Inquinanti eterni

Pfas, finalmente anche in Italia si parla di limiti nell’acqua

Nuovi standard di qualità, prevenzione, bando alle sostanze per- e polifluoroalchiliche: sono le richieste di Greenpeace Italia, Legambiente e Mamme No Pfas al governo. Con un nuovo decreto ora in discussione in Parlamento, anche il nostro Paese inizia a prendere provvedimenti per limitare gli inquinanti eterni. Chi vive nella "zona rossa" del Veneto non accetta che si parli ancora di contaminanti emergenti e chiede di agire al più presto. Intanto se ne parla anche in Europa, per l'aggiornamento della direttiva quadro acque

di Elisa Cozzarini

Chi abita nella “zona rossa” del Veneto, una delle aree più contaminate da Pfas d’Europa, non accetta più di parlare di queste molecole come di inquinanti “emergenti”. Da oltre dieci anni, infatti, la popolazione convive con l’incubo di un nemico invisibile e pericoloso per la salute. «Non possiamo tollerare limiti diversi da zero per le sostanze per- e polifluoroalchiliche nelle acque potabili», hanno detto Luca Cecchi e Annamaria Panarotto, del movimento Mamme No Pfas, in audizione alla Camera lo scorso 15 aprile (qui si possono ascoltare tutti gli interventi) a proposito del decreto legislativo 260 ora in discussione in Parlamento.

La nuova norma rivedrà i limiti introdotti con la legge 18 del 2023 che, recependo la direttiva Ue sull’acqua potabile del 2020, prevede di non superare i 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 Pfas e 500 nanogrammi per litro per tutti i Pfas, a partire dal 2026. La stessa Agenzia europea per l’ambiente ha però affermato che quelle soglie sono ormai superate dalle più recenti evidenze scientifiche e non adeguate a proteggere la salute umana.

«Finalmente il governo decide di agire per ridurre i livelli consentiti di queste sostanze pericolose nelle acque potabili. E per la prima volta sarà fissato anche un limite nelle acque potabili per il Tfa, l’acido trifluoroacetico, una delle molecole della classe Pfas più presenti sul pianeta, che negli ultimi anni si è diffusa ampiamente anche in Italia», ha commentato Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia. «Una buona notizia che arriva a breve distanza dalla pubblicazione dei dati della nostra indagine Acque senza veleni con la quale abbiamo realizzato la prima mappa nazionale della contaminazione da PFAS nelle acque potabili italiane». Il decreto legislativo 260 introdurrà il limite di 20 nanogrammi per litro per la somma di quattro Pfas: Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs, di cui è già provata la pericolosità per l’uomo. «Questo valore non tutela adeguatamente la salute umana. In fase di esame nelle commissioni parlamentari competenti il provvedimento può essere migliorato anche per preservare un bene comune come l’acqua destinata al consumo umano», ha aggiunto Ungherese.

Il grido dalla “zona rossa” del Veneto

Nel loro intervento alla Camera, anche i rappresentanti di Mamme No Pfas hanno sottolineato l’importanza della prevenzione. «Come contaminati, chiediamo che si investa nei monitoraggi, per individuare e fermare le fonti di inquinamento sul territorio. E, quando si autorizza la produzione industriale di nuovi Pfas, bisogna che le ditte forniscano gli standard analitici per poter cercare queste sostanze, per sapere se dagli stabilimenti vengono scaricate nelle acque», hanno detto. «Inoltre sono necessari studi epidemiologici e un programma di sorveglianza sanitaria, almeno per la popolazione più colpita. Viviamo da anni nell’incertezza, con una grande tensione psicologica».

In audizione è intervenuto anche Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, che ha aggiunto la richiesta di applicare la norma anche alle acque minerali, visto il largo utilizzo che ne fa la popolazione italiana. Ambientalisti e Mamme No Pfas hanno ribadito infine la necessità di andare verso la messa al bando di queste sostanze pericolose. La strada è quella tracciata dalla Francia, con la prima legge che ne vieta l’utilizzo nei cosmetici, in scarpe e vestiti e nella sciolina usata nelle attrezzature per gli sport invernali.

Nuovi standard Ue per il monitoraggio ambientale

A livello europeo, intanto, sono in corso i negoziati per l’aggiornamento della direttiva quadro acque, la 60 del 2000, con un nuovo elenco di sostanze inquinanti, compresi Pfas, farmaci e pesticidi, e nuovi standard di qualità per le acque superficiali e sotterranee. Un recente report dell’Agenzia europea dell’ambiente ha evidenziato come in Ue, nella maggior parte dei fiumi, laghi, lagune e acque costiere, se ricercate, si trovino sostanze per- e polifluoroalchiliche. Il Pfos, una delle molecole già presenti tra le sostanze da ricercare in base alla direttiva, dichiarato probabile cancerogeno per l’uomo, nel 2022 era presente in circa 1.300 siti di monitoraggio in Europa. Ma il fatto più grave è che nel 59 % dei campioni dei fiumi, nel 35 % dei laghi e nel 73 % delle acque di transizione e costiere i livelli erano superiori a quelli consentiti dagli standard di qualità ambientale.

Per l’Agenzia Ue dell’ambiente, le lacune e la disomogeneità nei dati comunicati dai diversi Paesi rendono però difficile valutare con precisione l’entità della contaminazione in Europa. In ogni caso, i risultati dimostrano che il problema rappresenta un ostacolo al raggiungimento dell’obiettivo di inquinamento zero da sostanze tossiche stabilito dal Green deal e di un buono stato chimico per gli standard della direttiva quadro acque.

Una lettera aperta firmata da oltre 450 scienziati chiede all’Ue di procedere con l’aggiornamento degli standard della direttiva acque, per poter affrontare la crescente minaccia dell’inquinamento chimico, anche da Pfas, negli ecosistemi d’acqua dolce e costieri.

In apertura foto di engin akyurt su Unsplash

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