Mondo

Più potere e più coraggio Il terzo settore c’è

Stefano Zamagni al Comitato editoriale di Vita

di Gabriella Meroni

Il presidente dell’Agenzia per le onlus sprona il terzo settore ad alzare la voce per ottenere i fondi che gli spettano, dal 5 per mille
ai crediti della pubblica amministrazione. Ed esige che l’organismo che presiede conti di più: «Quello che il governo fa
in mesi, noi lo faremmo in giorni» Un confronto a tutto campo, quello che si è svolto in redazione mercoledì 25 marzo tra le 60 organizzazioni del Comitato editoriale di Vita e Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per le onlus. Come sempre disponibile, il professore bolognese non si è sottratto alle domande della platea. Con un convitato di pietra: lo spettro della crisi. Ecco una sintesi degli interventi più significativi e delle relative risposte di Zamagni.
Franco Bomprezzi: Il non profit vanta qualcosa come 25 miliardi di euro di crediti dalla pubblica amminstrazione. Esiste secondo lei nel terzo settore la coscienza della gravità della situazione?
Zamagni: Questa crisi è seria: ne parla Confindustria, ne parlano i sindacati, il governo? peccato che nessuno, tranne Vita, accenni alla crisi del terzo settore. Ma il problema è: come uscirà il nostro mondo dalla crisi? Con un tale ammontare di fondi non arrivati, come sopravviverà? E cosa si farà per recuperare questi 25 miliardi? L’Agenzia purtroppo non può fare nulla, toccherebbe al Forum del terzo settore battere i pugni sul tavolo ed esigere dal governo che si assuma le proprie responsabilità.
Luigi Di Vittorio (Auser): Questa mattina ci è stata comunicata una richiesta del ministro che chiama l’Auser a collaborare per la distribuzione della social card. Lei sa di che cosa si tratta?
Zamagni: Il ministro Sacconi ha voluto avvalersi della collaborazione dell’Agenzia per arrivare, tramite questa, a un’alleanza con le organizzazioni non profit. Finora la social card non è andata a tutti gli aventi diritto; il ministero del Lavoro ha quindi posto le basi per stipulare convenzioni con le organizzazioni non profit che possano aiutare a individuare gli aventi diritto, a informarli e a consegnare loro le tessere. È una decisione importante, che sancisce l’inizio di una collaborazione tra terzo settore e istituzioni nel campo delle politiche contro la povertà. Io vi consiglio di accettare, non bisogna avere paura; dobbiamo dimostrare al ministero che certi obiettivi non si possono raggiungere senza il non profit. Dopo sarà il governo a chiamare le organizzazioni non profit per discutere su welfare, povertà, famiglie, ecc.
Paolo Zambelli (CdO): Quali novità sul 5 per mille?
Zamagni: In Agenzia abbiamo avviato un tavolo con alcune grandi associazioni per individuare degli indicatori di efficacia della raccolta fondi. Efficacia, ovvero la misura del vantaggio che i fondi del 5 per mille, sottratti in un certo senso allo Stato, hanno prodotto. Dobbiamo dimostrare che quei soldi vengono utilizzati per produrre il bene che si voleva ottenere. Questo stroncherebbe le obiezioni sull’opportunità di devolvere il 5 per mille al non profit.
Paolo Zambelli (CdO): Secondo me però il 5 per mille deve rimanere ancorato alla sussidiarietà fiscale: se un cittadino sceglie un ente come destinatario del contributo, la sua scelta va salvaguardata indipendentemente dalla rendicontazione dell’uso dei fondi…
Zamagni: Lei mi ha sentito parlare di rendicontazione? No. Non mi faccia dire quello che non ho detto e neanche pensato. Io ho parlato di efficacia, che è altra cosa. Abbiamo bisogno dell’efficacia proprio per rispondere a quei detrattori del 5 per mille che vedono in questa misura un rischio di deresponsabilizzazione da parte dello Stato. Misurando l’efficacia del 5 per mille si rende noto alla società che questa misura interviene soddisfando dei bisogni fondamentali. Senza questi criteri di efficacia, finiremmo per coltivare il sospetto sul ruolo del terzo settore. E gli indicatori devono venire dal basso, dalle associazioni, non certo dallo Stato.
Claudio Di Blasi (Mosaico): Noi ci occupiamo di servizio civile. Per arginare la crisi abbiamo varato una sorta di leva civica: abbiamo individuato alcune categorie a rischio – giovani disoccupati, donne fuoriuscite dal mondo del lavoro – e li abbiamo coinvolti in progetti sociali per conto degli enti locali, che ci finanziano. Si tratta di un rapporto sui generis, non inquadrabile in nessuna norma specifica. Ora il rischio è che un ispettore del lavoro contesti questa situazione. Quale può essere dunque il referente che capisca davvero quello che facciamo?
Zamagni: Il referente saremmo noi, anche per le ispezioni, ma non ne abbiamo il potere. Da mesi è avviata una trattativa con la presidenza del Consiglio per ottenere un decreto che doti l’agenzia dei poteri che non ha. Il giorno in cui potessimo fare ispezioni, ci sbrigheremmo in 24 ore. Invece le fanno i funzionari del ministero che non hanno visione d’insieme e, come ha detto lei, contestano le virgole.


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