Welfare

Piastrelle per la sostenibilità

di Flaviano Zandonai

C’è qualcosa che non va nello storytelling della social innovation. Bravissimi a raccontare, ma in qualche caso permane, almeno per me, un alone di inconsistenza. Ed è un problema per iniziative che vogliono cambiare il mondo. Non è certo una questione di prodotto o di impatto, anzi questi sono i punti di forza delle case history. Quel che manca è un pensiero forte sulle risorse. Me lo ha fatto capire un’imprenditore sociale mascherato da fund raiser che ho invitato a far da testimone in un corso di formazione. Tutto il suo racconto, o almeno buona parte, era incentrato sullo scouting e sulla mobilitazione delle risorse per rendere sostenibile il suo progetto. Certo, sulla base di un’idea più che precisa, in grado di attrarre una pluralità davvero considerevole di risorse: materiali da costruzione ceduti a titolo gratuito, quote di obbligazioni ad hoc emesse da una banca, accesso agevolato a mutui (intestati ai soci), contratti di fornitura stipulati con enti locali, cause related marketing con imprese for profit, ecc. Tutta roba contrattualizzata, costruita per durare nel tempo e per garantire un vantaggio (addirittura economico in qualche caso) allo stesso donatore. Niente di improvvisato, anzi frutto di una pianificazione strategica di medio lungo periodo intorno ad un asset fondamentale: il sistema relazionale del territorio. Una follia diceva lui. Lucidissima però.


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