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Pirata

La bandana non bastava per fare di Marco un vero pirata. Lui era solo un ragazzo con un fisico eccezionale. I pirati erano gli altri...

di Alter Ego

Ci fu un tempo in cui il pirata era una figura leggendaria, che incuteva paura e fascino. Era un criminale, il pirata. Eppure aveva le sue regole e soprattutto un?etica. Quella del mare. Il pirata si poteva discutere così come si poteva detestare la pirateria. Entrambi erano reali, però, vivi, veri. Un pirata non si sarebbe mai presentato per quello che non era, né avrebbe rinunciato mai a quello che era. Più che una scelta, la sua era una necessità. Per questo il pirata rifulgeva nell?immaginario occidentale (sociale, letterario e religioso) come un soggetto deprecabile ma degno d?onore. Un personaggio essenziale per capire la storia socioeconomica dell?Occidente e l?accumularsi delle sue fortune statali e private.
Sembra che Marco Pantani fu ribattezzato il pirata per la bandana, che in verità lo faceva somigliare più a un discotecaro di Riccione che a Henry Morgan. Ma poi divenne il pirata per le doti fisiche di scalatore, le capacità atletiche di scattista, il coraggio e la spontanea, prodiga, gratuita generosità, che ricordavano quelle indispensabili ai tristi, crudeli eroi in corsa per gli oceani tra il Seicento e il Settecento.
In realtà l?equivoco era evidente. Pantani non era un pirata, ma una vittima. Un giovane come tanti, fisicamente più forte di tanti, ma non abbastanza da vivere in un mondo che della sportività, della lealtà, delle regole, dell?etica si fa una maschera. Sotto alla quale vivono i vermi della corruzione, dell?ipocrisia, dell?illegalità, delle scommesse, forse persino delle cavie per gli esperimenti farmaceutici.
Ciao Marco, anche da chi non ti seguiva. Ma aveva capito subito che il pirata non eri tu, erano gli altri. Pirati e pure senza codice.

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