Non profit

Più aiuti, più sprechi?

Un dossier esplosivo mette sotto accusa Paesi e istituzioni e indica una soluzione drastica: diamo i soldi solo a chi attua le riforme democratiche e economiche

di Paul Ricard

Ma quanti sprechi negli aiuti al Terzo mondo. La denuncia viene dalla Banca Mondiale, che ha realizzato un dossier esplosivo. Tanto esplosivo che la sua diffusione è stata rinviata più volte. Finché in novembre, finalmente, il rapporto Assessing Aid (?Valutare l?aiuto?) è stato reso pubblico. Ma cosa hanno scoperto di così rivoluzionario gli economisti della Banca mondiale? La tesi dello studio si può brutalmente sintetizzare così: l?attuale politica di aiuto ai Paesi in via di sviluppo (Pvs) fa più danno che utile, e i Paesi industrializzati e le istituzioni internazionali devono del tutto rivederla. Come? Per esempio cessando di foraggiare i Paesi che non avviano un minimo di riforme, e dando i soldi solo a chi le attua. Lo studio fu commissionato nel 1995, per verificare i dubbi di tanti Paesi ricchi che stavano diminuendo i loro contributi ai Pvs, ritenendo di stare gettando soldi in un pozzo senza fondo (dal 1991 al 1997 gli aiuti sono effettivamente diminuiti da 75 a 45 miliardi di dollari). In due anni sono state analizzate le crescite di 113 Paesi, senza che emergessero apparenti relazioni quantitative con gli aiuti ricevuti. A sorpresa, è invece risultato che l?aiuto economico stimola la crescita solo allorché il Paese ricevente segue una ?buona? politica economica, stabilendo uno Stato di diritto, aprendosi ai commerci internazionali, tenendo sotto controllo l?inflazione. Se così non è, l?aiuto addirittura aggrava la situazione, non incoraggia l?iniziativa privata ma si sostituisce a essa, paralizza le volontà riformatrici. Sulla pagella dei ?buoni? si possono iscrivere la Corea del Sud di trent?anni fa, o la Bolivia e il Ghana di dieci anni fa. Su quella dei ?cattivi? finiscono ad esempio il Congo ex Zaire («gli aiuti hanno incoraggiato l?incompetenza e la corruzione») e la Tanzania («un colossale piano ventennale di aiuti per 20 miliardi di dollari doveva servire a costruire nuove strade, e invece si sono rovinate anche le strade che c?erano già»). Purtroppo, sottolinea la Banca mondiale, i Paesi ricchi aiutano soprattutto i Paesi con una mediocre politica economica. Quando poi un Paese migliora la sua politica, l?aiuto accordato diminuisce bruscamente. È questa la linea del Fondo monetario, che condiziona l?elargizione di prestiti all?attuazione di una certa politica, sblocca i crediti a poco a poco, e infine lascia che il Paese se la sbrogli da solo. Il fatto è, precisa l?economista Shanta Devarajan della Banca mondiale, che si tratta di un falso contratto: «Si sa a priori che nessuno oserà riprendersi i soldi indietro: questo lo sa sia chi finanzia sia chi riceve gli aiuti». Che fare, dunque? Il rapporto propone di rovesciare la logica degli aiuti: neppure un soldo a chi non attua riforme, aiuti consistenti a chi si mette sulla retta via. Niente al Mozambico, dunque, e molto all?Uganda. «Ora 10 miliardi di dollari fanno diminuire la povertà di 25 milioni di persone», annota il rapporto. «Ma con la stessa cifra si può migliorare la situazione di 25 milioni di uomini». E tanto per togliere ogni illusione, il rapporto attacca anchela logica dei ?progetti? specifici. Un aiuto mirato all?agricoltura in realtà viene di solito utilizzato, almeno al 90 per cento, per ridurre il deficit statale. Se poi l?aiuto è estremamente mirato e seguito sul posto da tecnici occidentali, può impedire lo sviluppo di professionalità locali, fino a essere addirittura controproduttivo. Meglio piuttosto un aiuto generale concesso al Paese, magari rafforzato da idee e know-how occidentali. Meditate, governi, meditate…


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