Economia

Più di un supermercato: il ruolo delle cooperative di consumo nel contrasto delle disuguaglianze

Anche la cooperazione di consumo è chiamata in causa a favore della coesione sociale, ma il suo impegno deve andare oltre la fornitura di beni e rivolgersi al capitale umano, ispirandosi alle origini. Daniela Mori, presidente del Consiglio di sorveglianza di Unicoop Firenze, interviene nel dibattito lanciato Andrea Morniroli e Marisa Parmigiani su queste colonne su quale sia oggi il ruolo della cooperazione nella lotta contro le disuguaglianze.

di Daniela Mori

Un confronto di idee sul ruolo della cooperazione nel sostegno della coesione sociale è quanto mai opportuno e necessario e, a mio avviso, è auspicabile che il dibattito si apra anche ad altri attori, non necessariamente appartenenti al mondo della cooperazione, affinché sia più ampia la platea e la possibilità di essere ascoltati. In tempi dominati dall’incertezza, come quelli che stiamo vivendo, conviene trarre ispirazione dalle origini del mondo cooperativo, per restituire significato all’operato della cooperazione di consumo e far sì che torni a svolgere il ruolo di argine alle disuguaglianze, diventando promotrice di equità sociale, senza la quale viene meno anche la coesione.

Ritorno alle origini

A qualcuno potrà sembrare superfluo ricordare qui che la prima cooperativa in senso moderno, la Rochdale Pioneers Society, la Società dei Probi Pionieri di Rochdale, fu fondata nel 1844 da ventotto operai tessili e artigiani, che unirono i pochi denari che avevano risparmiato (circa una sterlina a testa) per aprire uno spaccio dove anche i più poveri potessero acquistare generi di prima necessità: farina, zucchero, qualche candela… Non solo un modo per garantire la sussistenza attraverso l’unione e l’aiuto reciproco, ma anche un primo, piccolo ma fondamentale passo verso un mondo meno iniquo.


A quasi 180 anni di distanza non possiamo non notare alcune analogie con la realtà odierna, caratterizzata da una crescita del divario di condizioni economiche, soprattutto, ma anche sociali e di accesso alla cultura. Il processo di riduzione delle disuguaglianze, avviatosi nel secondo dopoguerra, ha subito, anche nel mondo occidentale, più di una battuta di arresto e le cooperative di consumatori sono richiamate oggi a recuperare valori e funzioni trascurati nel tempo. “Soddisfare i bisogni senza forzare i consumi” è un vecchio slogan cooperativo degli anni Cinquanta che esplicita in maniera forte e chiara quale sia la direzione da prendere dalle cooperative di consumo, e cioè porsi come obiettivo non la ricerca del massimo profitto sollecitando gli acquisti, bensì un equilibrio fra l’efficienza economica e la capacità di intercettare e dare risposte alle necessità di soci e clienti che ad esse si rivolgono. Principalmente attraverso l’offerta di cibo di qualità a prezzi equi e convenienti, ma più in generale sostenendo il benessere dei propri consumatori, contribuendo così a porre le basi per la riduzione delle disuguaglianze e per rafforzare la tenuta sociale.

Intercettare i bisogni

La relazione con il territorio è una componente essenziale per intercettare le necessità e per intervenire sulle diseguaglianze. L’ascolto e la presenza devono essere attenti e costanti. Nel delineare le strategie commerciali non si può prescindere dalle istanze che arrivano dai luoghi a servizio dei quali opera la cooperativa: ascoltarle e tentare di soddisfarle significa mettere al centro del progetto “il capitale umano”, inteso come l’insieme delle persone che in un determinato territorio vivono e consumano facendo la spesa, ma anche quelle che forniscono, attraverso il loro lavoro, prodotti agricoli e beni alimentari.

Sostenere il circolo virtuoso che produce cibo e lavoro contribuisce a rafforzare un’unità di intenti e quindi una coesione che, a partire dalla soddisfazione dei bisogni, si ripercuote anche a livello sociale. Buone politiche rivolte all’occupazione interna alla cooperativa, ma anche delle realtà produttive che ad essa fanno riferimento, si riflettono positivamente sullo stato di salute dell’intera società.

Se a questo si aggiungono attività di promozione che favoriscano la fruizione di eventi culturali, iniziative che sostengano la lettura e più in generale la “cura” oltre che del corpo, anche della mente, il compito della cooperativa in ottica di riduzione delle disuguaglianze può dirsi assolto, grazie a una visione della società che parte dalle persone e contribuisce al benessere della collettività e alla sua coesione.

Chi è

Daniela Mori è nata a Empoli 61 anni fa. Dopo la laurea in Lettere si è avvicinata al mondo di Unicoop Firenze, interessandosi particolarmente della base sociale della cooperativa e diventando poi direttore dell’area soci. In seguito è stata presidente della Fondazione Il Cuore si scioglie e poi dal 2014 del Consiglio di sorveglianza di Unicoop Firenze. Quest’anno è stata riconfermata nel ruolo fino al 2026.

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