Non profit

Piccoli imprenditori spuntano nella savana

Il progetto Watoto: scommettere sulla formazione

di Paola Scarsi

A Makobeni, in Kenya, un gruppo di ragazzi sta costruendo il proprio futuro imparando una professione. Grazie al sostegno di un’associazione italiana.
E i loro prodotti hanno conquistato gli shop dei grandi alberghi di Malindi
C’è chi va in Kenya come turista e poi? Watoto, ovvero un gruppo di amici che, come tanti, rimane affascinato da questo Paese che tanto offre e poco chiede, pur avendo bisogno di molto. Insieme decidono di fare qualche cosa. Nel 2004 un primo piccolo nucleo operativo fonda Watoto Kenya onlus. È una piccola associazione, ma il suo cuore è da subito imprenditoriale: la charity viene bandita. «Dobbiamo fare qualche cosa», si dicono , «che rimanga, che sia da subito proprietà di chi ne usufruisce, cioè i ragazzi, e li aiuti a costruire il loro futuro». A parole è facile, in pratica significa portare persone che vivono nel nulla e nulla possiedono, ad una capacità imprenditoriale, all’autogestione.
Watoto è una scommessa riuscita: inizia con un piccolo orfanotrofio per 50 bambini a Makobeni, sulla via del Parco naturale Tsavo Est, cui ben presto viene affiancata una casa di accoglienza (registrata dal governo) e, nel corso degli anni, un piccolo spaccio di generi alimentari base, una falegnameria, una sartoria, un allevamento di mucche ed uno di pollame, laboratori per l’intaglio del legno e la lavorazione delle perline Masai, un orto, un vivaio di casuarine (l’albero da cui si ricavano pali per l’edilizia), una fabbrica di mattoni con una particolare macchina che, mischiando una minima quantità di cemento all’argilla, li rende molto più stabili. Tutto naturalmente parametrato alle difficoltà logistiche e di reperimento di qualsiasi materiale. La struttura è gestita da 25 tutori kenyoti – ragazzi di poco più grandi – che hanno costituito una propria organizzazione – Makobeni Association – cui Watoto fornisce supervisione.
Watoto segue anche la scolarizzazione di decine di ragazzi, quattro dei quali sono giunti alla laurea, e sperimenta, fatto quasi unico per il Kenya, il volontariato locale. Motore di Watoto sono Italo, Simona, Marzia e Mariangela. I primi due hanno preso un lungo periodo -molto più di un anno – sabbatico, lasciando a Roma la loro attività imprenditoriale. Vivono a Malindi, parlano swahili, unico vero modo per interagire con le persone e sono perfettamente integrati. Simona, presidente di Watoto e residente a tutti gli effetti, ci mostra con orgoglio la patente di guida: “older than 18 years” c’è scritto. E non è un gesto cavalleresco ma un segnale delle difficoltà di questo Paese i cui abitanti nella maggior parte dei casi non conoscono neppure la propria data di nascita.

Alle spalle di Malindi
Con loro siamo andati a visitare Makobeni. È in un’area povera e con un altissimo tasso di analfabetismo, a quasi due ore di rossa pista sabbiosa da Malindi, nell’infinito nulla della savana. Da quasi sette anni non pioveva e Mariangela, giunta da poco dall’Italia, abituata a vedere tutto brullo, si stupisce del verde che circonda le piccole case. Qui ogni goccia d’acqua è preziosa: per questo le piante vengono coltivate in buche scavate nella terra ed ogni minima perdita del rubinetto collegato al pozzo viene raccolta con estrema attenzione. I bambini ci accolgono con immensa gioia ed i ragazzi più grandi mostrano i progressi fatti: il pollaio, una semplice struttura di terra, legno e rete di filo di ferro, è stato, per la sua riproducibilità, premiato dal governo che ha invitato due ragazzi a seguire un corso di aggiornamento; il vivaio, che è curato con amorevole attenzione da Baraka, prossimo dottore in agraria. Un ragazzo sta trapiantando sottili filamenti verdi – le future casuarine – dal semenzaio ai vasi, pardon, ai sacchetti di plastica usati. Qui i vasi in terracotta non esistono: sono oggetti preziosi. Accanto alcuni banani, un ananas, piante di melanzane e pomodori, altri ortaggi locali come la mcicha: alcuni rigogliosi, altri dalla crescita stentata: Baraka, prova e riprova quali siano le specie più adatte per questo terreno argilloso ed arido molti mesi all’anno. I bambini sono ospitati in un edificio pulito, ordinato e fresco. I dormitori divisi per maschi e femmine, gli spazi comuni, refettorio e area giochi, le cucine, i bagni, un grande cartello con l’organizzazione quotidiana e settimanale: tra tutte spicca, ripetuta più volte, quella di lavarsi i denti. In una piccola ed organizzatissima stanza quattro ragazzi utilizzando macchine Pfaff vecchio modello, quelle nere con i disegni dorati per intenderci, cuciono prodotti che, nell’ottica di sviluppo ed autosufficienza che caratterizza tutto il progetto, sono venduti nel nuovo piccolo ufficio-shop di Malindi ed anche ai grandi alberghi.

Hotel virtuosi
Tra i numerosi hotel e resort della costa che acquistano i manufatti prodotti dai ragazzi ci sono anche il prestigioso Coral Key e il Kilili Baharini hotel, unico vero 5 stelle dell’intera area. «Non più turisti che viaggiano senza sapere nulla del Paese che li ospita, ma azioni concrete volte all’effettiva conoscenza e sviluppo locale. Per questo abbiamo commissionato a Watoto un’intera linea di prodotti ed altri li stiamo studiando insieme», ci dice Marco Binda, il giovane direttore dell’hotel Kilili. «Associazione e manufatti sono in linea totale con la nostra strategia e con il gusto dei nostri clienti cui li regaliamo in occasioni speciali». Il direttore non ha ancora visitato Makobei, ma solo ammirato originalità e cura dei prodotti. «Quando lo visiterà», suggeriamo, «ne apprezzerà ancor più il valore».

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