Formazione
Piano Scuola Estate: ecco perché bisogna provarci
È complicato e non si improvvisa in un mese, ma perché fare questo lavoro? il preside Angelo Lucio Rossi: «È semplice, perché c’è un’emergenza. C’è un dolore silenzio inedito nei ragazzi di fronte a cui ci devono essere risposte inedite. Io non posso mettere a tema la stanchezza dei presidi, degli insegnanti e del non profit quando nelle nostre scuole impattiamo ogni giorno con la questione dell’emergenza educativa e dei ragazzi che si tagliano: non sono più solo un dato sociologico. Inizi a costruire un percorso. È un richiamo alle armi per cambiare il Paese»
In questi giorni mi chiamano amici e colleghi… Nei nostri discorsi isuonano le parole "comunità educante" e "patti educativi di comunità" e mi dicono “Angelo, come fai?”. Io sono impacciato, perché tutto questo è richiesto dall’autonomia scolastica. Ve la ricordate? Sono passati un po’ di anni. Ma è da allora che la scuola non è autoreferenziale e vive un rapporto con il territorio. Se questo non accade è monca l’esperienza scolastica, è monco il POF che oggi si chiama PTOF. Le indicazioni nazionali – i vecchi programmi – partono dalla contestualizzazione, dal rapporto con il territorio.
Perché ho fatto questa lunga premessa? Perché una scuola autoreferenziale non è tale: priva i suoi allievi di un potenziale straordinario. La scuola se non è il cuore pulsante del territorio, come fa ad attivare rapporti e patti? Sono otto anni che lavoriamo a questo. Se la scuola non è incinta, è autoreferenziale. La scuola deve generare da un lato ma dall’altro la scuola è rigerenata dai soggetti sociali, quando non sono malati anche loro ovviamente perché il problema talvolta di un certo sonno anche nelle comunità intermedie c’è.
Allora il percorso di questi otto anni è stato implicare nella costruzione del PTOF i soggetti presenti nel territorio, come quelli nazionali e comunali. Il patto educativo territoriale è nato così. Il lavoro per l’estate è nato così. È chiaro che non lo si può improvvisare in un mese o in dieci giorni. Non si può improvvisare un rapporto con un’associazione perché la costruzione di un percorso comune è frutto di inciampi e di errori, di equivoci. Non è questione di un mese o due, perché anche ogni associazione rischia come la scuola di essere referenziale: occorre entrare nella scuola, cambiare insieme e costruire qualcosa insieme. Save the Children dopo anni di rapporto da noi, con i volontari, i centri Fuoriclasse, i laboratori… ha già la sua idea di proposta estiva per i nostri ragazzi. Ma come loro tanti altri centri sportivi e fondazioni, che operano da anni e presentano una proposta, frutto di un lavoro pieno di errori e di luci, proposta che ha avuto ricadute nel percorso curricolare ed extracurricolare dei ragazzi. Finiamola di parlare di curricolo ed extra: c’è un Piano dell’Offerta Formativa che si può realizzare per intero solo con i soggetti sociali. Quindi altro che lamentarsi che “il non profit incalza la scuola”, dobbiamo su questa cosa incalzarci noi.
Perché tutto questo? È semplice, perché c’è un’emergenza. Io non posso mettere a tema la mia stanchezza, la stanchezza dei presidi, degli insegnanti e del non profit quando ci sono fatti nelle nostre scuole che non senti più solo in tv. La questione dell’emergenza educativa non è un dato sociologico: io sento in tv i ragazzi che scappano di casa per due o tre giorni, ma non lo senti più solo in tv. Che i ragazzi si tagliano, non lo leggi solo sul giornale. Se impatti tutti i giorni con questa cosa, non fai i discorsi sul rapporto fra la scuola e le realtà associative o sull’estate ma costruisci un percorso. È chiaro che se la tua scuola entra in zona rossa tu, per bolle, per isole, per quello che vuoi, non chiudi la scuola: né la mattina né il pomeriggio, ma neanche la sera. Non è che l’Europa di ricorda di don Milani e noi nella scuola ce lo dimentichiamo. Che non vuol dire che si fa scuola attorno a ipotesi o esperienze vissute da don Milani: si fa scuola rispetto ai tempi di oggi e i tempi di oggi sono tempi di disorientamento degli adulti e dei ragazzi.
Però cominciamo a costruire un percorso. Lo dico non per scoraggiare ma perché è possibile. Io ho letto con intensità, con eros – temine legato alla riflessione pedagogica – questo documento per l'estate a scuola: è una provocazione, si inizia un percorso. E un percorso è un percorso, non una botta e via”: un percorso educativo, culturale, sociale, “politico” perché ridisegna la scuola dal basso. La grande riforma della scuola è costruire patti educativi nel territorio e questo è un valore aggiunto non solo per la scuola ma anche per le associazioni. È un richiamo alle armi per cambiare il Paese.
Dove si vede allora la fecondità della scuola? Se nascono altre associazioni per rispondere ai bisogni. Le reltà non profit che rispondono ai bisogni hanno la freschezza di cui la scuola ha bisogno. La questione dei bisogni è centrale. C’è un dolore inedito nei ragazzi, perché ci sono ormai dialoghi con i ragazzi in cui c’è solo la mia voce: non rispondono. Di fronte a questo dolore silenzio inedito ci devono essere risposte inedite. E diventa patetico pensare di fare da soli, perché da soli non si va da nessuna parte. Allora sto al telefono, in questi giorni 15 ragazzi partono con don Mazzi e vanno a vogare all’isola d’Elba, poi facciamo la box perché ci sono ragazzi che distruggono tutto… il progetto parte sempre dal grido dei nostri ragazzi. Li metti a dipingere, a giocare… Il grido dei ragazzi, tutto parte da lì. E non possiamo rimanere nell’indifferenza, non provare a dare risposte inedite. Per farlo, per provarci, ci si mette insieme.
Ma non più dentro un quadro a piaggio di progettini di intervento occasionali: deve esserci un progetto per la vita, per l’eterno. Perché se segniamo i ragazzi, accadono cose straordinarie. I tempi sono quelli che sono? Non importa, è un seme pazzesco. Forse un cambiamento di rotta. A livello storico, forse è l’occasione per la scuola di ripartire. Intrecciamo un lavoro, ricominciando a pensare che per rispondere alle ferite dei ragazzi ci vogliono adulti appassionati. Dobbiamo ricominciare dall’I care come esperienza, forse è arrivato il momento di ricominciare a piante alberi, letteralmente. Se quest’estate sarà un’estate di semina, il prossimo anno ci ritroveremo a parlare di patti educativi di comunità. E di fioritura.
*Angelo Lucio Rossi è DS dell'Istituto Comprensivo Statale “Alda Merini” di Milano, una delle "scuole aperte" più attive della città. È autore con Giovanni Del Bene e Rossella Viaconzi di "La Comunità educante. I Patti educativi per una scuola aperta al futuro" (editore La Fabbrica dei segni).
Il testo è la trascrizione non rivista dall'autore dell'intervento fatto venerdì 7 maggio al webinar "Piano scuola estate: sogno o realtà? Esperienze e strumenti" organizzato da Cgm. Qui il video integrale della mattinata.
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