Economia
Pioggia di emendamenti sulla riforma Terzo settore: sono 700
Ieri scadeva il termine per la presentazione dei testi degli emendamenti in Commissione Affari Costituzionali. Vita.it è in grado di anticipare alcune modifiche richieste dal relatore Stefano Lepri che sembrano contraddire il senso della legge. Che farà adesso il Governo?
di Redazione
Erano stati 430 gli emendamenti alla riforma del Terzo settore presentati alla Camera dei deputati, sono oltre il 60% in più quelli consegnati entro le 13 di ieri agli uffici della Commissione Affari Costituzionali del Senato.
Fonti interne a Palazzo Chigi parlano infatti di circa 700 emendamenti (90 dei quali firmati Sel, «gran parte di essi sono il frutto di un confronto portato avanti in questi mesi da Sel con il Forum del Terzo Settore e tante realtà del mondo dell'associazionismo, del volontariato, della cooperazione sociale del nostro Paese», dichiara la senatrice Alessia Petraglia).
Il Governo darà attenzione alla riforma del Terzo settore: l'Italia la fanno ogni giorno centinaia di migliaia di persone per bene, che vanno lasciate libere di agire
Matteo Renzi, Meeting di Rimini – 25 agosto 2015
Da quanto si apprende nessuno dei 700 emendamenti sarebbe controfirmato dal Governo, che – da prassi – si lascia libere le mani per intervenire in corso d’opera durante l’iter. Il fascicolo sarà probabilmente reso pubblico entro la fine settimana. Vita.it ha avuto modo di leggere due emendamenti all’articolo 6 (quello dell’impresa sociale) firmati dal relatore Stefano Lepri (in foto).
Nel primo si chiede di definire «l’impresa sociale quale ente di Terzo settore, ai sensi all’articolo 1 comma 1 e dell’articolo 4, che svolge attività imprenditoriale», modificando così la precedente definizione che non faceva riferimento al perimetro del Terzo settore.
Nel secondo passaggio Lepri chiede di non ammettere alla «remunerazione di capitale e ripartizione degli utili le forme giuridiche per le quali tale facoltà è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualificazione di impresa sociale». Ad una prima lettura sembrerebbe una semplice precisazione, in realtà significherebbe ammettere al banco delle nuove imprese sociali sostanzialmente solo le cooperative sociali e le srl (e al limite le spa), perché, deve essere stato il ragionamento del relatore, non si comprende che interesse potrebbero avere organizzazioni di volontariato e aps nel generare un’impresa sociale incapace di attrarre investimenti. Srl e Spa, però, in virtù del primo emendamento Lepri, sarebbero inquadrate come enti del Terzo settore. Insomma un gran pastrocchio, che non solo cancella un passaggio importante come quello che sottolineava che “in ogni caso la prevalente destinazione degli utili deve essere riservata al conseguimento degli obiettivi sociali”, ma pare andare esattamente nella direzione opposta rispetto a quell'intenzione tanto sbandierata da Renzi di fare del Terzo settore, il primo e di creare uno spazio di operatività all’economia civile di questo Paese (secondo le più accreditate stime sono 80mila gli enti del non profit produttivo con potenzialità da impresa sociale).
Vedremo ora cosa deciderà il Governo.
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