Welfare

Piano Casa, finalmente azioni concrete sull’emergenza abitativa

Un miliardo di euro per un “programma pluriennale per la riqualificazione e l’incremento dell’edilizia residenziale pubblica e sociale e la rigenerazione urbana”. È questa la bozza del Governo Conte Bis. Per Nino Falotico, segretario generale del Sicet Cisl (il Sindacato Inquilini Casa e Territorio), «è il tipo di intervento che chiediamo da anni».

di Lorenzo Maria Alvaro

In occasione del Fridays for Future il segretario generale del Sicet Cisl, Nino Falotico aveva chiarito che «va ripensato complessivamente il modello economico per ridurre progressivamente la sua impronta ambientale e avviare la transizione ecologica verso un modello sostenibile. Gli ultimi dati sul consumo di suolo ci dicono che nel 2018 sono stati coperti da cemento o asfalto 57 chilometri quadrati di territorio, un dato che ci tiene ben lontani dagli obiettivi europei. Per questo serve un'accelerazione delle politiche di rigenerazione urbana. Oggi la sfida non è costruire nuove volumetrie ma riqualificare il patrimonio abitativo pubblico e privato esistente riducendo al contempo i consumi energetici, ricucire il tessuto delle grandi città con un nuovo modello di mobilità sostenibile e dare organicità a questi interventi dentro la cornice di un grande piano di economia verde da sostenere con una calibrata politica di incentivi e disincentivi fiscali». Con l'annuncio del Piano Casa del Governo sembra che questi asupici siano stati ascoltati.

Si parla infatti di un investimento da un miliardo pensato come “programma pluriennale per la riqualificazione e l’incremento dell’edilizia residenziale pubblica e sociale e la rigenerazione urbana”. È questa una delle novità previste nella Legge di bilancio, voluta dalla ministra alle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli: le misure saranno comprese sia nel dl fiscale che in manovra ma questi fondi saranno cumulabili con misure come il sisma bonus e l’ecobonus che saranno prorogati, così come la cedolare secca per gli affitti.

Non solo. L'idea è che questo investimento dello Stato faccia da incentivo ad altri investimenti. Ogni intervento verrà infatti cofinanziato dalle Regioni e da risorse private, da Cassa Depositi e Prestiti fino ai fondi privati: una parte “consistente”, spiegano dal governo, andrà a finanziare il “fondo di sostegno alla locazione, per agevolare l’accesso all’affitto per le famiglie in difficoltà. Le risorse – si specifica – arriveranno direttamente alle famiglie attraverso la definizione di graduatorie comunali aggiornate ogni tre mesi”. Altro punto centrale sarà proprio la riqualificazione urbana con interventi pensati per “far rinascere interi quartieri nelle città medie e grandi” attraverso un mix di interventi. Il piano prevede lo “sviluppo di dotazioni urbane e di servizi connessi all’abitare come il primo soccorso, il medico e piccolo commercio, gli spazi collettivi e relazionali; la riconversione di immobili e spazi oggi inutilizzati pubblici e privati; la manutenzione straordinaria; il miglioramento sismico, sostenibilità energetica e innovazione tecnologica con la trasformazione di edifici da tradizionali a intelligenti, fibra ottica e incremento della domotica; il co-house, gli spazi di socializzazione all’interno dei condomini, residenze temporanee destinate a studenti”. Ai fondi del piano casa si accederà attraverso un bando pubblico del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la valutazione dei progetti da parte di una commissione composta da esperti dalla elevata professionalità. Il finanziamento massimo che potrà essere richiesto al ministero è di 20 milioni di euro per ciascun progetto.

Per capire quanto questo tipo di intervento sia sentito basti pensare che nel 2018 sono stat emessi 56.140 provvedimenti di sfratto, ci sono state 118.823 richieste di esecuzione di sfratto e sono stati effettuati 30.127 sfratti. Significa in tutto 205mila procedure. «Numeri che rendono plastico il bisogno gravissimo che c'è in Italia di edilizia residenziale pubblica, o più volgarmente dette case popolari e di edilizia convenzionata», sottolinea Falotico. Come si spiega questa situazione? «Gli operatori, anche quelli non profit, preferiscono realizzare offerte profittevoli, che li facciano rientrare presto delle spese. I Comuni invece preferiscono non avere addensamenti di problematiche sociali che si scaricherebbero sui bilanci sociali pubblici. Il risultato è una carenza strutturale e di lungo periodo sul versante più svantaggiato che innalza in modo straordinario il valore del fabbisogno per le condizioni di maggiore difficoltà. Questo crea più problemi della dinamica di crisi che viviamo».

Molto importante per Falotico è «l'aver interrotto il modo di affrontare l'emergenza casa solo sul piano dell'ordine pubblico. L'occupazione abusiva di immobili è la spia di un'emergenza abitativa che va affrontata con misure concrete per dare una casa a chi non ce l'ha. Procedere agli sgomberi senza aver prima predisposto un piano di sistemazione alternativa significa affrontare solo una parte del problema. Questi investimenti sono una gran bella notizia».

La bozza del Piano Casa è importante anche perché interviene «sul fronte degli affitti, con la cedolare secca, altro tema sostanziale», sottolinea Falotico, «anche se bisogna fare di più. Serve il potenziamento del fondo di sostegno agli affitti per aiutare le famiglie a basso reddito a non cadere nella morosità, il rilancio degli investimenti in edilizia sociale e nel miglioramento della qualità della vita delle periferie e una riforma della legge 431/98 che va adeguata ai tempi per rispondere ai nuovi bisogni abitativi della società italiana».

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