Famiglia
Piemonte, gli educatori prendono posizione contro l’Allontanamento Zero
Il Collettivo Insieme, un gruppo spontaneo di educatori professionali scrive un documento di posizionamento contro la legge regionale del Piemonte. Chiede che «che la legge venga ritirata e che sia istituito un nuovo tavolo permanente di confronto»
di Redazione
Gli educatori piemontesi prendono posizione contro la legge regionale “Allontanamenti zero”, approvata lo scorso 28 ottobre. Il Collettivo Insieme, un comitato spontaneo inclusivo di educatrici ed educatori piemontesi nato per sostenere la rappresentanza della figura dell'Educatore Professionale attraverso un dialogo costante con l'Albo degli Educatori Professionali, dichiara in un documento di posizionamento corredato di oltre 200 firme il «totale dissenso» sulla legge regionale e chiede «che la stessa venga ritirata e che sia istituito un nuovo tavolo permanente di confronto che comprenda anche i professionisti e che si prospetti un dialogo orientato a una reale prevenzione. È ormai tempo di destinare nuove importanti risorse a progetti educativi rivolti al territorio nel campo della salute mentale, delle dipendenze, dell'educazione, del sostegno alle famiglie, comprese quelle in rottura di legami che possano sostenere i contesti di vita dei minori e che prevengano le condizioni di rischio di maltrattamento e abuso in famiglia». Nel periodo dell'esame della proposta di legge si erano già espressi gli ordini degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché diversi docenti universitari ed associazioni di genitori, mentre mancava finora la voce degli educatori.
Il Collettivo Insieme sostiene l'inadeguatezza e la pericolosità dell'attuazione di tale legge regionale per motivazioni che vanno dalla lettura ideologica della realtà alla mancanza di risorse adeguate. Eccole in sintesi.
ERRATA LETTURA DELLA REALTÀ ITALIANA E PIEMONTESE
Questa legge parte dall'errata convinzione che l'allontanamento familiare sia la via privilegiata di intervento dei servizi, mentre i dati dimostrano come in realtà le percentuali di reale allontanamento dai nuclei familiari siano molto basse. Tali interventi vengono attuati per proteggere i minori da situazioni che precludono il loro sviluppo e benessere psicofisico o che si trovano in situazioni di pregiudizio (abuso, maltrattamento, abbandono). Inoltre non si tiene conto che esistono situazioni nelle quali sono i genitori stessi a richiedere l'allontanamento del figlio o sono i minori stessi a chiedere di essere collocati in ambienti sicuri e/o maggiormente tutelanti. Secondo quanto riportato da Antonio Attinà, Presidente dell' Ordine Assistenti Sociali del Piemonte, ad oggi il 98% dei minori in difficoltà viene seguito a casa o presso parenti. La percentuale di allontanamento reale dalla famiglia d'origine e dal contesto familiare riguarda lo 0,24% di bambini e ragazzi, numeri più bassi della maggior parte degli stati europei. Tra i fattori di rischio, vanno segnalati trascuratezza affettiva e materiale (28,92%), incapacità educativa (24,42%), dipendenze (19,27%), maltrattamento (12,46%), gravi problemi del minore (7,72 %) e sospetto abuso (3,08%). Spesso in una singola situazione è presente più di uno di questi indicatori e, a volte, è riscontrabile anche una condizione di indigenza che non è mai però motivo di inserimento in protezione.
DUBBIA EFFICACIA DEL PEF E ALLUNGAMENTO DELLE TEMPISTICHE DI NTERVENTO IN SITUAZIONI ALTAMENTE EMERGENZIALI
Questa legge predispone una durata almeno semestrale per un possibile Progetto Educativo Familiare (PEF): se sei mesi sono pochi per un vero recupero e l’apprendimento delle capacità genitoriale, possono altresì essere di eccessiva durata per un minore che vive in condizioni di malessere. Spesso vi sono situazioni familiari complesse, in condizioni di disagio cronico, tendenti alla coazione a ripetere: come possono essere interventi risolutivi in un lasso temporale così breve? Inoltre si fa riferimento al PEF in modo generico, senza dare indicazioni precise su come vada eventualmente co-costruito e verificato.
NARRAZIONE FUORVIANTE SUI SERVIZI SOCIALI COME "SOGGETTI CHE STRAPPANO VIA I BAMBINI DAI GENITORI”
Questa narrazione, rafforzata da casi isolati e spesso diffusa dai canali d'informazione, si realizza in questa legge, che scredita il complesso e delicato operato dei Servizi Sociali e del Tribunale dei Minori e di tutti gli operatori che intervengono in tali situazioni e che giungono all'allontanamento come estrema ratio, dopo aver messo in atto tutti i supporti e gli aiuti necessari. Come costruire collaborazione se nell'immaginario collettivo, rafforzato da mass-media e politici, i servizi sono coloro che strappano i bambini alle famiglie? Come posso come famiglia in difficoltà chiedere aiuto se mi trovo in difficoltà?
FONDI INADEGUATI
Sebbene vengano citate nella legge, nel concreto non vengono preventivate nuove risorse per la realizzazione di questi progetti, bensì vengono decurtate dal finanziamento ordinario, che fino ad oggi era destinato agli interventi urgenti di protezione e tutela del minore. Inoltre si rileva da diversi anni che i servizi sociali e sanitari non riescono a mettere in piedi i supporti necessari, per scarsezza di personale (tempi di attesa per visite NPI molto lunghi, servizi di psicologia che riescono a garantire il minimo, senza spazi, per esempio, per percorsi di parent training, educative territoriali che, nella migliore delle ipotesi, possono garantire un intervento settimanale di uno o al massimo due ore, quando ne servirebbero molte di più); inoltre, anche a causa del Covid-19 vi è stato un rilevante aumento di minori in forte sofferenza, pertanto sarebbe auspicabile maggior personale per poter garantire servizi anche in termini preventivi, termine che non compare in alcuna parte della legge. Verrebbero destinati ai genitori sostegni economici, come se la problematica di una famiglia maltrattante o abusante, o con problemi di dipendenze o psichiatrici si risolvesse con un contributo economico, che non è mai da solo motivo di allontanamento.
NARRAZIONE FUORVIANTE DELL'AFFIDO ETERO-FAMILIARE
Se il PEF fallisce, secondo la legge, si procede con l'affidamento, privilegiando l'affido familiare. L'affido familiare è da sempre preferibile a quello etero-familiare, ma non sempre questo può avvenire o non è opportuno che avvenga per dinamiche e trascorsi familiari che potrebbero non favorire il ricucire la relazione con i genitori naturali; ciò può creare un'ulteriore dilatazione dei tempi all'urgente protezione del minore, dovendo, in taluni casi andare a reperire familiari trasferiti in altre Regioni o all'estero. L'affido, inoltre, viene frequentemente percepito come allontanamento definitivo dal genitore, quando nella realtà è un'opportunità che si offre al minore di poter crescere in un contesto tutelante e al tempo stesso vicino ai genitori.
VISIONE "ADULTO-CENTRICA"
In questa legge si tutela "il diritto del minore a crescere nell'ambito della propria famiglia” senza tener conto dei bisogni fisici, psicologici, educativi e sociali dei minori stessi. Inoltre il riapparire, nel testo della legge, il termine "potestà genitoriale" rimanda, letteralmente, ad una relazione di potere (“il diritto giuridicamente riconosciuto, all'esercizio di un potere” dizionario Oxford). Nel nostro ordinamento tale dicitura è stata sostituita, dal 2012, con la parola "responsabilità genitoriale" (ovunque presente nel codice civile e nelle successive norme), denominazione presente da tempo anche in ambito europeo, spostando il focus sull'assunzione di responsabilità di entrambi i genitori. Il ritorno all'uso del termine "potestà” è pertanto in contrasto con le leggi dello Stato. A nostro avviso si tratta di una visione pensata più sulle fragilità dell'adulto e meno su quelle del minore, soggetto da proteggere maggiormente. Inoltre questa fascia di popolazione è fortemente a rischio di incorrere in agiti anticonservativi e autolesionistici, fenomeni che stanno aumentando esponenzialmente soprattutto tra gli adolescenti.
OSSERVATORIO SUGLI ALLONTANAMENTI
Se l'interesse è rivolto ai minori e l'obiettivo è comprendere quali possono essere gli esiti degli interventi, un osservatorio non dovrebbe focalizzarsi solo su quelli allontanati, ma andrebbero rilevati tutti gli interventi rivolti ai minori ed alle loro famiglie per poter, con strumenti validati, comprendere quali aiuti sono maggiormente incisi, quali portano a cambiamenti duraturi nel tempo, ecc rispetto alla qualità di vita della famiglia.
Foto Unsplash
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.