Ambiente e salute

Pfas, se le analisi del sangue si fanno in Germania

Trentasei persone hanno scoperto di avere Pfas nel sangue con concentrazioni elevate, che comportano rischi per la salute ad Alessandria, nella zona del polo chimico ex Solvay. Il biomonitoraggio indipendente dei comitati e Greenpeace Italia ha avuto maggiori adesioni di quello della Regione Piemonte. «È un segnale di mancanza di fiducia nelle istituzioni. Lanciamo un appello al presidente Cirio, perché venga qui e ci dimostri la sua vicinanza», dice Mirella Benazzo, portavoce del comitato Ànemos

di Elisa Cozzarini

Cresce tra i cittadini la preoccupazione per la salute, nell’area del polo chimico di Spinetta Marengo, ad Alessandria. «Siamo noi dei comitati a fare informazione sui rischi derivanti dalla presenza di Pfas nell’acqua e nell’aria, mentre le istituzioni sono percepite come assenti, distanti dalle persone», dice Mirella Benazzo, giovanissima portavoce del comitato Anemos, nato dopo la sentenza di condanna per disastro ambientale pronunciata dalla Cassazione nel 2019.

Ad Anemos si sono rivolti alcuni residenti dell’area interessata dall’industria, oggi di proprietà di Syensqo, ex Solvay, chiedendo di fare le analisi del sangue per cercare la presenza di Pfas. «Solo con il passaparola, abbiamo coinvolto trentasei persone, dai diciotto agli ottant’anni», spiega Benazzo, precisando che tutti i cittadini hanno pagato le analisi di tasca propria. Il biomonitoraggio indipendente è stato realizzato in collaborazione con Greenpeace Italia e con il comitato Stop Solvay, rivolgendosi al laboratorio dell’Università tedesca di Aquisgrana.

È risultato che tutti hanno concentrazioni di sostanze perfluoroalchiliche superiori ai 2 microgrammi per litro, oltre cui cominciano i rischi per la salute, in base agli studi delle National Academies of Sciences statunitensi, presi come riferimento anche dalla Regione Piemonte. In cinque casi, la concentrazione di Pfas nel sangue supera i 20 microgrammi per litro, soglia oltre la quale il rischio di patologie aumenta in modo significativo. Le sostanze perfluoroalchiliche possono portare a: riduzione della risposta anticorpale in adulti e bambini, riduzione del peso alla nascita, aumento del rischio di tumore renale. Inoltre le evidenze suggeriscono una possibile associazione con il tumore al seno, alterazioni degli enzimi epatici, ipertensione e preeclampsia in gravidanza, tumore al testicolo, patologie tiroidee, colite ulcerosa.

Istituzioni cercasi

«Il nostro biomonitoraggio è parziale. In quanto privati, infatti, non abbiamo gli standard analitici per cercare i nuovi Pfas, sottoposti a brevetto: cC6O4 e Adv. Ciò significa che i valori di queste sostanze nel sangue possono essere ancora più alti di quelli che abbiamo trovato», continua Benazzo. «È uno dei motivi per cui ci rivolgiamo alla Regione, perché porti avanti un biomonitoraggio il più ampio possibile tra la popolazione. Noi non vogliamo sostituirci alle istituzioni. Vogliamo far sapere che le persone sono spaventate e hanno bisogno di risposte. In particolare mi rivolgo al presidente Cirio: da padre, gli chiedo di venire qui e far sentire la sua vicinanza».

I comitati hanno usato come riferimento il protocollo per il biomonitoraggio che sta portando avanti la Regione Piemonte e ha visto l’adesione di appena ventinove persone. «Un numero così basso è un’ulteriore conferma della mancanza di fiducia dei cittadini», commenta Benazzo. I primi risultati delle analisi ufficiali non hanno dato risultati molto diversi da quelli ottenuti dai comitati. Sono stati presi in esame otto Pfas, aggiungendo a quelli di vecchia generazione i nuovi: Adv, GenX e cC604. Solo in un caso i valori sono risultati inferiori a 2 microgrammi/litro, mentre in ventidue casi il valore è compreso tra 2 e 20, con possibili effetti sulla salute. In sei casi i valori sono superiori a 20 microgrammi per litro. A coloro che hanno ottenuto questi risultati, la Regione ha consegnato un’informativa da presentare al medico di famiglia per l’attivazione della sorveglianza sanitaria.

Benazzo sottolinea che anche per chi ha svolto le analisi in modo indipendente la Regione dovrebbe prevedere un percorso di screening e, in generale, i medici di base dovrebbero essere messi nelle condizioni di sapere cosa rispondere ai pazienti.

La foto in apertura è di Greenpeace Italia

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