Famiglia

Piacere, io lavoro al Posto delle fragole

«...E io lavoro al Girasole... E io lavoro alle Pleiadi... E io a Capodarco». Hanno un passato di sofferenza e disagio,ma un presente di lavoro e solidarietà.

di Mariateresa Marino

Li hanno visti milioni di italiani, fotografati da Oliviero Toscani, su un grande quotidiano nazionale e su alcuni magazine. Si chiamano Piero Turella, Michele Lenoci, Antonio Mancini, Luigia Civili: li abbiamo visti, Hanno prestato i loro volti per la campagna che sostiene il progetto europeo ?Images?, nell?ambito del Programma Occupazione Horizon 97/99 per l?inserimento lavorativo dei disabili. Ma dietro quei volti c?è una storia personale, prima attraversata dalla sofferenza e poi riscattata dal lavoro e dalla solidarietà. ?Vita? vuole raccontarvi quelle storie, fare ?parlare? quelle fotografie. Tornare a Trieste, dopo molti anni di lavoro a Torino, era il sogno di suo padre. Orietta l?ha realizzato, seppure per vie diverse da quelle che spingono un emigrante a tornare nella terra nativa. Per lei, appena ventenne, Torino ha avuto il sapore amaro della tossicodipendenza e del disagio. Ma ciò che conta per Orietta Polizzi, oggi 36 anni, è il presente. E il presente si chiama ?Il posto delle fragole?, impresa sociale triestina di cui Orietta è vicepresidente, e che ha visto crescere un pezzo alla volta in questi anni. La storia dell?impresa comincia negli anni Settanta, quando Trieste era la città ?laboratorio? del dopo-Basaglia. Chiuso il primo ospedale psichiatrico, comincia quella che per molti scettici era ancora una sfida dura da vincere: far lavorare i malati psichici. Da un piccolo ufficio dove si tenevano corsi di lingua e laboratori artigianali, ?Il posto delle fragole? diventa qualcosa di più. Quelli che gli altri chiamavano ?matti?, cui si sono aggiunti ex tossici ed ex detenuti, oggi gestiscono un salone di estetica e di acconciature, servizi di trasporto e facchinaggio. L?albergo di Orietta Piero Turella, parrucchiere di 27 anni, gestisce dal 1991 insieme a una collega il salone di estetica e di acconciature ?Il colore delle fragole?. È approdato, appena diciottenne, alla cooperativa con una borsa lavoro e con alle spalle gravi problemi familiari. «Alla cooperativa ho trovato non solo la possibilità di fare il mestiere che mi piace», racconta, «ma soprattutto l?amicizia e la solidarietà di tante persone». Piero ha un?altra passione che viaggia in parallelo con quella di coiffeur: scrivere canzoni. «Il mio sogno nel cassetto, che probabilmente si realizzerà grazie alla cooperativa, è quello di pubblicare un cd con le mie canzoni». Cosa canta Piero? «A volte si canta quello che non si ha, si mettono in nota i desideri e le speranze». Ma l?attività dell?impresa sociale non si ferma qui. Da qualche anno i soci lavoratori sono impegnati nella gestione di un albergo, ?lI Tritone?. «Non è stato facile guadagnare visibilità e rispetto per il nostro lavoro» riprende a raccontare Orietta «ma la fatica l?abbiamo intesa come una necessaria gavetta che oggi ci premia». ?Il Tritone? sorge sulla riviera triestina, davanti a uno dei pochi lembi di mare italiano rimasto pulito e azzurro. Ha sedici camere, dotate di tutti i servizi di un tipico albergo a tre stelle, vi lavorano sei soci, tutte donne e tutte ?svantaggiate?. Solo il portiere di notte, per ovvi motivi, è un uomo. Chi coordina i dipendenti è Orietta che nei panni di imprenditrice, però, non ci vuole stare affatto. «Ci siamo dati tutti, io per prima, un?opportunità. Il lavoro, insieme alla famiglia e alla solidarietà degli altri, è ciò che permette di fare il salto di qualità, di recuperare esistenze e giovinezze che rischiano di andare allo sbando». Da Trieste a Taranto, la scommessa sul recupero di persone disagiate passa sempre attraverso il lavoro. Il piacere di tener puliti i giardini Michele Lenoci, 40 anni, non è prodigo di parole e non ama soffermarsi sulle sue passate esperienze. Racconta di aver fatto l?operaio alla Fiat e il netturbino per il comune di Taranto. Poi un lungo periodo di ?buio?, di sofferenza psichica, che lo ha costretto a smettere di lavorare. Ma dal tunnel Michele è uscito tre anni fa, quando un amico gli ha fatto conoscere la cooperativa ?Il girasole?. Qui, dopo un corso di formazione interno, Michele è diventato socio lavoratore. Il suo compito è quello di tenere puliti parchi pubblici. Fa il giardiniere, insomma, e sembra che questo mestiere gli piaccia molto. «Il lavoro è la cosa più importante per una persona», dice, «quello che faccio alla cooperativa mi piace e mi basta per sentirmi soddisfatto. E dopo il lavoro, il mio tempo lo trascorro in famiglia. Mi godo mio figlio che adesso ha undici anni e cerco di recuperare quello che ho perso». Sono ventuno i soci lavoratori dell?impresa sociale ?Il girasole?, tutti con un bagaglio di sofferenza psichica alle spalle. Questo è un dato che Antonella Notarstefano, vicepresidente della cooperativa, tiene a sottolineare. «Il disagio legato alla malattia psichica, a Taranto, è alto e si lega anche ad altri problemi, come la disoccupazione. la devianza minorile, la tossicodipendenza», afferma la vicepresidente, «ma una cosa possiamo dire con certezza: nessuna persona con problemi psichici è stata in questi anni istituzionalizzata dal servizio di salute mentale della città. Le risposte al disagio sono sempre state riabilitative, mai assistenziali». Dunque, lo spirito della legge Basaglia soffia forte anche al Sud. Un talento scoperto grazie agli psicologi Lo dimostra anche un?altra storia ?a lieto fine?. Quella di Antonio Mancini, ventisei anni, napoletano dagli occhi vispi e dalla ?chiacchiera? vivace. «A sedici anni ero un ragazzo come gli altri che pensava di essere esente da certi problemi», racconta; «poi dopo aver fatto il servizio militare ho dovuto fare i conti con una brutta sindromc depressiva che mi ha tolto la voglia di stare con gli amici e che stava rischiando di allontanarmi anche dalla famiglia. Mi ero chiuso e non potevo che chiedere aiuto solo a me stesso. Ma la volontà di guarire non sarebbe bastata senza l?aiuto dei medici e degli psicologi che ancora oggi mi seguono». Antonio è stato ricoverato in vari ospedali e ha frequentato alcuni centri diurni. E proprio in un centro riabilitativo ha scoperto di avere un talento rimasto nascosto fino a quel momento e una creatività ancora inespressa. Comincia a modellare il vetro, Antonio, e a dargli le forme più singolari, lo colora, lo trasforma in una piccola opera d?arte. Ha deciso che questo diventerà il suo mestiere e insieme ai suoi amici del centro fonda l?impresa sociale ?Le Pleiadi?. È passato poco più di un anno da quando Antonio con altri tre soci svantaggiati ha inaugurato un negozio al centro di Napoli dove vende gli oggetti prodotti nel laboratorio che sta sul retro. Proprio come una vera bottega artigianale. Nel negozio della cooperativa ?Le Pleiadi? si possono trovare lampadari, orologi, bottiglie ornamentali e non solo, vasi, portatimbri. Tutti in vetro trasparente o dipinto. Insomma, siamo di fronte all?arte fatta profitto? «Il lavoro oggi devi inventartelo», dice Antonio, «ed è tanto più difficile per noi che veniamo da esperienze dure ed emarginanti. Io mi diverto a plasmare il vetro e non so se questo sarà il lavoro del mio futuro. Adesso sto bene e ho trovato un senso al mio presente». Già, il presente. Torna spesso questa parola sulla bocca di chi un presente deve costruirlo sui resti e spesso sulle ?macerie? di un passato neanche troppo lontano. Per molti, però, il disagio non è solo una pagina scritta da strappare via, ma la quotidianità. Disabili con un lavoro ?normale? Luigia Civili ha 36 anni, è nata a Rieti ma da due anni vive e lavora a Roma. Ha una paraplegia agli arti inferiori che la costringe a stare su una sedia a rotelle, ma che non le impedisce di vivere la sua esistenza senza barriere. Anzi. Luigia è socia fondatrice dell?impresa sociale ?Capodarco? e da due anni coordina un gruppo di 15 persone, tutte disabili, impegnate nei servizi di teleprenotazione del Cup, Centro unificato prenotazioni dell?Azienda sanitaria locale C di Roma. «Il mio lavoro è uguale a quello di tante altre persone», dice Luigia. «I disabili oggi sono in grado di percorrere gli stessi itinerari formativi e lavorativi degli altri. Piuttosto, ancora molto c?è da fare per cambiare la cultura che ci vuole diversi, a dispetto delle nostre potenzialità. Ma si sa, i più importanti passaggi culturali e sociali avvengono sempre molto lentamente». E in mezzo ai suoi ricci un po? scomposti sorride benevolmente. Quasi per farci coraggio.

Viva il manager quando è atipico

Già da alcuni anni, in Italia, la crescente diffusione dell?imprenditorialità senza fine di lucro sta facendo emergere una domanda piuttosto elevata di figure manageriali atipiche. Capaci non solo a ?far di conto? ma anche di gestire la complessità che caratterizza le organizzazioni non profit in ordine, ad esempio, agli aspetti motivazionali dei lavoratori, la natura giuridica delle imprese, i valori solidaristici che la loro costituzione sottintende, le differenti tipologie di beni e servizi offerti. Finora questi temi sono stati affrontati prevalentemente in chiave accademica, risultando spesso di non agevole comprensione per coloro i quali svolgono o si apprestano a svolgere mansioni manageriali in enti non profit e, più in generale, per gli operatori del settore. Al contrario, ?Il manager del non profit? curato da Marco Crescenzi (Sperling & Kupfer Editori, lire 26.500), è scritto proprio con l?intento di coniugare rigore scientifico e linguaggio divulgativo facilmente comprensibile. Grazie all?esperienza accumulata sul campo attraverso la direzione dell?Asvi (Agenzia per lo sviluppo del non profit), Crescenzi e il gruppo di lavoro da lui coordinato affrontano nel volume tutta una serie di questioni quantomai cruciali per una corretta gestione delle aziende non profit: i finanziamenti, la creazione di nuova occupazione, la gestione e sviluppo delle risorse umane, i criteri di misurazione delle performances, i rapporti con la Pubblica amministrazione, le tecniche base di negoziazione. Il libro comprende, inoltre, un?appendice dedicata alle leggi nazionali e regionali che disciplinano il terzo settore.


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