Volontariato

Piacere, sono l’assessore al perdono

Parla Massimo Toschi,sorpresa in Toscana.Disabile, uomo del dialogo, amico delle associazioni. "Il mio ufficio non sarà ricco di buone intenzioni, ma di progetti concreti".

di Ettore Colombo

Forse la ragione sta nel fatto che è disabile, dalla nascita, avvenuta peraltro negli stessi giorni in cui gli americani buttavano la bomba atomica su Hiroshima, agosto 1945. «Occorre imparare a vivere l?handicap come una risorsa, non come una condanna», racconta placido. Facile a dirlo, meno a farlo. Certo è che la nomina di Massimo Toschi, eletto come indipendente alle ultime amministrative nella lista Uniti per l?Ulivo, nella nuova giunta regionale toscana, quella guidata dal diessino ?new global? Claudio Martini, fa di certo notizia. L?assessorato che è stato assegnato a questo professore di storia e filosofia, autore di saggi e articoli sulla pace, presidente dell?Associazione per lo sviluppo delle scienze religiose e già consigliere del presidente per la Pace, la cooperazione e i diritti umani, è infatti dedicato (testualmente) «alla cooperazione, al perdono e alla riconciliazione tra i popoli». Ribattezzato ?assessorato al Perdono?, la carica che Toschi ricopre ha già un programma e progetti da portare a termine. Ma quello che colpisce di più è l?uomo. «Appena nato, avevo già la poliomielite», racconta Toschi, «e fino a undici anni non camminavo se non carponi e con dei tutori insopportabili. Non sono mai andato in bicicletta. Ho potuto frequentare la scuola solo grazie ai miei compagni: ogni mattino dovevo fare sei rampe di scale. A sedici anni sono andato per la prima volta a Lourdes: lì ho imparato a relativizzare il dolore, scoprendo che altri soffrivano di malattie e limiti ben più gravi dei miei». Toschi è stato ed è uomo (e scrittore) di dialogo e di pace, ma non ha smesso di affrontare drammi e malattie. Mantiene però, di fronte a ogni evento della vita, un sorriso generoso e invidiabile, al punto da accettare le ?provocazioni? del giornalista di turno e di spiegare che no, lui – anche volendo – non potrebbe ?picchiarsi con nessuno?: «Sa, sono disabile». Vita: Perdoni la provocazione, ma il suo assessorato si potrebbe chiamarlo alle Belle e buone intenzioni? Come intendete spendere i soldi dei toscani? Massimo Toschi: Lavorando su due progetti, peraltro già avviati. Uno in Sud Africa, che interviene attraverso personale locale e che vuole aiutare i bambini malati di Aids. L?altro in Israele-Palestina, dove aiuteremo 4mila bambini palestinesi a farsi operare in ospedali israeliani. Abbiamo un budget di 5,5 milioni di euro l?anno, che non mi sembrano tanti, considerando i 6 miliardi di budget della Toscana. Vita: Non facevate prima a chiamarlo assessorato alla Pace? Toschi: La pace è una parola logora e fin troppo abusata. Il problema non è la pace, perché tutti in Italia a parole sono per la pace, ma vedo troppe missioni di guerra camuffate da missioni di pace. I termini «perdono e riconciliazione dei popoli» non nascono da convinzioni astratte, ma da esperienze fatte sul campo. Quando siamo andati a gettare le basi del progetto in Sud Africa, abbiamo visto il passaggio dall?apartheid alla democrazia avvenire in maniera non violenta anche grazie al lavoro della Commissione per la riconciliazione e il perdono voluta da Mandela. Mi è parso giusto e bello riprendere nome e filosofia di un progetto nato in Sud Africa. Vita: Progetti per il futuro? Toschi: Due: organizzare a Firenze un meeting con le ong palestinesi e israeliane per avviare un piano di ricostruzione della società civile israelo-palestinese e creare un?Agenzia regionale per la pace e la cooperazione che potenzi le attività di ricerca in tema, anche per coordinare le associazioni e i movimenti (1.500 censiti) che in Toscana seguono questo scopo. Vita: Vede che la parola pace torna? Ma le armi aiutano mai la democrazia? Toschi: Mai. Sono stato in Iraq, in Bosnia, in Sud Africa, in Palestina. La guerra è sempre un errore. Il terrorismo produce la guerra e la guerra alimenta il terrorismo. Sono stato contrario anche alla guerra in Afghanistan e a quella in Kosovo. Ma le dirò di più: non bisogna mai prendere le armi, nemmeno per ribellarsi a una dittatura. L?unica risposta possibile è quella della politica, anche se a volte è più facile capirsi con dei generali, come il generale Fabio Mini (ex comandante delle forze Nato in Kosovo, ndr), che con molti politici.


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