Non profit

Piovono Euro sul cielo d’Irlanda

L'Unione e le banche decidono un piano da 90 miliardi

di Franco Bomprezzi

La settimana si apre con le preoccupazioni per le sorti dell’economia europea, dopo la crisi irlandese. Ampio spazio sui giornali del lunedì alla decisione dei ministri dell’Unione di stanziare 80-90 miliardi in tre anni.

“Il piano per salvare l’Irlanda” titola il CORRIERE DELLA SERA in prima pagina. Via libera dai ministri dell’Unione Europea al salvataggio dell’Irlanda con un piano da 80-90 miliardi di euro al quale parteciperanno anche Inghilterra, Svezia e il Fondo monetario internazionale. Il sì dopo la decisione di Dublino di impegnarsi in una dura manovra antideficit. Servizi alle pagine 10 e 11, commento in prima di Marcello Messori: “Mossa giusta anche se tardiva”, e, sempre in prima, l’analisi di Paolo Valentino: “Mr. Obama, gli europei e i resti di un’alleanza”. Da Bruxelles racconta tutto Luigi Offeddu: “Ora la palla torna a Dublino, che dovrà a sua volta approvare in dettaglio le misure che Bruxelles ha proposto in una domenica sera dai momenti a tratti drammatici. «Fate in fretta», aveva detto il ministro delle finanze Brian Lenihan ai suoi colleghi di governo. E questi, almeno ieri, lo hanno ascoltato. Dublino ottiene – almeno così pare dalle prime indiscrezioni – di non aumentare la sua imposta sulle imprese, al 12,5%, considerata da altri Paesi come una misura di concorrenza sleale (in Francia la stessa aliquota è al 34%, in Spagna e in Germania al 30%, e solo in Bulgaria e Cipro al 10%). Resta anche nel vago, ma non poteva essere diversamente, come e quando gli aiuti promessi potranno riguardare anche le disastrate banche irlandesi, per metà nazionalizzate e accusate da molti di aver contribuito in modo decisivo alla crisi: ci penserà il governo, e già oggi la Bce – in un suo primo commento – si augura significativamente che l’intervento europeo serva «a stabilizzare il sistema bancario irlandese»”. Questo il commento di Marcello Messori: “La prima ragione di ottimismo è che, nonostante le debolezze delle istituzioni europee e gli errori politici di percorso, alla venticinquesima ora i Paesi europei leader e le istituzioni internazionali riescono a individuare ragionevoli vie di uscita con i governi al centro delle crisi. Il secondo elemento positivo è che, seppure in forme erratiche e farraginose, queste vie di uscita fanno segnare qualche progresso rispetto alla costruzione dei due strumenti indispensabili a una soluzione più strutturale delle crisi interne all’Unione monetaria europea: un suo più forte coordinamento fiscale e una maggiore integrazione della sua vigilanza finanziaria. Questi due elementi di relativo ottimismo non possono però cancellare un dato sistematico: le soluzioni europee sono tardive e seguono percorsi laceranti”. 

LA REPUBBLICA apre sugli esteri: “Irlanda, arriva il salvataggio Ue” e nel sommario riferisce: “Piano da 90 miliardi per evitare il crac. «Lo facciamo per l’euro»”. Dopo una maratona di negoziati, riferisce Enrico Franceschini, si è arrivati alla decisione che il primo ministro irlandese, Brian Cowen, ha annunciato al suo paese in diretta tv: «Abbiamo richiesto l’aiuto di Unione europea e Fondo monetario internazionale, abbiamo ricevuto una riposta positiva. L’accordo porterà a una ristrutturazione delle banche e alla riduzione del deficit. Salveremo il Paese, ricostruiremo il nostro futuro». Un accordo importante (che di fatto mette in sicurezza l’euro, o cerca) sul quale pesano ancora varie incognite. Anzitutto l’opposizione e i sindacati irlandesi che chiedono le dimissioni del governo «incompetente». Anche la piazza rumoreggia. «Avete mentito, ci avete tradito per il bene dell’Irlanda andatevene ora» ha scritto il Sunday Independent. Quanto alla manovra pare che il governo avrebbe l’intenzione di alzare l’Iva senza toccare le tasse alle imprese. La decisione di salvare l’Irlanda, presa anche dalla Germania senza i tentennamenti mostrati di fronte alla Grecia, si spiega con il coinvolgimento delle banche tedesche che, riferisce Andrea Tarquini, sono molto esposte. La Deutscke Bank e gli altri maggiori istituti di credito hanno concesso all’Irlanda 101 miliardi di credito (40 alle banche dell’Eire, il resto alle imprese). «Le banche vogliono che l’emergenza sia superata, anche per tornare a poter guadagnare tranquille nell’eurozona dove con un salvataggio di Dublino le prospettive di buoni affari migliorerebbero automaticamente» dice Hans Werner Sinn, direttore dell’Istituto Ifo. «Tanto peggio se aiuti e garanzie saranno poi pagate dai contribuenti europei» conclude Tarquini. Quanto allo specifico del problema irlandese, il punto lo fa Andrea Bonanni: “Eurolandia prova a salvare se stessa ma resta nel mirino della speculazione”. Con un deficit arrivato al 32% del Pil e un sistema bancario ridotto alla canna del gas, come farà il governo ad aggiustare i conti? «Brian Cowen si appresta a presentare un piano di austerità quadriennale che dovrebbe tagliare il 15% del Pil sul fronte della spesa pubblica… Ciò equivale in pratica a smantellare lo stato sociale per salvare le banche e per non voler toccare la fiscalità delle imprese». Quanto all’Europa, il fondo di stabilizzazione varato dopo il caso Grecia sarà “battezzato” con l’Irlanda, «ma il problema è che l’idea stessa del Fondo, di per se stessa e come tutte le operazioni finanziarie, è una scommessa, per quanto basata su fondamenta assai solide». Di fatto però non ha saputo contrastare a sufficiente la speculazione.

«Per l’Irlanda quella appena trascorsa è la settimana più nera dai tempi della guerra civile», inizia così l’articolo con cui IL GIORNALE apre la pagina esteri e che riporta le parole di Eamon Gilmore, il leader del partito laburista britannico dell’Opposizione rispetto al governo guidato dal Fianca Fal (soldati del destino, in gaelico)». Lo scenario è  questo: «governo in bilico, con una maggioranza di appena tre parlamentari e  il principale partito di opposizione che minaccia di votare contro la finanziaria 2011. E poi c’è la rabbia della gente contro il governo che ha nascosto i problemi  fino all’appello  del ministro delle finanze che ha chiesto di accedere al programma di aiuto Ue e Fmi. IL GIORNALE dà voce all’economista Giacomo Vaciago, secondo cui l’intervento della Ue dovrebbe essere immediato. «Il governo irlandese ha già perso troppo tempo. Questo modo di agire è inaccettabile perché moltiplica l’effetto contagio. Se gli spread dei titoli italiani hanno continuato a aumentare la colpa  è dell’Irlanda non certo di Silvio Berlusconi». Secondo i media irlandesi il piano salva Irlanda dovrebbe prevedere  un taglio di circa 20mila dipendenti del settore pubblico, l’introduzione di una tassa sull’acqua, nuove tasse sulle case,  e il taglio dei salari minimi che sono i più alti d’Europa dopo il Lussemburgo».

“Cura forte per i paesi deboli” questo il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE. «Quattro paesi deboli, quattro crisi diverse, quattro differenti cure forti per riportare i conti pubblici sotto controllo. Per i mercati, nella classifica sul rischio-debito, la maglia nera spetta ancora alla Grecia: lo stato ha perso credibilità perché ha più volte detto il falso sui suoi bilanci. A debita distanza – più lontana di quanto gli allarmi attuali potrebbero far pensare – segue l’Irlanda, che può contare ancora su un motore economico competitivo. Terzo il Portogallo, che sconta anche le incertezze sulla tenuta del governo di minoranza guidato dai socialisti, mentre la Spagna viene al momento considerata più solida perché meno esposta con l’estero. Il futuro andamento dei rating sovrani di questi quattro sorvegliati speciali dipenderà anche da quanto le finanziarie messe in campo dai rispettivi governi sapranno convincere gli investitori. Dai 6 miliardi di tagli decisi da Dublino agli ingenti risparmi su pensioni e sanità imposti da Lisbona. E se la Spagna deve ridurre gli stipendi pubblici, la Grecia è costretta ad alzare da 8 a 14 miliardi i sacrifici richiesti ai suoi cittadini». Nicol Degli Innocenti firma, a pagina 2, “A Dublino obbligati all’austerità”. «Con una mossa inusuale, il ministro delle Finanze, Brian Lenihan, ha avvertito con un mese d’anticipo che la finanziaria di dicembre comporterà tagli per 6 miliardi di euro, il doppio di quanto il governo aveva previsto, nel tentativo di placare i mercati riducendo il deficit dall’attuale 32% a meno del 10% del Pil. Lenihan ha fatto capire che questa volta niente e nessuno verrà risparmiato dalla scure, che cadrà con particolare brutalità su sanità, assistenza sociale e istruzione pubblica». L’austerità non è facoltativa. «“Le misure in arrivo colpiranno tutti, ma questo è l’unico modo per garantire futuro benessere al paese” ha detto Lenihan. Le cifre ufficiali parlano chiaro: entrate previste di 35 miliardi e spese previste di 54 miliardi, con un “buco” di 19 miliardi, pari a 4.200 euro per ogni singolo abitante, bambini compresi».

Ci sono 14 mila persone disposte a seguire il consiglio di Eric Cantona, ex attaccante del Manchester United: boicottare le banche. La crisi dell’Irlanda ha acceso un riflettore sugli istituti di credito che «hanno minato le fondamenta finanziarie» degli Stati, come dice in un’intervista oggi su LA STAMPA l’economista Jacques Attali. Il quotidiano di Torino pubblica un primo piano sulla crisi irlandese: «A differenza della Grecia soccorsa con 110 miliardi» si legge nell’apertura del servizio «il dissesto dell’Irlanda proviene per intero delle banche, rivelatesi “troppo grandi per essere salvate”». Le tre banche maggiori, Bank of Ireland, Aib, Anglo Irish, già nazionalizzate in tutto o in parte, sono state dichiarate in vendita senza risultati; si parla di operazioni sulle tre che seguono per importanza, Ulster Banck, Ebs, Irish Life & Permanent. Tutte hanno bisogno di essere ricapitalizzate. Secondo Attali c’è solo un modo per uscire dalla crisi: l’Irlanda deve rinunciare a essere un paradiso fiscale. Bisogna inoltre «federalizzare i bilanci europei, istituire un’agenzia Ue del Tesoro ed emettere eurobond per finanziare le azioni comuni». LA STAMPA riserva un riquadro al popolarissimo calciatore francese Cantona, che in un’intervista ha detto che le proteste di piazza, come quella dei pensionati e studenti in Francia contro le riforme di Sarkozy sono inefficaci: «Invece di andare in piazza andate in banca e ritirate i vostri soldi. Tutti. Di punto in bianco». Catapultata su YouTube l’intervista è diventata subito oggetto di culto, con 44  mila persone che l’hanno cliccata in poche ore, il sito Bankrun2010.com, che ha lanciato il video l’ha accompagnato con uno slogan ossessivo: “Siamo noi che controlliamo le banche, non viceversa”.

E inoltre sui giornali di oggi:

5 PER MILLE
LA REPUBBLICA – A pagina 4: “Rivolta contro i tagli al 5 per mille «Il volontariato rischia la paralisi»”. Il quotidiano diretto da Ezio Mauro fa il punto sulla battaglia indetta dalle associazioni (e riferisce, senza menzionare Vita, tutte le dichiarazioni rilasciate a Vita.it) e sottolinea la gravità della situazione. Percepita con chiarezza da Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera: «Troveremo i soldi anche a costo di decidere quali sono le proprità che abbiamo di fronte…. Lo stesso ministro Tremonti è molto sensibile al tema e ci ha assicurato che la copertura per il 2011 ci sarà. Ora la vera battaglia è per giungere alla stabilizzazione del 5 per mille».

CONTRIBUENTI
ITALIA OGGI – Il quotidiano dei professionisti apre con il bilancio dei primi dieci anni dello Statuto dei diritti del contribuente. Un decennale per il quale c’è poco da celebrare. In 10 anni, fa risaltare il pezzo “Il contribuente tradito” in prima pagina, i buoni propositi della legge sono stati traditi 400 volte. «La legge 212 del 2000 si è rilevata una vera e propria beffa per il contribuente» scrive ITALIA OGGI. «Il legislatore infatti, dopo aver fatto il notevole sforzo di mettere nero su bianco i principi sacrosanti che dovrebbe disciplinare un corretto rapporto tra chi paga le tasse e chi le incassa, ha continuato a fare come se niente fosse. Lo dimostra il numero esagerato di violazioni alle regole delle Statuto: quattrocento sfregi alle regole di correttezza tributaria; più di un tradimento a settimana delle legittime aspettative dei contribuenti». Oltre il pezzo in prima, il quotidiano dei professionisti approfondisce in modo tecnico e specifico il quadro completo delle deroghe e delle violazioni delle norme a garanzia del contribuente nella sezione Primo Piano e pag. 4 e 5.

AMBIENTE
LA STAMPA – “Nelle reti illegali l’oro dei pirati”. In un primo piano LA STAMPA riporta i dati e le accuse di Lav, Legambiente e Marevivo, le tre associazioni ambientaliste che hanno lanciato l’allarme sulla pesca illegale. E’ «un mare senza regole», quello italiano (il nostro Paese dovrà restituire 7,7 milioni di fondi europei per la riconversione delle spadare che però continuano a essere utilizzate, così come altre tecniche usate dalla pesca industriale che devastano la vita marina catturando anche specie protette). A livello mondiale la pesca illegale è un affare che vale 10 miliardi di euro. Se eliminato nel nostro Paese ci sarebbe qualche migliaio di posti di lavoro in più e si salverebbe il mare dallo sfruttamento selvaggio.

RINNOVABILI
IL SOLE 24 ORE – Micaela Cappellini a pagina 23 propone “Nuova energia dall’Asia all’Africa”. «C’è la Turchia, dove sono state appena assegnate le licenze a 16 progetti per lo sfruttamento dell’energia eolica: un totale di mille Megawatt di potenza installata e di circa 2,5 miliardi di lire turche di investimento. Soltanto sul fronte del vento, altri 20mila Megawatt verranno assegnati nel 2011. C’è l’India, dove il governo dovrebbe mettere a disposizione circa 227 milioni di dollari di risorse per lo sviluppo del fotovoltaico. E dove, entro il 2012, New Delhi rilascerà licenze per campi fotovoltaici per un totale di 1 Gigawatt di potenza installata: a grandi linee, un affare che si aggira intorno al miliardo di euro. Ci sono gli Emirati arabi uniti, che dopo la leadership petrolifera si vogliono candidare a vetrina del mondo delle rinnovabili ed entro il 2020-2025 realizzeranno la prima città interamente fondata sulle energie alternative alle porte di Abu Dhabi. Alle spalle della maxi-operazione c’è Masdar, la “future energy company” creata dal governo emiratino, che in dote le ha consegnato uno stanziamento iniziale di 15 miliardi di dollari. C’è il Brasile, patria del bioetanolo: ha appena chiuso un’asta da 5,5 miliardi di dollari per contratti multipli nel settore delle biomasse, dell’eolico e dell’idroelettrico, ma una nuova gara è in arrivo per il mese di dicembre. Naturalmente c’è Desertec, il maxiprogetto per creare centrali a energia pulita nell’Africa settentrionale. E poi c’è la solita Pechino dei record: 5mila miliardi di yuan – 753 miliardi di dollari – di sostegno alle fonti alternative di energia per i prossimi dieci». Un elenco di paesi che ci fa sorridere. Perchè? A breve ci sarà il «vertice internazionale di Cancun del 29 novembre, dove si discuterà di riduzione delle emissioni inquinanti». E dunque, sottolinea Cappellini «benvenuti al luna park delle rinnovabili nei paesi emergenti. Dove il business si fa miliardario e dove le tecnologie made in Italy possono giocare la parte del leone: secondo Siemens, sono le quarte migliori al mondo dietro a Usa, Giappone e il competitor di sempre, la Germania, quello dietro casa». 

DALAI LAMA
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 16 servizio di Marco Del Corona da Pechino: “Il Dalai Lama vuole lasciare «Potrei andare in pensione»”. Una pagina dedicata a Tenzin Gyatso: “Credo che mi ritirerò fra sei mesi”. Lo ha rivelato lui stesso a New Delhi. Intervistato in un programma della tv indiana Cnn-Ibn, il Dalai Lama, che ha 76 anni, ha detto che una decisione definitiva sarà presa solo dopo consultazioni con i dirigenti politici del movimento e con il Parlamento in esilio. La guida spirituale dei tibetani e Premio Nobel per la Pace vive in esilio in India dal 1959.


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