Il sociale nell'arte

Picasso, un destino da immigrato

Un risvolto importante e poco noto della parabola del più grande artista del 900 è al centro di una mostra che ha aperto a Milano. Era un genio, ma ha dovuto per tanto tempo fare i conti con il marchio di “straniero”

di Giuseppe Frangi

Lo avevano chiamato Bateau Lavoir per la precarietà che lo caratterizzava. Una costruzione messa insieme alla bell’e meglio con pietre legno e gesso, tamponata con assi e cocci di vetro in un dislivello della collina di Montmartre a Parigi. L’ era approdato Pablo Picasso nel 1904, al suo quarto tentativo di trovare una sistemazione minimamente stabile a Parigi.

Il Bateau Lavoir naturalmente non aveva riscaldamento e l’unica presa d’acque era condivisa con un’altra trentina di artisti “baraccati” come lui. Ma Picasso in quel contesto non doveva fare solo i conti con quelle condizioni complicate di vita, con il gelo dell’inverno e il caldo torrido dell’estate: lui era anche sotto osservazione della polizia che lo aveva schedato come individuo randagio, con sentimenti anarchici e che non sapeva una parola di francese.

Umiliazioni continue

La vicenda del Picasso immigrato che per anni subisce tutte le umiliazioni inflitte agli immigrati in un paese attraversato in quegli anni da sentimenti xenofobi è il tema della mostra aperta a Palazzo Reale di Milano, Picasso lo straniero, e curata da una studiosa, Annie Cohen-Salal che da anni indaga sul tema (è autrice di un’interessante biografia pubblicata in Italia da Marsilio). Mostra che si concluderà il 2 febbraio 2025.

Esordio nel museo contestato

È una mostra che ha avuto un suo esordio significativo nel 2021 al Musée national de l’histoire de l’immigration a Parigi, un museo dalla storia complicata ospitato in un grande palazzo sorto a inizio 900 per celebrare la gloria coloniale della Francia: quando venne convertito a Museo dedicato alla storia dell’immigrazione in Francia le destre si erano ribellate e il presidente Nicolas Sarkozy si era rifiutato di andare all’inaugurazione. Lo fece sette anni dopo il suo successore François Hollande.

Uno spaccato inedito: la vita del migrante

Quella mostra che svela un lato inedito ma importante della biografia di Picasso, dopo essere andata a New York approda ora a Milano. La condizione di vita dell’artista serve a capire anche le ragioni dei suoi lavori, oggi così celebrati,  di quegli anni. I suoi soggetti più frequenti sono i personaggi del circo per il semplice motivo che erano i suoi vicini di casa, o meglio di baracca. La dominate blu di quella sua stagione , una dominante piena di tristezza, è dettata anche dalla condizione di povertà estrema e di incertezza sul futuro che contrassegnava quei suoi giorni.

Particolare del fascicolo dell’immigrato Picasso

Ma la narrazione proposta dalla mostra porta in luce anche la questione dell’ostracismo con cui, in quanto immigrato, Picasso deve fare i conti anche quando a partire dal 1906 la sua storia svolta e inizia a raccoglie i primi successi anche nelle vendite delle opere. Non solo continua ad essere sotto stretta sorveglianza delle autorità, ma quando esplode la Grande Guerra, viene in qualche modo punito per aver come gallerista un grande mercante tedesco e quindi “nemico” della Francia, Daniel Kahnweiler. Nel 1914 le autorità francesi  avevano sequestrato e in parte distrutto 700 opere dell’artista custodite nel magazzino della galleria.

Nei decenni successivi Picasso avrebbe dovuto ancor fare i conti con il marchio di “straniero” vedendosi respinta più volte la richiesta di naturalizzazione come cittadino francese.

Le immagini provengono dal catalogo della mostra.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.