Non profit
Piace ai piccoli imprenditori “responsabili” la rendicontazione sociale low cost
di Redazione
Parte dall’Emilia-Romagna la carica delle Pmi “responsabili”. Per ora sono 20 le piccole imprese (a giugno erano solo 7 e in via sperimentale) che hanno aderito al programma Csr dei giovani industriali di Bologna, ma entro sei mesi, con questo slancio, potrebbero raddoppiare. Questo perché l’iniziativa controcorrente degli industriali under 40 bolognesi, guidati dal presidente del Gruppo giovani dell’associazione Andrea Paladini, di lanciare un format di bilancio low cost – praticamente a costo zero – per le Pmi, sta riscontrando l’interesse crescente del tessuto produttivo.
«I piccoli imprenditori», spiega Andrea Paladini, «sviluppano notevoli comportamenti di gestione responsabile, in maniera spesso inconsapevole. È quello che noi abbiamo definito “capitalismo di persone”, poiché le piccole e medie imprese si caratterizzano per rapporti diretti, personali, sia tra le diverse imprese sia all’interno di ognuna di esse, tra imprenditore e collaboratori. Non solo, ma l’azienda, il marchio, i valori dell’imprenditore spesso sono tutt’uno. Le Pmi hanno sul territorio non solo un impatto economico, ma anche comportamenti e ricadute di forte rilevanza sociale».
Da qui l’idea di venire incontro alla voglia di Csr delle Pmi con uno strumento di rendicontazione sociale a costo zero; un toccasana rispetto ai 20mila euro di spesa per un bilancio sociale, e più adatto alle tasche delle medie e grande aziende. Nasce così il format Csr applicabile con alcune giornate di lavoro alle piccole realtà e che misura le grandezze della responsabilità sociale sulla base di otto parametri: identità di impresa (fatturato, sedi, gestione responsabile), occupazione (continuità occupazionale, numeri, istruzione, formazione), sicurezza e salute, mercato e consumatori, filiera e catena di fornitura, pubblica amministrazione e rappresentanza, collettività, ambiente.
«Per misurare tutto ciò serviva uno strumento ad hoc, al di là del classico bilancio sociale usato per lo più dai grandi gruppi privati o cooperativi. Da qui il modello che noi abbiamo studiato. Attraverso questi parametri l’imprenditore capisce esattamente le caratteristiche della sua azienda, e scopre punti di forza o di debolezza su cui forse prima non si era mai soffermato».
Tra le imprese, di tutti i settori e merceologie del territorio, che hanno scelto per la prima volta di sposare il bilancio sociale come leva di trasparenza e di sviluppo, c’è pure – uno dei pochi casi in Italia – un’azienda ospedaliera: l’Ospedale privato Santa Viola.
«Proprio perché fondata sul capitalismo di persone», continua Paladini, «la piccola impresa ha un elevato senso di responsabilità verso tutti i propri stakeholder, i quali sono portatori di diritti e istanze che spesso esulano dai risultati economici delle imprese. Anzi, richiedono sempre più comportamenti etici nel raggiungimento della mission aziendale. Ciò deriva anche dal forte legame col territorio nel quale le piccole imprese sono leader indiscusse».
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