Famiglia

Più che case tecnologiche ai bambini servono famiglie in relazione

Dialogo con Alessandra Falconi, responsabile del Centro Alberto Manzi e del Centro Zaffiria: "L'arte e la creatività, coltivate tra le mura domestiche, possono certamente aiutare i bimbi a comprendere e a superare meglio questo momento, l’importante, però, è che anche l’adulto si lasci trascinare dal piacere di prendersi cura della propria fantasia"

di Laura Solieri

Quello che stiamo vivendo è un momento prezioso per stare in relazione con i bambini: li scopriamo anche diversi da come li abbiamo in mente. Sanno farci ridere, sanno chiederci una favola quando serve più a noi adulti che a loro. Lasciare quindi che possano esprimersi è fondamentale e possiamo aiutarli in tanti modi. Chissà, oggi, cosa si inventerebbero le brillanti menti di Bruno Munari e del maestro Alberto Manzi per affrontare non solo con i più piccoli ma anche con i grandi questo periodo… Ne abbiamo parlato con Alessandra Falconi, responsabile del Centro Alberto Manzi e del Centro Zaffiria, esperta di educazione ai media, che con RaiScuola ha curato il ciclo di trasmissioni “Alberto Manzi. L'attualità di un maestro” e per Rizzoli ha curato “Arte e immagine” per la scuola primaria (Sorridoimparo).

«Sarebbe davvero bello sapere cosa farebbero Munari e Manzi, forse è più facile dire cosa non avrebbero fatto. Se dovessi scegliere una cosa, penso che li avrebbero fatti sorridere. Con oggetti, idee, frasi, sguardi si sarebbero riagganciati a una dimensione profonda (di cui il bambino non ha paura quasi mai) che spesso ha bisogno solo di leggerezza (ma non di superficialità). Ci avrebbero aiutato a dare senso a piccoli attimi: non è il momento di 4 o 6 ore di scuola o di un atelier di due ore… Ora è tempo di saper trovare una poesia in una foglia arrivata sul terrazzo, di coltivare lo stupore su cosa c’è dentro un mandarino. O forse nella prima fragola: quante storie avrà da raccontarci tra colori e geografie?».

A sua figlia Amanda, Alessandra ha scelto di spiegare con precisione cosa sta accadendo, cercando di tenere insieme la dimensione macro (il mondo che fa i conti con il virus) con la micro, la quotidianità, la famiglia. «Le ho detto che sarebbe stato normale avere momenti di tristezza, ansia, nostalgia, paura. Che li avevo anche io. E che ogni giorno avremmo tenuto con noi qualcosa di bello, più di prima. Noi balliamo lo Zecchino d’oro tutte le sere».

Le realtà per cui lavora Alessandra, in questo tempo di Coronavirus, stanno cercando di mettere a disposizione tutto quello che si può usare a distanza, tutto quello che può ispirare insegnanti o genitori.

«Il bisogno che sento più forte per me, è dare una mano alle maestre a fare una scuola che non sia solo erogazione di spiegazioni su una piattaforma – spiega Falconi, che progetta libri, giocattoli e materiale didattico in collaborazione con la Casa Editrice Erickson e con il marchio Italiantoy e ha formato insegnanti e educatori in Giappone, Korea, Senegal e Europa – Abbiamo proposto un primo percorso sull’uovo (che nel frigorifero un uovo c’è di sicuro), sulle nuvole (che dalla finestra pure le vedi)… Piccole cose che permettano di nutrire la voglia dei bambini di conoscere il mondo, di sentire che lo possono capire. Anche quando, come ora, è completamente sconvolto».

L'arte e la creatività, coltivate tra le mura domestiche, possono certamente aiutare i bimbi a comprendere e a superare meglio questo momento, l’importante, come sottolinea , è che anche l’adulto si lasci trascinare dal piacere che il creare un’immaginare regala: in questo momento, prendersi cura della propria fantasia è una medicina potente, tenere aperti tutti i canali di comunicazione, non solo quello verbale, ma anche lavorando sulle immagini è necessario. L’arte è gioco e progetto, e ora abbiamo bisogno di entrambi, tutti.

La scuola, la casa, il giardino: oggi, i bambini, vivono questi loro universi in maniera molto diversa, soprattutto, ovviamente, la casa… «Purtroppo ci sono tanti modi di viverle, forse farne un catalogo ideale ci metterebbe davanti alle nostre tanta fatiche di adulti – sostiene Falconi – Ci sono case splendide ma magari bambini consolati da tanta tecnologia e poca relazione così come ci sono case umili e strette, piene di bambini che si svegliano con il profumo del pane. Ci sono bambini in montagna che ancora possono arrampicarsi su un albero ma senza l’amico del cuore, ci sono bambini che hanno gesti autolesionistici perché sta diventando troppo dura. Ora occorre rimetterli al centro delle tutele: è fondamentale che il prossimo decreto parli di loro. Ogni sindaco conosce la sua realtà e sa che ci sono boccate d’ossigeno possibili, ma con regole scrupolose e forse all’inizio con qualche sorveglianza in più. Immaginate un bambino con davanti il mare: potrà non correre? Penso che il Terzo settore ora possa giocare un ruolo fondamentale». A Rimini, ad esempio, le famiglie con bambini autistici hanno trovato una bella soluzione grazie alla vicesindaco e alla disponibilità di una parrocchia.

«L’affetto che ho sentito in questo momento mi ha profondamente commosso. Veramente l’Italia manca al mondo: siamo comunque un simbolo di solarità, energia, creatività, anche bellezza (ho dato improbabili consulenze sui vestiti alle colleghe di mezzo mondo!) – conclude lFalconi, che per lavoro è in contatto con numerosi, altri, Paesi – Una maestra giapponese mi ha scritto che vedere me tra i bambini è per lei come sentire il vento tra i bambù; un maestro senegalese mi ha promesso che presto ricuciremo i due cieli che il virus ha separato. Le lingue hanno modi bellissimi di consolare e dare forza. Ho preparato una formazione anche per insegnanti senegalesi di scuola primaria, per la piattaforma del Ministero dell’educazione nazionale: avevamo cominciato un progetto bellissimo e saperli ora in pericolo è qualcosa cui penso tutti i giorni. In aprile avremmo dovuto allestire una biblioteca e fare una ricerca sulla geometria di un’ala di farfalla. Vedere chiudere gli spazi aerei, per me, è stato traumatico: prendo tanti aerei, in aeroporto riesco spesso a immaginare cose nuove più che in altri luoghi, quando sento l’attimo preciso in cui ci stacchiamo da terra, nel decollo, ogni volta sento un profondo sollievo. Volo e sto con le nuvole…»

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