Cultura
Pietro Pinna contro ogni guerra
Pietro Pinna è stato il primo obiettore di coscienza italiano. Ha pagato questa sua scelta anche con il carcere. Oggi ha 75 anni.
Il suo rifiuto alla guerra è ancora assoluto, testardo, appassionato. Le sue parole hanno conservato la lucidità e la freschezza di tanto tempo fa, quando, a soli vent?anni, divenne il primo vero ?caso? di obiezione di coscienza in Italia. Pietro Pinna, il primo obiettore, oggi ha 75 anni. Nonostante da qualche tempo abbia scelto la solitudine e la lontananza da ogni movimento pubblico, ha accettato di parlare ancora. In favore della pace.
Vita: Quest?anno si festeggiano trent?anni di obiezione di coscienza in Italia, dopo l?approvazione della prima legge del 1972. Per lei che è stato il primo, che significato ha l?obiezione alle armi?
Pinna: Il mio è stato il primo caso con il quale il problema dell?obiezione di coscienza è entrato nell?opinione pubblica italiana. Prima, i soli casi noti erano quelli dei testimoni di Geova. La loro obiezione però aveva una dimensione solo personale e religiosa, escludevano di farne una questione politica. Io invece impostai la mia obiezione come gesto pubblico. Obiezione di coscienza significa ripudio assoluto della guerra. Intende? Assoluto. Significa di ogni guerra e fatta da chiunque e per qualsiasi ragione. Si tratti anche dei valori più nobili. Per nessuna ragione l?obiettore di coscienza intende tenere in piedi la realtà della guerra.
Vita: Quindi nemmeno le guerre preventive di oggi?
Pinna: Eh, se mi comincia a mettere degli aggettivi siamo fritti. Scriva la definizione che le ho detto: «ogni guerra», «fatta da chiunque per qualsiasi ragione». E aggiunga: «combattuta con qualsiasi arma». Prendiamo le bombe a tappeto, quelle sono legittime no? Non vengono considerate armi di distruzione di massa, anche se usate comportano la morte di centinaia di migliaia di persone, come è accaduto durante la seconda guerra mondiale a Dresda, Monaco, Tokyo. E anche oggi: le armi di distruzione di massa che si suppone abbia Saddam sono da condannare, mentre le altre no, sono benedette da Dio e dalla Costituzione americana. Il rifiuto assoluto della guerra implica il disarmo u-ni-la-te-ra-le. Il rifiuto non solo delle armi nucleari o di distruzione di massa, ma di tutte le armi. Anche delle frecce e delle cerbottane. Dunque, riscrivo la formula: disarmo unilaterale, integrale, immediato. Cioè a partire da qui e subito. Non domani, perché il domani non esiste. Noi viviamo solo nel presente, no? E poi unilaterale. Perché attendendo il disarmo multilaterale, cioè concordato, abbiamo avuto una prima guerra mondiale, una seconda e ne stiamo preparando una terza. Più tutta una serie di guerre locali che ci cadono dalle tasche come tanti spiccioli da un buco nei pantaloni. Se ripudiamo la guerra, come sta scritto nella nostra Costituzione, dobbiamo ripudiarne lo strumento principale, cioè l?esercito. Questo è il senso e la portata dell?obiezione di coscienza.
Vita: In che clima maturò la sua scelta di obiezione?
Pinna: La mia scelta nacque in una condizione di assoluta ignoranza. Io stesso non usai il termine di obiezione di coscienza, perché non lo conoscevo. Nacque da ragioni morali, religiose e politiche. Questo è quanto dichiarai in seguito per motivare la mia decisione. Una volta che si cominciò a comprendere cosa significasse ?obiezione di coscienza?, ci fu all?inizio irrisione, poi rifiuto, quindi disprezzo e solo dopo almeno un ventennio si diffuse una certa considerazione.
Vita: Come reagì la sua famiglia?
Pinna: In un certo senso fui fortunato. I miei genitori erano illetterati. Mio padre veniva da una famiglia di braccianti, mia madre era analfabeta. Non opposero delle ragioni. Sapevano che mi ero comportato onestamente fino ad allora e mi diedero fiducia anche in questa scelta.
Vita: Da quali incontri nacque la sua consapevolezza di voler obiettare al servizio militare?
Pinna:Vita: Dove trovava i valori spirituali di cui parla?
Pinna: Fondamentalmente nella religione cattolica. Proprio per questo non potevo tollerare che il nome di Dio fosse mischiato con una faccenda impura come la guerra. Nelle chiese, invece, si levavano preghiere per la vittoria della patria in armi, a favore del nostro re, e così via. Nel Natale del 42 mi capitò di sentire per radio che il presidente degli Stati Uniti, l?odiata potenza contro cui stavamo combattendo quella guerra benedetta da Dio, aveva invitato il popolo a levare una preghiera a Dio per la vittoria della patria. Che imbarazzo! Ognuno chiedeva a Dio di prendere la parte di un popolo nello sterminio di altri suoi figli. Avevo solo 15 anni e i miei furono forse ragionamenti infantili. Ma anche oggi non mi sembrano tanto sbagliati.
Vita: Come arrivò a prendere una posizione inedita senza il sostegno di nessuno?
Pinna: Fu naturale per me, almeno dal punto di vista spirituale. Dal punto di vista intellettuale fu invece molto difficile. A quel tempo l?obiezione di coscienza era una posizione non conosciuta, per di più sembrava sovvertire tutti i principi e gli orientamenti della società. Anche la posizione della Chiesa nei confronti della guerra era quella di una realtà «dolorosa ma necessaria». Questo era ciò che i cappellani militari mi riferivano quando venivano a trovarmi in carcere. Allora, nella mia cella, parlavo con Dio e gli dicevo: «I tuoi rappresentanti mi dicono che tu la pensi così. Ma io sento altrimenti, sono qui e non posso fare diversamente». E così ho continuato.
Vita: Il suo gesto di obiezione come è avvenuto?
Pinna: Avvenne al momento del giuramento, dopo due mesi dal mio ingresso al corso allievi ufficiali. Il fatto di essermi trovato lì merita qualche spiegazione: avevo appena cominciato a lavorare quando mi chiamarono per il servizio militare. Grazie al mio stipendio la mia famiglia, che era molto povera, si stava risollevando. Avevamo comprato la legna per l?inverno, dei mobili, la prima bicicletta. La richiesta per il corso ufficiali mi aveva permesso di ottenere la proroga di un anno e di saldare i debiti. Anche se da anni maturavo il pensiero del rifiuto del servizio militare, non ero ancora giunto a una decisione effettiva. Fu il giuramento a farmi fare il passo decisivo. In me il senso di lealtà era molto forte. E sentii che non potevo dichiarare solennemente la mia fedeltà a un impegno in cui non credevo. Quello stesso giorno andai dal comandante dicendogli che rifiutavo il servizio militare.
Vita: Come reagirono le gerarchie militari?
Pinna: Il comandante mi trattò paternamente. Mi disse che avrebbe fatto di tutto per spostarmi a un servizio nell?infermeria dell?esercito. Credeva che la mia decisione fosse motivata solo da una repulsione per l?uso delle armi. Mi consigliò di tornare a casa per Natale (mi trovavo a Lecce) e di parlare con il confessore spirituale. Dopo quindici giorni ritornai e a quel punto, vedendomi determinato, mi fece dimettere dal corso e fui richiamato come soldato semplice.
Vita: Quella scelta le costò due processi e un anno di prigione. Come li visse?
Pinna: Fui già fortunato. Ad altri, come i testimoni di Geova, andò peggio. Attorno al mio caso si creò un interessamento a livello internazionale. Alcuni parlamentari inglesi interpellarono De Gasperi, facendo notare che in Inghilterra l?obiezione era da tempo un diritto. Ci fu l?appoggio di Aldo Capitini e di altri intellettuali.
Vita: Chi, fra Chiesa, intellettuali e forze politiche vi seguì su questa strada?
Pinna: La Chiesa all?inizio sosteneva una posizione di avversione all?obiezione di coscienza. Quando il parlamentare democristiano Igino Giordani accettò di firmare con il socialista Calosso il primo progetto di legge sull?obiezione di coscienza, la Civiltà cattolica uscì con un articolo di condanna. Poi avvenne che alcuni cattolici, come Giuseppe Gozzini, fecero obiezione motivando la scelta da un punto di vista cristiano. Allora la posizione della Chiesa fu quella di lasciare la decisione all?iniziativa individuale. Fu solo con il Concilio vaticano II che l?apertura divenne più esplicita. Ma in sostanza fu la posizione coraggiosa di persone come don Milani e La Pira a portare l?obiezione nel mondo cattolico.
Vita: Che clima si respirava in quegli anni?
Pinna: Gradualmente il tema pacifista aveva suscitato interesse. Negli anni 60 i movimenti nati attorno ai processi riuscivano a radunare per una manifestazione qualche migliaio di persone. E questo impensieriva. Persino i tribunali militari si trovavano a disagio a mandare in galera ragazzi stimabili per le motivazioni che portavano alla loro scelta, e invitavano le forze politiche a prendere in considerazione il problema. Ci fu una corsa da parte di tutti i partiti, per presentare progetti di legge, salvo il Partito comunista a sinistra e il Movimento sociale a destra.
Vita: A trent?anni di distanza, di tutto quel fervore cosa è rimasto?
Pinna: Quasi niente. Oggi vado cercando un parlamentare che parli di antimilitarismo e non lo trovo.
Vita: E i movimenti pacifisti?
Pinna: Il Movimento nonviolento ha un patrimonio di idee, di esperienze, di cultura. Produce pubblicazioni molto valide e rimane un punto di riferimento. Ma non ha avuto la forza di crescere adeguatamente e ha ridotto progressivamente il suo spirito di iniziativa. Oggi a parlare, nei momenti critici, sono alcuni politici o i rappresentanti di altre associazioni. Che però si mobilitano solo in occasione dei venti di guerra, non sono antimilaristi in senso assoluto. Io dico che sono pacifisti relativi. L?ideale della nonviolenza, dell?obiezione di coscienza, implica l?opposizione alla preparazione della guerra, agli eserciti.
Vita: Eppure in occasione della guerra contro l?Iraq sono in molti a chiedere la pace?
Pinna: Il guaio è che nessuno si mobilita per il disarmo in tempo di pace. Di fronte ai venti di guerra, i gruppi si mobilitano per cercare di arrestarli. Ma come si può presumere oramai di arrestare le forze immani che ci sono in campo? A me capita di rimanere impressionato nel vedere solo le immagini di preparazione dell?eventuale guerra all?Iraq: aerei, navi, poi finanze, poi interessi? immani forze, militari, politiche, economiche. Crede che si possano arrestare con una petizione, una marcetta, una manifestazione, cioè quello che possono fare laggiù questi movimenti per la pace? È come voler arrestare un turbine con una reticella da farfalle.
Vita: Qual è l?alternativa?
Pinna: Creare dal basso. Partire dalla singola persona. Che dice: la guerra è una cosa orribile, abominevole sul piano umano. Appellarsi ai governi non è mai servito. Bisogna partire dalle scelte individuali. Con la consapevolezza che, se è vero che la guerra è il massimo dei mali, qualunque cosa sarà un male minore.
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