Famiglia

Effetto Bibbiano: mille bambini in meno in affido

In Italia ci sono 41.683 minori che non vivono con la propria famiglia: un numero in crescita rispetto alla rilevazione del 2021. Quali strumenti per tutelarli? Cala l'affido familiare, aumenta il ricorso alla comunità: sono 4mila ragazzi in più in un solo anno. La fotografia nel nuovo report del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il primo realizzato con una nuova modalità di raccolti dati.

di Sara De Carli

bambino che disegna con i gessetti sul muro

Monitoraggio dei numeri dei minori in affido e in comunità, si cambia. Il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato il Quaderno della ricerca sociale n. 60 che contiene i dati, aggiornati al 31 dicembre 2022, sui bambini e gli adolescenti fuori dalla famiglia di origine. Complessivamente gli ambiti territoriali sociali segnalano la presa in carico di 41.683 minorenni (inclusi i minorenni stranieri non accompagnati) sia in affidamento familiare sia collocati in strutture residenziali. Questo totale si riduce però a 33.299 minorenni allontanati dalla famiglia di origine se considerato al netto dei Msna.

Volendo fare un confronto con le modalità di raccolta dati attraverso le regioni a cui eravamo abituati (che non consideravano né i Msna né i minori in affido per meno di 5 notti a settimana) dobbiamo considerare 30.588 minori fuori famiglia al 31 dicembre 2022 contro i 27.329 del 31 dicembre 2021 (il report era stato pubblicato solo a maggio 2024). Quindi, se è sbagliato confrontare i 41.683 minori fuori famiglia registrati nel 2022 con i 27.329 del 2021, resta pur sempre vero che anche solo considerando la porzione di minori rilevata da entrambe le modalità di raccolta dati, il numero dei minori fuori famiglia tra il 2021 e il 2022 è aumentato di 3.259 minori, pari ad un incremento del 12%.

In relazione alla popolazione minorile residente, il tasso di fuori famiglia complessivamente rilevato per l’Italia è pari a 3,4 minorenni ogni 1.000 residenti 0-17enni. La regione in cui si registra il tasso più elevato è la Liguria (5,9), seguono la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia-Romagna (4,3). Sul fronte opposto con valori inferiori al tasso medio nazionale si collocano la Campania, l’Abruzzo e la Provincia autonoma di Bolzano (valori pari o inferiori a 2,5). Sono tanti o pochi? Il tasso di fuori famiglia in Italia (per l’esattezza sono 337 per 100mila residenti di pari età) può essere confrontato con gli ultimi dati resi disponibili a livello europeo a gennaio dal DataCare project, che vede in testa la Polonia con 1.788 minori in accoglienza alternativa su 100mila. Paesi analoghi all’Italia, come la Francia e la Spagna, hanno rispettivamente 1.124 e 500 minori in accoglienza alternativa su 100mila.

Cosa cambia nella raccolta dei dati

Il Quaderno della ricerca sociale n. 60 è il primo realizzato a partire dai dati raccolti attraverso il sistema informativo Siuss e in particolare attraverso le specifiche articolazioni del Sioss (Sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali) e del Sinba (Sistema informativo sulla cura e la protezione dei bambini e delle loro famiglie), superando la raccolta di dati effettuata su base regionale che ci ha accompagnato dal 2010, che risultava spesso lacunosa. Il nuovo sistema – introdotto nel 2017 ma partito molto lentamente anche perché ha dovuto superare i rilievi mossi dal Garante della privacy – garantisce ora una base informativa stabile, che restituisce il dettaglio sul singolo Comune e Ambito sociale.

Per l’anno 2022, cui fa riferimento questa pubblicazione, il 97% degli ambiti territoriali sociali ha inserito le informazioni richieste sui servizi attivati e sul numero totale dei beneficiari. Grazie ai dati raccolti con le nuove tabelle ad hoc inserite nel maggio 2023 sono disponibili elementi conoscitivi aggiuntivi per il 98% dei minorenni in affidamento o accolti nei servizi residenziali, distinguendo anche tra minori stranieri non accompagnati (Msna) e non.

Le informazioni raccolte danno anche dati di dettaglio sul tipo di affidamento/collocamento, classi di età e genere. «Nel corso del tempo sarà possibile prevedere ulteriori sviluppi dei dati raccolti, in grado di rispondere alle esigenze di monitoraggio e programmazione delle politiche a sostegno della genitorialità e delle famiglie fragili, di prevenzione dell’allontanamento e in favore dei minori fuori famiglia sia a livello nazionale che regionale e locale», si legge nel report: da qui ancora una volta la domanda sulla necessità di una duplicazione del sistema di monitoraggio e raccolta dati e dei famosi elenchi previsti dal ddl Roccella-Nordio.

Le novità della rilevazione

Il Sioss considera sia per l’affidamento in famiglia sia per il collocamento in struttura la titolarità della presa in carico dei bambini e delle bambine: questo comporta un disallineamento rispetto ai dati regionali ottenuti attraverso la precedente raccolta dati, ma permette di descrivere con maggiore dettaglio la realtà dei minorenni fuori famiglia all’interno di un quadro complessivo dell’offerta dei servizi sociali degli ambiti territoriali. Ulteriori differenze sono relative all’oggetto delle due rilevazioni, in quanto i dati Sioss includono i minori stranieri non accompagnati in affidamento familiare o collocati in strutture residenziali (a esclusione di quelli appartenenti ai progetti SAI – Sistema di accoglienza e integrazione e CAS – Centri di accoglienza straordinaria, oggetto di rilevazioni specifiche). Per quanto riguarda l’affidamento familiare, la rilevazione include anche i minorenni in affidamento diurno o a tempo parziale e non più solo quelli in affidamento per almeno 5 notti la settimana. Peraltro parlare con maggiore frequenza di queste “altre” tipologie di affido, più leggere, potrebbe essere un modo per avvicinare più persone a questa esperienza, permettendole di superare il timore di “non essere all’altezza”.


Meno bambini in affido: prima e dopo Bibbiano

Per quanto riguarda l’affidamento familiare, al 31 dicembre 2022 risultano collocati in famiglie affidatarie 16.382 minori, un dato comprensivo di tutte le forme di affidamento e dei Msna. Al netto dei Msna, invece, i dati integrativi segnalano 15.218 minorenni inseriti in una qualche forma di affidamento familiare. I dati del 2021, raccolti dalle Regioni e le Province autonome, parlavano di una lieve ripresa dell’affidamento familiare rispetto al 2020: 13.248 minori in affido, pari all’1,4 per mille della popolazione minorile residente in Italia.

Per paragonare il dato del 2022 con quello del 2021 raccolto con il vecchio sistema, dobbiamo considerare solo l’affidamento familiare per almeno 5 notti la settimana ed escludere i Msna: i minorenni in affido a fine 2022 in questo modo risultano 12.507, in riduzione rispetto ai 13.248 dell’annualità precedente.

A sua volta quel dato era in calo rispetto a quello del 2019, quando i minori in affido familiare erano 13.555. Il calo tra il 2019 e il 2022 – tra il prima e il dopo Bibbiano per dirla tutta – è di 1.048 minori: oltre mille bambini in meno oggi, rispetto al 2019, possono vivere la serenità e l’amore di una famiglia anche quando la loro famiglia di origine non è in grado (seppur temporaneamente) di garantire loro il bene della cura.

Le regioni in cui nel 2022 risulta maggiore il ricorso all’affidamento familiare, con valori pari o superiori ai 2 casi per mille, sono la Liguria e il Piemonte mentre con valori inferiori a un affidamento ogni mille residenti si collocano Abruzzo, Bolzano e Campania.


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Quali ragioni indica il report per questa flessione generalizzata del ricorso all’affido? Il report parla del Covid, di motivi connessi sia al rischio sanitario, di maggiori preoccupazioni delle coppie e delle famiglie a seguito della crisi socioeconomica derivata dalla pandemia, si servizi che hanno chiuso nel periodo dell’emergenza o che hanno avuto difficoltà al pieno espletamento degli interventi, «con pesanti ripercussioni sui bambini a causa di slittamenti negli interventi e minore disponibilità dei nuclei potenzialmente affidatari».

Affidi: uno su cinque è in Piemonte e quasi 7 su dieci sono giudiziali

Dei 16.382 minorenni che risultano complessivamente in affidamento familiare al 31 dicembre 2022, il 19,1% è concentrato nella regione Piemonte (il 6,4 di essi è un Msna); il 16,6% in Lombardia (il 2,3% è un Msna); l’Emilia-Romagna e la Sicilia registrano quote intorno all’8%. L’affidamento dei minori stranieri non accompagnati, prevalentemente in affido per almeno 5 notti la settimana, rappresenta il 4,8% del totale dei minorenni. L’affidamento etero-familiare, al netto dei Msna, rappresenta il 62%, quello intra-familiare il 38%. L’affido etero-familiare è molto più diffuso in Liguria (circa l’80%), in Veneto, Emilia-Romagna, Trento, Lombardia e Piemonte mentre nel Lazio, in Campania, Molise e Puglia è invece l’affido intra-familiare a registrare quote più elevate. Considerando invece l’affidamento per meno di 5 notti la settimana (sempre al netto dei Msna), che rappresenta il 17,5% degli affidi, emerge che nel 92% dei casi si tratta di affido eterofamiliare.

Per quanto riguarda la composizione di genere, i dati mostrano un certo equilibrio tra maschi (53,2%) e femmine (46,8%). In Basilicata si registra una quota di componente maschile pari al 70%. Nel 2022 il 12,6% dei minorenni in affidamento familiare ha una disabilità (fisica, psichica, sensoriale, intellettiva o plurima certificata secondo la legge 104/1992) oppure presenta altri disturbi/deficit o una vulnerabilità socioculturale. L’85% dei minorenni in affidamento familiare ha più di 6 anni: le classi d’età 11-14 anni e 15-17 anni rappresentano rispettivamente il 29,4% e il 29% dei minorenni in affido familiare, il 26,5% ha tra 6 e 10 anni.

I dati sull’affidamento familiare ci segnalano che il 65,6% degli affidamenti risulta di tipo giudiziale. Quote superiori al 70% di affidamenti giudiziali si registrano per gli affidi etero-familiari e intra-familiari per almeno 5 giorni a settimana; l’82% degli affidi etero-familiari per meno di 5 notti a settimana o diurno (tipicamente usati nei casi meno difficili) è invece di tipo consensuale. In Sardegna, Lazio, Calabria, Umbria e Valle d’Aosta gli affidamenti giudiziali sono superiori alla media, con quote superiori all’80%.

La presenza di una banca dati informatizzata sui soggetti affidatari registra una quota di risposte affermative pari al 23% degli enti attuatori. Il Progetto individuale risulta prassi diffusa: viene redatto dal 76% dei soggetti attuatori.

L’accoglienza residenziale: 4mila minori in più in un anno

Cresce, come d’altronde accade da anni, il numero di minori in accoglienza residenziale. Al 31 dicembre 2022 risultano complessivamente accolti nei servizi residenziali 25.301 minorenni inclusi i Msna: il 24% di questi è in Lombardia, l’11,4% in Sicilia, il 9% in Emilia-Romagna.

Al netto dei Msna, che sono il 27% degli accolti in comunità (il valore è molto più alto in Toscana, dove arrivano al 49%), scendono a 18.081. Nel 2021 si stimavano 14.081 i bambini e ragazzi di 0-17 anni accolti nelle comunità residenziali, al netto dei minori stranieri non accompagnati. Sono quindi esattamente 4mila minori in più in un solo anno.

In relazione alla distribuzione di genere si registra una prevalenza maschile con una quota pari al 63%. Il 9,5% dei minorenni collocati in strutture residenziali presenta una disabilità psicofisica o disturbi dell’attenzione e del linguaggio o una vulnerabilità socioculturale. Il 46,4% dei minorenni accolti in strutture residenziali ha tra 15 e 17 anni, il 18,7% tra 11 e 14 anni, il 15,2% tra 6 e 10 anni. Nella classe d’età 3-5 anni ricade il 9,8% dei minorenni mentre l’8,1% ha meno di 2 anni. Come nel caso dell’affidamento familiare, anche per i minorenni collocati in comunità residenziali nella maggior parte dei casi (74,3%) si segnala la presenza di un provvedimento di affido di tipo giudiziale.

La distribuzione territoriale dei tassi di accoglienza dei bambini e dei ragazzi allontanati dal nucleo familiare di origine (al netto dei Msna) e collocati nei servizi residenziali per minorenni evidenzia una certa eterogeneità regionale: si oscilla dai valori superiori al 3 per mille in Liguria (3,6) a valori di poco superiori all’1 per mille in Toscana e Abruzzo. Circa la metà dei minorenni è collocata in strutture presenti nel territorio di competenza e su base regionale: la percentuale più bassa si riscontra in Friuli-Venezia Giulia.

«Questo dato che merita un approfondimento anche di tipo qualitativo per discriminare tra situazioni determinate dalla mancanza di strutture nel territorio di riferimento, quindi con una collocazione fuori ambito o fuori regione potenzialmente produttrice di effetti negativi di sradicamento del minorenne dal suo tessuto di relazioni, da altre situazioni nelle quali, al contrario, tale effetto è necessario per allontanare il ragazzo o la ragazza da contesti pericolosi o illegali e quindi avviare in maggior sicurezza un progetto educativo di reinserimento sociale», scrive il report. In Friuli-Venezia Giulia c’è anche un’altra “anomalia”: il 27,5% dei minorenni collocati in struttura ha meno di 5 anni a fronte di un valore medio del 17,9%.

Le strutture

Al 31 dicembre 2022 sono 3.680 le strutture residenziali indicate, per un totale di 25.287 posti di accoglienza di cui circa 3.200 in pronta accoglienza. I tipi di servizio residenziale per minorenni più diffusi, sia in termini di numero di strutture che in termini di posti letto, sono la comunità socioeducativa che rappresenta poco meno del 30% delle strutture e quasi il 36% dei posti letto, e le comunità di tipo familiare (24,6% delle strutture, 21,3% dei posti letto). Tra i servizi mappati ci sono anche i servizi per l’accoglienza bambino/genitore (15,7% di strutture, 17,2% dei posti letto) nei quali sono ospiti minorenni insieme a un familiare, strutture sono molto presenti, con quote intorno al 30% dei servizi, in provincia di Bolzano, Piemonte e Calabria. In Toscana circa un terzo dei servizi residenziali per minorenni è rappresentato dagli alloggi ad alta autonomia.

Il Progetto educativo individuale è sempre o spesso predisposto dall’87% dei soggetti attuatori. In Sardegna e in Sicilia, però, il 20% dei servizi risponde di non predisporlo mai. Dai dati risulta che circa il 34% dei servizi sociali territoriali promuove progetti post-accoglienza.

Foto di Kostiantyn Li su Unsplash


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