La ricerca

Pfas, la voce dei veneti è la più forte d’Europa

Le persone si sono fatte sentire così tanto in Veneto che i media hanno acceso i riflettori sui Pfas e i rischi per la salute. E la Procura di Vicenza ha dato il via al processo per l'inquinamento, ora alle fasi finali. Per il sociologo Paolo Crivellari, dell'Università di Tolosa, è un caso esemplare di mobilitazione dal basso. In Occitania, in Francia, di fronte a una contaminazione ambientale molto grave, non c'è la stessa risposta della popolazione. Eppure oltralpe hanno approvato la norma più all'avanguardia al mondo per limitare l'uso dei Pfas. In Italia il governo resta in silenzio

di Elisa Cozzarini

A Vicenza c’è uno dei casi di mobilitazione dei cittadini più mediatizzato d’Europa, a proposito dei Pfas. A Salindres, nella regione francese dell’Occitania, la narrazione che prevale è invece quella della difesa dei posti di lavoro, più che dei rischi per la salute dei cittadini. Eppure in Italia, il governo nazionale non ha preso alcuna misura in materia di sostanze per- e polifluoroalchiliche. In Francia, invece, è stata approvata lo scorso febbraio una delle leggi più all’avanguardia al mondo per contenere l’inquinamento da queste molecole.

Le due storie sono sotto la lente di uno studio multidisciplinare sui rischi dei Pfas per la salute e l’ambiente (Interdisciplinary Study on Pfas Health and Environmental Risks Issues), finanziato dalla Maison des sciences de l’homme di Tolosa, in Francia. Del gruppo di ricerca fa parte Paolo Crivellari, docente di Sociologia all’Università di Tolosa, studioso delle dinamiche che riguardano le mobilitazioni di cittadini e le politiche pubbliche sul rischio ambientale e sanitario. È coinvolta anche l’Università di Padova.

Il presidio delle Mamme no Pfas a febbraio 2025 davanti al Tribunale di Vicenza

Professore, come avete scelto i due casi, italiano e francese ?

Quello del Veneto – di cui mi occupo io – è un caso emblematico, per l’intensità della mobilitazione dei cittadini e la capacità del Movimento No Pfas di occupare lo spazio mediatico. Nella narrazione prevale l’aspetto della salute e il rischio dell’inquinamento. Ci troviamo di fronte a una delle contaminazioni ambientali tra le più gravi, che dura da molto tempo e interessa la seconda falda più grande d’Europa. Il contesto è caratterizzato da forti tensioni sociali. Sono coinvolti non solo i comitati cittadini e le associazioni ambientaliste storiche, come Legambiente e Greenpeace, ma anche i lavoratori, i sindacati e le istituzioni. E inoltre c’è un processo in corso. A Salindres, c’è uno dei cinque stabilimenti industriali che producono Pfas in Francia, di Solvay. Chiuderà definitivamente entro ottobre di quest’anno, una decisione, annunciata l’anno scorso, che ha causato malumore tra la popolazione, che teme soprattutto la perdita dei posti di lavoro e il possibile declino in competitività industriale del territorio, con un impatto anche sull’indotto. L’attenzione mediatica è molto minore. Il paragone tra Italia e Francia è interessante per le analogie ma anche per le differenze.

Quello del Veneto è un caso emblematico, per l’intensità della mobilitazione dei cittadini e la capacità del Movimento No Pfas di occupare lo spazio mediatico.

Paolo Crivellari, sociologo

Quali aspetti indagate, nella vostra ricerca?

Ci chiediamo come è nata e si sviluppa la controversia sociale, qual è il rapporto tra i diversi attori e quale ruolo svolgono le istituzioni. Nel caso veneto, ci interessa la mobilitazione dei cittadini, quali richieste fanno alle istituzioni, quale ruolo giocano gli scienziati, quali sono le politiche pubbliche messe in campo dalle autorità. Tra i due casi emergono diversi elementi in comune : la gravità dell’inquinamento, la presenza di una fabbrica che ha chiuso, la ex Miteni di Trissino, e una che chiuderà tra pochi mesi, a Salindres, le forti tensioni sociali, presenti comunque anche in Francia.

Il presidio di Legambiente davanti al Tribunale di Vicenza il 20 marzo 2025

È curioso che in Francia sia stata approvata nelle scorse settimane la prima legge europea che limita l’uso di Pfas nei processi produttivi e, in Italia, il governo Meloni, sollecitato continuamente dai cittadini, non abbia ancora preso alcun provvedimento. Come mai ?

Questa è una delle domande a cui cercheremo di rispondere. Analizzeremo i passaggi che hanno portato all’approvazione della legge in Francia, un passo avanti decisivo nella regolamentazione dei Pfas. Sicuramente è stato anche grazie all’impegno del deputato ecologista Nicholas Thierry, ma da sociologo sono abituato a pensare alla società nel suo complesso. Non basta la determinazione di un solo individuo per ottenere un risultato come questo. C’è piuttosto una serie di elementi che hanno portato all’approvazione della legge. Va detto che Salindres non è l’unico caso di inquinamento oltralpe. Anche a Lione, intorno al polo chimico, c’è una forte mobilitazione locale. E, guardi, non è scontato che la Francia anticipi l’Italia. Per esempio, per le limitazioni legate alla telefonia mobile, l’Italia ha due primati : è stato il primo Paese a legiferare, nel 1998, e ha fissato i limiti all’esposizione alle onde elettromagnetiche più bassi d’Europa. Per i Pfas, invece, è la Francia il Paese precursore.

Da sociologo sono abituato a pensare alla società nel suo complesso. Non basta la determinazione di un solo individuo per ottenere l’approvazione di una legge come quella che limita i Pfas in Francia

Potremmo paragonare il caso di Salindres a quello di Spinetta Marengo, in Piemonte, dove c’è uno stabilimento Syensqo, ex Solvay ?

Credo di sì. In Veneto una mobilitazione sociale fortissima probabilmente ha fatto la differenza nella narrazione mediatica, grazie al coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, grazie alla raccolta di dati scientifici e a una grande capacità di tessere alleanze dei gruppi coinvolti. E la Procura ha accertato che c’erano le condizioni per il processo ora in corso alla Corte d’Assise di Vicenza. A proposito di Salindres, invece, sui media prevalgono argomenti diversi da quello ambientale, un po’ come a Spinetta Marengo. Ma questo non vuol dire che in futuro non ci saranno mobilitazione e mediatizzazione. La nostra ricerca quest’anno si concentra su due casi, ma in futuro allargheremo il campo d’indagine ad altri territori, perché nessuna di queste storie è isolata.

In apertura, foto delle Mamme no Pfas

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