Politica

Più Repubblica meno Stato

È lo slogan di Savino Pezzotta alle Giornate di Bertinoro per l’economia civile: una discussione sulle identità del Terzo settore. Anteprima dell'editoriale in edicola da oggi con VITA Magazine

di Riccardo Bonacina

Sarà stata la suggestione del luogo, la bellissima costruzione della Rocca dei Conti di Bertinoro, risalente ai primi decenni del X secolo con i suoi importanti affreschi dei secoli XV, XVI e XVII recentemente restaurati. Sarà perché ormai da sei anni, in questa Rocca, si riuniscono i migliori cervelli e i leader dell?economia sociale del Paese. Fatto sta che proprio nella sessione inaugurale della sesta edizione delle Giornate di Bertinoro per l?economia civile, in una discussione sulle identità del terzo settore, Savino Pezzotta se n?è uscito con uno slogan che ha colpito tutti, compreso il sottoscritto, per la sua efficacia e attualità. « Qui ci vorrebbe più Repubblica e meno Stato», ha detto l?ex leader della Cisl riferendosi alla necessità di valorizzare ciò che di buono emerge dalla società civile e al bisogno di risentire tutta l?articolazione d?identità e di funzioni nella discussione pubblica che sembra sempre più unidirezionale, grigia, appiattita. «Più Repubblica e meno Stato» non è un aggiornamento di quel che resta di un fortunato slogan di una decina d?anni fa – «Più società e meno Stato» -, slogan passato nel frullatutto berlusconiano che ha fatto della fiducia nella capacità della società di autoregolarsi uno dei segreti del suo successo. Invocare un più di Repubblica significa dire qualcosa in più e di più forte del semplice lisciare il pelo alla società, spesso più incivile che civile. Significa chiedere che si riparta da quello spazio pubblico deliberativo disegnato dalla Costituzione repubblicana. Uno spazio pubblico di cui, di fronte all?autismo di un Parlamento nominato dai partiti grazie ad una legge elettorale nefasta e di fronte a un governo che con la Finanziaria 2007 ripropone uno Stato meticoloso intermediatore di fondi e di consenso, chi a cuore una democrazia effettiva sente oggi assoluta necessità. Uno spazio pubblico come quello disegnato dalla nostra Costituzione nei suoi due primi articoli: all?articolo 1, «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione» e all?articolo 2, «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell?uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l?adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Uno spazio pubblico che la revisione costituzionale del 2001 sulla Parte II ha così rilanciato all?articolo 118: «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l?autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà». Ecco, è il tradimento del patto descritto in questi tre articoli e gli arretramenti sul terreno della sussidiarietà che oggi fanno dire «Vogliamo più Repubblica e meno Stato». Del resto, spesso i dizionari aiutano. Se lo Stato è «entità giuridica e politica e struttura gerarchica e burocratica di un Paese politicamente organizzato che esercita la sovranità», la Repubblica è «forma di governo in cui la sovranità appartiene ai cittadini». Più coscienza diffusa della cosa pubblica e meno Stato sono le condizioni affinché non si avveri la terribile profezia di Hannah Arendt, di cui è appena ricorso il centenario della nascita. Scriveva la Arendt nel 1951 ne L?Origine del totalitarismo: «Il male radicale risiede nella volontà perversa di rendere gli uomini superflui. È come se le tendenze politiche, sociali ed economiche di quest?epoca congiurino segretamente per maneggiare gli uomini come cose superflue». Loro e le loro libere associazioni.

Inoltre con VITA Magazine n.42/2006, in edicola da venerdì a SOLI 2 EURO:
Con un pugno di dollari
Intervista esclusiva a Muhammad Yunus. Sei pagine sul banchiere dei poveri. Con interventi di Corrado Passera, Alessandro Profumo, Carlo Borgomeo, Amy Domini, Massimo PAllottino, Johnny Dotti
  • Ho un’idea che vi stupirà, di Paolo Manzo Intervista esclusiva al nobel per la pace. Che rivela: “Stiamo creando delle social business entreprises. Imprese create non per massimizzare i profitti ma i benefici per le persone a cui si rivolgono”
  • Il profeta del lavoro autonomo, di Carlo Borgomeo Il più grande amico italiano del fondatore della Grameen Bank lo racconta
  • Muhammad, che maestro, di Giuseppe Frangi Il banchiere/1 – Intervista a Corrad Passera: il numero uno di Banca Intesa è sicuro che la lezione di Yunus sia fondamentale per il fare banca anche in Occidente
  • Le sue ricette da vero innovatore Il banchiere/2 – Parla Alessandro Profumo, numero uno di Unicredit: “Yunus ha cambiato il modo di affrontare la povertà”
  • Grazie a lui, ai pauperisti non tornano più i conti di Massimo Pallottino L’economista – Non sono le risorse finanziarie a fare la differenza. La novità sono gli attori economici
  • Il micro si fa macro in America Latina di Paolo Manzo La sua erede – La presidente di Accion International. Maria Otero è alla testa della maggiore organizzazione mondiale di promozione della microfinanza. Dal 1992 prestiti per 7,6 miliardi. Vita la ha intervistata
  • E ora diamo crediti alle cooperative di Amy Domini Una voce dalla finanza – Un modello Yunus applicato alle coop di coltivatori sparse per il mondo. La fondatrice del più importante fondo etico americano spera nel contagio da Nobel…
  • La sua non è un’ideologia di Francesco Maggio L’imprenditore sociale – il punto di vista controcorrente di Johnny Dotti
  • Sviluppo al telefono di Muhammad Yunus Come Graamen Bank investe sulle nuove tecnologie per i poveri. Ce lo ha spiegato Yunus in persona, il 19 marzo 2002, invitato a Milano da Vita
… e molto altro ancora: leggi il sommario completo di VITA Magazine,
in edicola a SOLI 2 EURO!


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA