Politica

Pier Paolo Baretta (ReS): «Senza Europa non si va da nessuna parte, ma con questa Europa non si va lontano»

"Italia, Europa: un nuovo riformismo": questo è il tema di un importante convegno che si terrà lunedì 12 novembre nell'Aula Magna della Sapienza di Roma. Un'occasione per riflettere, in chiave di scenario, sull'Europa che verrà e sulle alternative possibili al cosiddetto "sovranismo". Ne parliamo con l'ex sottosegretario all'Economia

di Marco Dotti

L'occasione per incontrare Pier Paolo Baretta, già sottosegretario all'Economia, da pochi giorni eletto vicepresidente della Fondazione Empaia, è il convegno Italia, Europa: un nuovo riformismo, al quale prenderà parte lunedì prossimo, 12 novembre, nell'Aula Magna della Sapienza di Roma, a partire dalle h 9. Un'occasione per riflettere, in chiave di scenario, sull'Europa che verrà e sulle alternative possibili al cosiddetto "sovranismo".

I corpi intermedi sono stati particolarmente "stressati" dalla retorica di questi mesi. Eppure, l'impressione è che o ripartiamo dai soggetti capaci di intermediare, oppure sarà ben difficile praticare un qualche riformismo nei prossimi anni…
Nella crisi della politica e di fronte all'emergenza economica è del tutto evidente che c'è bisogno di avere degli interlocutori che siano espressione della società. Ma questo non basta. Serve che questi interlocutori siano anche in grado di portare alla ribalta i problemi e di interpretare il malessere impegnandosi a costruire una risposta seria.

Questo punto, la risposta, sembra essere il più delicato oramai…
Lo è, perché la risposta non è una semplice reazione emotiva. La risposta va costruita, ascoltando anche il malessere sociale. Chiaramente le rappresentanze e i soggetti della società civile, a partire dai sindacati, devono ripensare meglio il loro ruolo perché è cambiato il mondo del lavoro, è cambiata la forma della rappresentanza e i vecchi schemi non funzionano più. È del tutto evidente che dobbiamo favorire questo rinnovamento, ma non dobbiamo accettare l'idea di una separazione tra le scelte della politica e la rappresentanza sociale. Questa frattura è ciò che i sovranismi producono, fingendo di essere poi la risposta al problema che loro stessi hanno creato

Isolare le rappresentanze sociali del mondo del lavoro o del volontariato è qualcosa che potrebbe avere effetti a catena molto pesanti…
Per un po' di tempo si è rischiato questo, ma oggi tutti coloro che hanno davvero a cuore la solidarietà e le risposte concrete ai problemi del Paese sanno che è urgente e necessario ripartire dal sociale.

Al convegno del 12, lei coordinerà il dibattito sull'economia circolare, il lavoro e l'innovazione. Tre sfide aperte, soprattutto in rapporto con l'Europa, per il sociale …
Uno degli aspetti cruciali dell'innovazione, dopo il cambiamento profondo del mercato e dell'organizzazione stessa del lavoro, è diventato questo: capire il quadro di riferimento sul quale insistere. I corpi intemedi hanno un ruolo cruciale in questo discernimento. Dobbiamo a quel punto valorizzare i modelli che generano valore. Faccio un esempio: la finanza etica. La finanza etica ha mostrato che non è solo "buona volontà". C'è quella alla base, ovviamente, ma è un sistema redditizio e solido. Altro esempio: l'economia circolare, che permette di mettere insieme tecnologia e dimensione umana. In questo periodo molto complicato, anche culturalmente complicato, si stanno delineando dei tragitti che dobbiamo percorrere con determinazione.


Già in un'altra intervista avevamo insistito sul tema del riformismo. Vede qualche breccia nel muro dei cosiddetti populismi, che solo qualche mese fa sembrava inscalfibile?
Anche nel clamore dei risultati elettorali, alcuni di noi avevano detto che prima o poi i nodi sarebbero arrivati al pettine quando le parole si sarebbero confrontate con i conti. Ma non è solo una questione di numeri o conti o di bilancio. Dietro la questione della Legge di Bilancio emergono le scelte che si vogliono fare: una cosa è pensare alla questione della povertà, un'altra è ridurre la questione della povertà a un sussidio o a un reddito di cittadinanza. Strategia, filosofia e necessità di far quadrare i conti a un certo punto si incontrano: ed è qui che si intravvedono le prime crepe. Certo, dobbiamo riconoscere che c'è un consenso ancora molto ampio, ma il punto vero è un altro.

Ovvero?
Non è importante far vedere le crepe, quando cosa c'è dietro il muro. E dietro il muro c'è un punto di equilibrio che non corrisponde a una crescita sostenibile e una dimensione di tutela delle persone.

Servono idee, non solo tweet…
L'obiettivo del convegno di lunedì prossimo fa parte di un intinerario che varie associazioni, ognuna per la sua parte, hanno intrapreso per capire come rispondere alla crisi del riformismo. E un punto comune a tutti è questo: alla crisi del riformismo si risponde in maniera diversa rispetto alle semplificazioni offerte dai populismi. La semplificazione dei processi sociali può essere utile per la propaganda, può generare consenso e anche molto consenso, ma non risolve un solo problema. La gente, quando chiede risposte, ha bisogno di un linguaggio semplice e chiaro ma le risposte sono indipendenti dalla semplicità delle risposte. Le risposte sono frutto di un processo di elaborazione e riflessione, non di una mera reazione.

L'esempio dell'Europa è clamoroso: viene indicata o come problema o come risposta al problema, ma è una tenaglia…
Senza Europa non si va da nessuna parte, ma con questa Europa non si va lontano. Ecco perché i riformisti hanno un compito più faticoso dei sovranisti, ma devono porre il tema, devono porlo anche se la soluzione sembra difficile da vedere. Anche lo stesso risultato delle elezioni statunitensi, che non ha dato la risposta "giornalistica" che tutti si aspettavano ha dimostrato una cosa molto importante dal punto di vista dei riformisti: da un lato, ha dimostrato quanto sia ancora ampio il consenso alle forze sovraniste, ma dall'altro ha fatto capire che se l'anima democratica sa mettere in moto forze fresche e una nuova progettualità, allora come nel caso di New York la gente percepisce che ci può essere un'alternativa.

Anche in Italia crede vi sia un problema simile?
Certamente e le elezioni europee saranno un test importante. Per questo io insisto sull'idea di una lista ampia, che vada oltre le singole sigle di partito, ma faccia intravvedere un fronte riformista unito.

Un'alleanza?
Alleanza è la parola giusta. Potrebbe configurarsi addirittura in una lista unitaria. Credo per rilanciare gli stessi partiti c'è bisogno che guardino oltre il confine. Il Partito Democratico, ad esempio, a breve farà un congresso e risolvera i suoi problemi di leadeship. Un fatto importantissimo, ma non è sufficiente perché se guardiamo l'orizzonte europeo quella che si presenterà sarà una sfida davvero molto ampia con il fronte sovranista. Con un po' di generosità, bisognerebbe costruire una lista che vada oltre la singola bandiera di partito. Dovremmo rendere evidente all'opinione che tutti coloro che vogliono un'altra Europa, ma un'altra Europa riformista, solidale, inclusiva vanno insieme. Allora c'è la novità, perché la gente vede l'alternativa. Un'alternativa che oggi non c'è.

Italia, Europa: un nuovo riformismo”, il 12 novembre un convegno sul futuro dell’Ue

Sindacalisti, politici, esponenti della società civile e del volontariato, intellettuali e docenti universitari ne discuteranno in un’iniziativa promossa da Fondazione Achille Grandi, Fratelli Rosselli, Koiné, L’Italia Che Verrà, Mondo Operaio e Riformismo e Solidarietà

Sedici relatori, tre tavole rotonde e un’intera giornata per parlare di come il riformismo debba innovarsi, per rispondere alle sfide poste dalle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.

È quanto accadrà il prossimo 12 novembre a “Italia, Europa: un nuovo riformismo”, il convegno promosso da Fondazione Achille Grandi, Circolo Fratelli Rosselli, Koiné, L’Italia Che Verrà, Mondo Operaio e Riformismo e Solidarietà.

Un’iniziativa di riflessione culturale e politica, oltre che di mobilitazione sociale, per il rilancio di un riformismo autentico e capace di competere in modo vincente contro il populismo. Al centro della discussione, l’elaborazione di politiche economiche e sociali che possano misurarsi con i cambiamenti in atto.

L’obiettivo è avanzare proposte che, creando discontinuità con la stagione dell’austerità, siano capaci di assicurare coesione sociale, lavoro e integrazione europea. Tutto ciò nella convinzione che, da un lato, il perimetro del futuro degli italiani è l’Europa e le sue radici democratiche e solidali e, dell’altro, occorre il contributo determinante della società civile.

E proprio i corpi intermedi, e in particolare il sindacato confederale, insieme alla società civile, saranno i protagonisti delle tre tavole rotonde dedicate a: coesione sociale e uguaglianza, coordinata da Vittorio Martone (Università di Torino); lavoro e sviluppo, coordinata da Pier Paolo Baretta (Riformismo e Solidarietà); Europa e democrazia, coordinata da Giuseppe Vacca (L’Italia Che Verrà). Ad aprire i lavori saranno Luigi Covatta (Mondo Operaio) e Raffaele Morese (Koinè). Tra i relatori: Romano Prodi, Carmelo Barbagallo, Nino Baseotto, Marco Gay, Enrico Giovannini, Roberto Gualtieri, Anna Maria Furlan, Roberto Rossini, Luca Visentini.

Nel corso del convegno saranno presentati i risultati della ricerca “Coesione sociale, Lavoro, Europa sui social media italiani”, realizzata dal Gruppo EPOKA in collaborazione con IPAZIA.

L’appuntamento è alle ore 9.00 nell’Aula Magna del Rettorato della Sapienza Università di Roma (Piazzale Aldo Moro, 5).

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