in riunioni in associazioni ecologiche, per i diritti civili o per la pace (era l’1,8 nel 2010), il 9,7% in riunioni di associazioni culturali, ricreative o di altro tipo, mentre si è assestata al 10% la quota di popolazione che svolge attività gratuite in associazioni di volontariato (era l’8% nel 2002 ed è cresciuto costantemente e lentamente).

Se le persone con età maggiore di 14 anni donano volentieri il loro tempo, un po’ meno volentieri aprono i portafogli e anche questo può essere un effetto delle crisi: se nel 2010 era il 17,6% la quota di cittadini che versava soldi ad un’associazione, nel 2011 è calata al 16,8%, una contrazione significativa per questo tipo di indagini che lavorano su trend solidificati nel tempo.

Per quanto riguarda le attività di volontariato sono due aree geografiche a tenere su la lancetta e consentire il mantenimento della soglia del 10%: il nordest, il cui impegno fra le persone è aumentato ben di un punto percentuale (probabilmente alcune centinaia di persone nel campione analizzato), passando dal 13,7 al 14,7%. Anche il sud, isole escluse, mostra un piccolo balzo dal 6,1% al 6,3. Ma è il nord est che presenta le cifre più alte di impegno nelle associazioni secondo l’indagine dell’Istat.

Male invece il centro Italia (dal 9,2% all’8%) e le isole (dal 7% al 6,6%), mentre il nord ovest presenta una sostanziale tenuta (dal 12,5 al 12,6%).

Sono dati che andrebbero approfonditi e discussi. Di per sé poco esaustivi, ma utili ad andare a comporre un mosaico di analisi funzionali alla comprensione delle tendenze della partecipazione sociale in Italia. Una riflessione che le associazioni dovrebbero aprire, e bene, in vista della Conferenza Nazionale del Volontariato in programma all’Aquila ad inizio ottobre. Ma di questo parleremo in un altro post de “L’involontario”.

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