Quando ero bambino, negli anni ’40, andavo a scuola col filobus (allora a Roma quest’ecologico mezzo di trasporto era diffusissimo). Poco dopo lo scoppio della guerra, ci accorgemmo, con delusione, che la nostra fermata era stata abolita. La ragione era che, per risparmiare pneumatici e freni in un’economia bellica, le soste dovevano essere meno frequenti.
Questo per introdurre un discorso sul risparmio ecologico, uno dei miei cavalli di battaglia e che mi ha procurato molte critiche (soprattutto per quanto riguarda l’uso d’acqua potabile).
In una situazione di crisi, non solo energetica, idrica e climatica, ma anche di risorse, certi piccoli e trascurati risparmi possono rivelarsi utili, più che per un miglioramento ambientale a scala globale, almeno per tentare di creare una mentalità più diffusamente e capillarmente ecologica.
Cominciamo dalla guida.
Sono assolutamente certo che i miei lettori se a volte lasciano a casa la loro bicicletta e si affidano ad automobili o motorini, tengono velocità sempre basse, anche inferiori a quelle imposte dal Codice della Strada. Però a volte, in vicinanza di semafori, si usa arrivare veloci per frenare davanti alla luce rossa. Ciò determina consumo di carburante, gomme e freni. Meglio avvicinarsi con calma e frenare più leggermente.
Per la messa in moto degli scooter, è consigliabile utilizzare la classica pedivella invece di ricorrere all’accensione automatica che comporta una più rapida decadenza della batteria, la cui fabbricazione e il cui smaltimento richiedono costi energetici e non solo.
Continuiamo con la carta, il cui uso, anche se limitato a un prodotto ricavato con legname controllato e riproducibile, danni ne causa, eccome. Basti pensare alle foreste della Scandinavia dove interi territori naturali vengono completamente diboscati per poi essere sostituiti da impianti artificiali, con danni alla biodiversità e al paesaggio non trascurabili.
L’unica carta il cui riciclaggio è impossibile è quella destinata a usi domestici. A parte il consumo eccessivo e imprevidente dei rotoloni per asciugare, pensate per favore alla carta igienica.
Per ottenere una detergenza soddisfacente delle parti intime, ne bastano in genere due foglietti. Utilizzarne di più rappresenta uno spreco.
In ufficio molti dei fogli A4 che ci giungono dai fax e che sono stampati solo da una parte, possono essere riciclati usandoli nello stesso fax in fase d’ invio, o nella stampante o per bozze, appunti, eccetera, prima di essere definitivamente recapitati nell’apposito contenitore adibito alla raccolta della carta da riciclare, un oggetto che non dovrebbe mancare in ogni abitazione e in ogni luogo di lavoro.
In genere si stampa molta più carta intestata di quanto ne serva. Oltretutto, se si cambia d’indirizzo sono risme di fogli che, usati sul retro, diventano utilissimi per bozze ed appunti.
Veniamo al consumo d’energia. Non tornerò, per carità, sulla più che divulgata necessità di usare lampadine a basso consumo, di spegnere i puntini rossi degli elettrodomestici in stand by, di cambiare lo scaldabagno elettrico con uno a gas, e di evitare in ogni modo di utilizzare l’energia elettrica per riscaldare forni, fornelli, acqua o ambienti. Questo a causa dello spreco energetico che tali usi comportano.
Ma qualche consiglio penso sia tuttavia utile fornirlo.
A questo riguardo, ho avuto modo di spiegare, anni fa, come per un consumo più contenuto di gas da cucina, sia preferibile scegliere, tra le centinaia di modelli di pasta in commercio, gli spaghetti numero 3, i quali richiedono solo 5 (cinque) minuti di cottura contro gli 11 (undici) e più, necessari per cuocere, anche se “al dente”, rigatoni e farfalle, fusilli e penne. Per non parlare delle orecchiette e dei paccheri, veri divoratori d’energia fossile.
Moltiplicate i milioni di pentole che ogni giorno stanno sul fuoco nelle italiche cucine per i minuti d’erogazione e ne ricaverete dati preoccupanti.
Sciocchezze- diranno i soliti informati – i problemi non sono questi. I problemi sono (al solito) “a monte”.
Ma noi ce ne freghiamo e andiamo avanti con i nostri apparentemente ridicoli microconsigli.
Una camicia bianca (che in qualche luogo di rappresentanza è addirittura imposta) pur con la massima buona volontà, difficilmente resiste più di un giorno prima di essere lavata (pensate ai detersivi e all’acqua calda e schiumosa che finiscono ad inquinare i corsi d’acqua). Così preferire camicie di colore, (senza arrivare a quelle, oggi spesso in uso, completamente nere) consente di cambiare quest’indumento dopo due giorni (in inverno e in città luoghi meno inquinate anche tre) senza creare problemi ai vicini d’autobus o metropolitana.
Ancora oggi, negli alberghi, pensioni, agriturismi, e così via, la consuetudine in atto è quella di cambiare ogni giorno asciugamani, salviette, accappatoi, lenzuoli da bagno anche se visibilmente pulitissimi e, al massimo, usati da una sola persona per una sola giornata.
E’ un’altra consuetudine di pseudoigiene che andrebbe rivista in nome dell’ecologia.
Prima di chiudere non vorrei privarvi di questa splendida offerta pubblicata su una rivista :“E’ il trattamento più gettonato di Panarea.Il Ko’pn è in tre tappe: prima idromassaggio al gelsomino, zagara, mirto; poi vascolarizzazione degli arti inferiori in vasche di pietra lavica con acqua sulfurea ed infine il massaggio infodrenante per smaltire le scorie. In alternativa la variante watsu, shatsu in acqua di Giuseppe Gianfrancesco cui basta una digito-pressione per consigliare una dieta, dividendo gli alimenti in yin e yang” .
Potreste farne a meno?
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