Lavoro sociale

Piemonte: così sta crollando la rete dei servizi socio sanitari

Cresce l'apprensione per l'adeguamento delle tariffe dopo l'aumento degli stipendi del personale previsto nel contratto collettivo nazionale delle cooperative sociali. In una nota, l'allarme di Confcooperative Piemonte: «I servizi socio assistenziali e sanitari rischiano il collasso. Torino diventi laboratorio esemplare per nuovi modelli di collaborazione». Peller (enti gestori): « all’aumento esponenziale dei bisogni e delle richieste di presa in carico, si aggiunge la carenza di personale»

di Daria Capitani

Sul numero di marzo del nostro magazine, abbiamo immaginato un mondo senza Terzo settore. Un viaggio a ritroso nelle vite di decine di persone che ci hanno raccontato che ne sarebbe della loro quotidianità se non avessero intercettato un servizio, un’associazione, una cooperativa (la presentazione sarà da Toolbox a Torino mercoledì 19 marzo alle 18,30, trovi tutte le informazioni qui).

Un esercizio importante di consapevolezza, utilissimo per scrivere anche ciò che ha a che fare con l’attualità. L’allarme che arriva dalle cooperative sociali in queste settimane, con la richiesta di adeguare le tariffe delle gare d’appalto all’aumento del costo del personale dovuto al rinnovo del contratto collettivo nazionale, ci mette davanti al rischio di rinunciare ai servizi.

In Piemonte, in un’intervista della scorsa settimana, Enrico Pesce, presidente Confcooperative Federsolidarietà e coordinatore dell’Osservatorio paritetico regionale sugli appalti e sugli accreditamenti territoriali, ci ha spiegato che «la situazione non è più sostenibile e l’intero sistema è a rischio». Ora, in un comunicato stampa, Confcooperative Piemonte denuncia: «I servizi socio assistenziali e sanitari della Regione e dei Comuni rischiano il collasso».

L’allarme di Confcooperative

Piccolo passo indietro. Il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro delle cooperative sociali, approvato un anno fa, ha previsto per tutti i lavoratori un aumento delle remunerazioni di circa il 15%, da raggiungere per step entro il 2026. Il giusto riconoscimento economico per professioni che vanno a incidere su servizi socio sanitari essenziali si è tradotto da subito in una progressiva crescita degli importi in busta paga ma non in un adeguamento nelle gare d’appalto, negli affidamenti e nei sistemi di accreditamento da parte della pubblica amministrazione.

Per far comprendere la portata del fenomeno in Piemonte, Confcooperative snocciola i numeri: «Ai circa 55mila occupati del comparto pubblico sanitario si aggiunge un totale di occupati in tutte le imprese che operano nel socio sanitario e socio assistenziale pari a 50mila persone. Di questi, oltre 30mila sono occupati nelle cooperative: soltanto le aderenti a Confcooperative Piemonte contano più di 20mila occupati. Se l’aumento dei salari stabilito dal contratto collettivo nazionale non sarà accompagnato a partire dal mese di aprile da un proporzionale incremento delle tariffe nei contratti pubblici, questa discrepanza colpirà in primis le persone che lavorano in questo settore. Questa priorità è ben nota da tempo alla Giunta regionale che aveva già previsto lo scorso anno di sottoscrivere con le associazioni di rappresentanza delle imprese cooperative e delle imprese profit il Patto per il Welfare, in cui si prevedeva un incremento progressivo delle rette fino a raggiungere un +10% entro il 2026. Tuttavia, a oggi, questi impegni non si stanno concretizzando se non in minima parte e i servizi semiresidenziali e territoriali non hanno ricevuto alcun adeguamento».

A Torino, si legge nella nota stampa, la situazione è particolarmente critica. «Le cooperative sociali che operano nell’assistenza alle persone con disabilità e ai minori hanno deciso di impugnare al Tar, per la prima volta, la convenzione stipulata con la Città di Torino, l’Asl e la Regione, che non prevede risorse adeguate per sostenere gli aumenti salariali». Irene Bongiovanni, presidente Confcooperative Piemonte Nord, dichiara: «Se non si interviene subito, molte realtà dovranno interrompere i servizi e questo avrà una ricaduta su lavoratori e famiglie. L’obiettivo immediato è superare questa emergenza e trovare le risorse per pagare le persone, ma subito dopo servirà sedersi intorno a un tavolo con tutti gli attori del territorio e stabilire un vero progetto per il welfare dei prossimi anni. Torino deve essere un laboratorio esemplare per nuovi modelli di collaborazione». Mario Sacco, presidente Confcooperative Piemonte Sud e Confcooperative Sanità Piemonte aggiunge: «Va garantito un progressivo adeguamento delle tariffe».

Gli enti gestori: «Un aumento esponenziale dei bisogni»

La specificità piemontese consiste innanzitutto nella presenza di enti gestori con politiche differenziate. Ce la spiega nel dettaglio Ellade Peller, presidente del consorzio In.Re.Te. e referente del Coordinamento regionale enti gestori della funzione socio assistenziale, un organismo nato nel 2012 come sede di confronto e scambio di buone prassi per il sistema piemontese dei servizi sociali. «L’obiettivo principale è quello di rendere il servizio assistenziale e di cura il più omogeneo possibile su tutto il territorio regionale, a Monginevro come in una grande città», racconta. «In Piemonte i servizi socio assistenziali possono essere gestiti, a seconda delle peculiarità dei luoghi, direttamente dai comuni (è il caso delle città capoluogo Torino, Asti, Novara e Vercelli), dai Consorzi di comuni (è la scelta più diffusa, in tutta la regione se ne contano 37), dalle Unioni di comuni (quattro), dall’Asl (due) o in convenzione (un solo caso)».

Perché l’adeguamento delle tariffe non è più rinviabile? Pellar sgombra subito il campo da ogni fraintendimento: «La prima cosa da dire è che tutti gli enti gestori hanno accolto favorevolmente un adeguamento contrattuale per il personale delle cooperative sociali. Riteniamo fondamentale il tipo di lavoro che svolgono, così come la necessità di un riconoscimento da parte della società. Quest’ultimo deve passare anche attraverso una retribuzione adeguata rispetto al carico di responsabilità e alla delicatezza di una professione che si misura con la vulnerabilità delle persone».

Ellade Peller, presidente del consorzio In.Re.Te. e referente del Coordinamento regionale enti gestori della funzione socio assistenziale.

Gli enti gestori, continua la referente del Coordinamento, «devono confrontarsi in questo periodo storico con una serie di criticità: all’aumento esponenziale dei bisogni e delle richieste di presa in carico, si aggiunge la carenza di personale. Cresce la difficoltà nel trovare assistenti sociali, educatori, oss: esiste, nei confronti del servizio sociale, una delegittimazione che dura da anni, lo testimoniano le ripetute aggressioni verbali e fisiche nei confronti del personale. E poi c’è la carenza di risorse». Da dove arrivano? «Ogni comune versa una quota pro capite in base alla popolazione e poi riceviamo fondi dalla Regione e dallo Stato. In questo momento, siamo ancora in attesa delle risorse previste per il 2024 ma i servizi li abbiamo erogati. Per garantire le prestazioni, ricorriamo alle anticipazioni di cassa e tesoreria su cui però paghiamo degli interessi a scapito dei servizi». C’è un’altra difficoltà: «Sia i fondi regionali sia quelli statali sono sempre più vincolati. Questo non ci permette di rispondere in modo efficiente ed efficace alle esigenze del territorio».

E quindi? «Il nodo della questione è che agli adeguamenti retributivi devono corrispondere le necessarie coperture finanziarie. In questo momento non siamo in grado di affrontare l’aumento del costo del personale delle cooperative sociali se non riducendo i servizi».

L’Anci Piemonte sulle rsa: «Favorire la domiciliarità»

Davide Gilardino, presidente Anci Piemonte.

La questione è al centro dei pensieri di sindaci e assessori comunali. Per Davide Gilardino, presidente Anci Piemonte, «a distanza di poco più di un anno dai primi adeguamenti contrattuali del personale, si evidenzia una difficoltà di sostenibilità economica da parte delle cooperative sociali per la gestione dei servizi loro appaltati, in particolare nell’ambito delle rsa piemontesi. Analizzando quest’ultimo specifico settore, a fronte di una richiesta di rivedere gli aspetti tariffari regolati dalla Regione, è scontato però porsi il problema di trovare risorse per i nuovi costi». Secondo il presidente, questo è il momento di «un cambio di passo nella gestione dell’anziano non autosufficiente, favorendone la domiciliarità e potenziando i servizi che già attualmente vanno in questa direzione».

Foto di apertura La Presse: il presidente delle regione Piemonte Alberto Cirio

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