Mondo

Piccoli spunti per un Paese per donne

Anche in tempo di pandemia è importante parlare dei diritti delle donne. Dalla violenza allo smart working, dalle disuguaglianze crescenti fino alla scuola: sono tanti gli ambiti toccati dalla questione di genere

di Federica Roccisano

Nella giornata internazionale della donna riflettere sul ruolo che le donne hanno conquistato nel nostro Paese è quasi obbligatorio, il minimo sindacale dicono alcuni, un esercizio di retorica dicono altri. In realtà, ogni giornata e ogni azione che possa essere utile per la battaglia delle donne, è un’occasione da cogliere e da non perdere, non per chi già crede nella battaglia delle donne, come le tante donne e i tanti uomini che ogni giorno lo dimostrano, ma per chi pensa che sia un tema superato, anacronistico.

E quest’anno, 8 marzo 2021, tutto si può dire tranne che parlare dei diritti delle donne sia anacronistico. Sono state le donne, quest’anno, ancora una volta come in ogni crisi, quelle che hanno pagato e stanno pagando il peso maggiore della pandemia.

È un dato tristemente evidente in termini di lavoro. Lo ha messo in evidenza nelle scorse settimane l’ISTAT certificando che il 98% dei posti di lavoro persi durante il 2020 a causa dell’emergenza sanitaria COVID 19 erano di donne. Un numero che fa venire i brividi: 312 mila donne lavoravano, percepivano un reddito, erano indipendenti e ora non lo sono più. Probabilmente alcune sono state licenziate perché le realtà presso le quali lavoravano hanno dovuto chiudere i battenti, altre sono state costrette a lasciare il proprio lavoro per dedicarsi alla cura delle persone più fragili della famiglia, anziani a carico o disabili, o dei figli in ragione della chiusura delle scuole che ha forzato alcune donne a rimanere a casa, non avendo alternative per non lasciare i figli a casa soli.

Ancora, mettono i brividi i dati sulla violenza di genere, con abusi e omicidi aumentati dell’11% nei mesi scorsi anche dalle condizioni di restrizioni e chiusure generate dal confinamento forzato dal lockdown. L’aver costretto molte vittime di violenza a rimanere sotto lo stesso tetto dei loro carnefici, ha aumentato le violenze domestiche e, in alcuni casi, ha anche impedito alle vittime di fare ricorso all’aiuto telefonico o telematico presso i Centri Antiviolenza per paura di essere scoperte.

In tutto questo una scarsa attenzione alla rappresentanza femminile nei ruoli chiave ha contrastato l’avvio di azioni di risoluzione dei problemi sin qui citati, affievolendo di fatto il volume delle istanze di chi chiedeva interventi e attenzione e tutela delle donne.

Che ci serva, quindi, questo 8 marzo per chiedere misure mirate a tutela dei diritti e della felicità delle donne, che significa accelerare con i vaccini alle persone fragili, così da liberarle dal peso della cura; incentivare l’occupazione femminile, potenziando, laddove possibile, lo smart working o tutelando le lavoratrici femminili laddove necessariamente serve il lavoro in presenza; potenziare i centri antiviolenza con misure strutturali che rafforzino la rete di vicinanza e sostegno alle donne vittime di violenza.

Infine, ma certamente non meno prioritario, aumentare il numero di posti negli asili nido e porre un termine alla chiusura delle scuole. Dopo 12 mesi, dovrebbe essere giunta l’ora di preferire alla chiusura l’attivazione di strategie di rafforzamento della sicurezza anti covid 19 nelle scuole così ad aumentare il tempo a scuola, non diminuirlo drasticamente. Perché le giovanissime donne, quelle che ogni giorno sperano di ritornare tra i banchi di scuola e da lì, dalla scuola, coltivare le proprie ambizioni, possano essere quelle che un domani, speriamo il più prossimo possibile, riescano a vivere, anche in Italia, in un Paese per donne.

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