Molestie sul luogo di lavoro
Più di un milione di donne subisce molestie al lavoro. 80 aziende le aiutano a reagire
Battute sessiste che non fanno ridere, mani che si allungano dove non vorremmo. Il 9% delle lavoratrici ha subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul luogo di lavoro da parte di un collega, molto più speso di un superiore. La maggior parte di loro ha vissuto tutto in silenzio, meno dell’1% ha denunciato. Il Network di Fondazione Libellula, di cui fanno parte oltre 80 aziende, tra cui Barilla, Furla, Montenegro, Randstad e Zurich, sta sviluppando una serie di progetti per aiutare le donne a reagire
«Mi chiamo Elena, ho 45 anni, mi occupo di marketing e in ufficio ieri ho chiesto ad un mio collega di inviarmi un report e mi ha risposto: “Con quel tacco ti manderei qualunque cosa”». Oppure: «Sono Lucrezia, l’altro giorno in pausa pranzo bevevo una bibita in lattina, il mio responsabile mi ha detto «sei brava con la cannuccia!» E ha riso».
Queste sono solo alcune delle testimonianze raccolte da Fondazione Libellula, l’Impresa Sociale di Zeta Service nata nel febbraio 2020 con lo scopo di agire su un piano culturale per prevenire e contrastare la violenza e la discriminazione di genere.
Attraverso il Network Libellula, che ad oggi conta oltre 80 aziende, tra cui Barilla, Furla, Montenegro, Randstad e Zurich, la Fondazione agisce con attività dedicate a collaboratori e collaboratrici su stereotipi, molestie, empowerment e linguaggio inclusivo.
Più di un milione di lavoratrici subisce molestie al lavoro
Secondo un dato Istat del 2018 (non esistono di più aggiornati e già questo dice molto su quanta poca attenzione ci sia sul tema) sono 1 milione e 404 mila le donne tra 15 e 65 anni che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul luogo di lavoro da parte di un collega o di un superiore. Rappresentano quasi il 9% delle lavoratrici attuali o passate.
Il 7,5% delle donne ha subito un ricatto sessuale per ottenere un lavoro, per mantenerlo o per ottenere progressioni nella loro carriera.
L’abusante è molto spesso un individuo che ha un potere e che si sente “al sicuro” nelle sue funzioni.
Secondo l’Istat la maggior parte delle vittime ha taciuto e quasi nessuna ha avviato un procedimento giudiziario (meno dell’1%).
Come conseguenza, una donna su tre ha cambiato volontariamente lavoro o ha rinunciato alla carriera.
I dati di Fondazione Libellula
Le molestie sul lavoro sono un sommerso ancora spesso negato, normalizzato, non compreso», dichiara Debora Moretti, Presidente di Fondazione Libellula. «Le donne che le subiscono non sanno sempre come fronteggiare la situazione data la sua complessità. La formazione al riconoscimento è fondamentale, così come la creazione di una rete di alleati e alleate per intervenire sulle molestie e le micro-aggressioni quando si verificano».
Attraverso il Network Libellula, «offriamo inoltre sostegno alle donne in difficoltà con progetti di cura e ci rivolgiamo all’esterno con la diffusione di campagne dedicate e contenuti online», prosegue Moretti.
Una donna su due (anche senior)
Espressioni sessiste e stereotipate sono esperienza diffusa e spesso giustificate come battute. «Il 55% delle donne intervistate è stata oggetto – o ha sentito rivolgere ad altre donne – battute sessiste e volgari sul lavoro» rileva la Survey “L.E.I. Lavoro, Equità, Inclusione” (si scarica da qui).
Una donna su due si dichiara vittima di un’esperienza diretta di una o più forme di molestia e discriminazione sul lavoro.
«La situazione riguarda spesso anche donne con seniority elevata», si legge nel documento. Di queste oltre la metà (il 62%) sono donne tra i 45-60 anni, con un elevato livello di istruzione.
I commenti sul corpo
Il corpo delle donne, anche sul lavoro, è sessualizzato, commentato, osservato, diventa un oggetto di conversazione, dando in parte per scontato che ci sia una gratificazione in chi riceve un apprezzamento estetico.
Lo raccontano loro: «Io sono Lucia, ho appena iniziato un nuovo lavoro, durante la mia prima riunione ho chiesto “Posso sedermi qui”, indicando un posto libero. “Le donne belle come te possono sedersi dove vogliono”, mi ha risposto il responsabile, con un sorriso, ad alta voce, davanti a tutti. Ho fatto una smorfia, non ho avuto il coraggio di dire altro».
I confini personali non sono sempre rispettati e l’impatto sul benessere e la sicurezza psicologica delle donne che lo subiscono può essere rilevante.
«Sono Rebecca e non mi perdono che quando il mio capo ha provato baciarmi sono rimasta immobilizzata e non ho saputo dirgli che non doveva permettersi».
Spiega Laura: «ho lasciato il mio lavoro perché non sopportavo più che il collega di stanza, con la scusa del massaggio alle spalle, mi mettesse le mani addosso».
«La carriera della donna è spesso interpretata alla luce di altri fattori rispetto al merito o alla competenza, come quelli seduttivi». Il 68% sente/ha sentito circolare l’idea che una donna che fa carriera ha usato la leva della seduzione (di cui il 20% spesso).
«Il rapporto tra i generi, dentro e fuori l’organizzazione, risente ancora in modo significativo di stereotipi e visioni culturali limitanti che quotidianamente impattano sulle esperienze delle donne, sul modo in cui si parla loro e di loro, sulle relazioni e i rapporti tra i due generi e nel concreto sul loro tempo, denaro, motivazioni, scelte e carriere» ricorda la Presidente Debora Moretti.
Altri progetti
La Fondazione realizza inoltre progetti di cura per supportare economicamente le donne che escono da situazioni di violenza, promuovere il loro reinserimento lavorativo, aiutare il personale degli ospedali a riconoscere i segni della violenza domestica, diffondere consapevolezza e strumenti di prevenzione sul territorio sostenendo chi vive situazioni di vulnerabilità.
«Crediamo che le aziende, se opportunamente formate, possano diventare anche luogo di cura e prevenzione per aiutare quelle lavoratrici che sono in situazioni di violenza domestica», conclude la presidente.
Formazione per i sanitari, affinché riconoscano la violenza
Pochi giorni fa Fondazione Libellula e Fondazione Vodafone Italia hanno siglato un accordo di collaborazione per formare il personale socio-sanitario a riconoscere i segnali di violenza contro le donne.
Le prime regioni coinvolte sono Puglia, Campania, Lazio e Lombardia. Verrà attivata una vera e propria rete di intervento e protezione formata da organizzazioni, associazioni, enti e servizi del territorio. È prevista anche la creazione di un network tra gli ospedali dei territori interessati dal progetto per favorire lo scambio di best practice e il confronto su un fenomeno sociale di grande attualità.
Saranno coinvolti in particolare il Pronto Soccorso, i reparti di Ginecologia, Ostetricia, Traumatologia, Pediatria e Chirurgia Ortopedica. La formazione è a cura di Fondazione Libellula, a partire dal progetto di cura “Dai Segni ai Sogni” testato nel 2022 sul personale dell’ASST-Gaetano Pini-CTO di Milano e replicato in altre 6 edizioni nel territorio milanese.
Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, nel 2021 sono state 11.771 le donne che hanno effettuato un accesso in Pronto Soccorso con indicazione di violenza.
Del network fanno parte le seguenti aziende: Acinque; Aeffe; Alleanza Assicurazioni; AlterComm; Ametek; Andriani; Assimoco; Balluff; Banca Etica; Barilla; Bausch + Lomb; Blab; Bonduelle; CBRE; Cellularline; Coopervision; Decathlon; Discovery Italia; DLV BBDO; E.on; EISAI; Emerson; Equita; Esselunga; EssilorLuxottica; Este Etro; Euro Company; Flex; Forma Italiana; Furla; Garmin; Generali; Giuffré; Great Place to Work; Heineken; Hexagon; IED; International Paper; Iren; Irinox; Itacom; Italia Online; Lab Analysis Group; LATI; Lexis; Lombardini22; Lundbeck; Mane Italia; Mashfrog; Montenegro; Nomination; Nove Alpi; O-I Italy; Pallacanestro Crema; Palladio Group; Queesy; Progetto Quid; Randstad; Retail Capital Unyli; Rhenus; SGS Shell; SILC; SIT; Sodexo; Sopra Steria; Spirax; Stimulus; Talentia; TD Synnex; TI CON ZERO; Tim; Ubisoft; UNI; Unipol; Unyli; Verallia; Vodafone; Watts; Worldline; Zeta Service; Zurich.
Foto in apertura, Mohamed Assad su Pixabay
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