Inquinamento e salute
Pfas, dal make-up al latte materno
Usare prodotti di bellezza in gravidanza o durante l'allattamento fa aumentare il livello di sostanze per- e polifluoroalchiliche nel sangue e nel latte materno, secondo una recente ricerca realizzata in Canada. E favorisce il passaggio di queste molecole pericolose per la salute al feto e al neonato. Conoscere le fonti di Pfas può aiutare a fare scelte individuali e a regolamentarne l'uso, in questo caso nei cosmetici
Smalti e solventi per le unghie, profumi, trucchi, tinte, spray e gel per i capelli: l’uso di prodotti di bellezza in gravidanza e durante l’allattamento aumenta la concentrazione di Pfas nel plasma e nel latte materno, con possibili rischi per il feto e il neonato. Lo ha dimostrato un team di studiosi di diverse Università nordamericane, con una ricerca cui hanno partecipato circa duemila donne in Canada, pubblicata negli scorsi giorni sulla rivista scientifica Environment International.
Cura personale e Pfas
L’impiego delle sostanze per- e polifluoroalchiliche nei cosmetici e in moltissimi altri prodotti di uso quotidiano ormai è nota. Gli autori dello studio affermano che quasi il 100% dei cittadini canadesi ha Pfas nel proprio organismo. Nel caso delle donne incinte e delle neomamme, riuscire a identificare una delle fonti di assorbimento è cruciale per poter intervenire, limitando l’assunzione di prodotti non necessari, o sostituendoli. Come sottolinea il giornale britannico The Guardian, lo studio aiuta a unire i puntini: sappiamo da tempo che i Pfas si trovano nel sangue del cordone ombelicale e nel latte materno, ora scopriamo, per una certa percentuale, da dove arrivano.
Per esempio, le donne che in gravidanza e durante l’allattamento si truccavano ogni giorno avevano una concentrazione di 14% più elevata nel sangue, rispetto a chi non lo faceva e il 17% nel latte. Quelle che si sono tinte i capelli almeno due volte durante la gravidanza avevano livelli di Pfos, uno dei composti più comuni e pericolosi, più alti del 36%. Le neomamme che usavano prodotti per le unghie avevano una concentrazione il 27% più elevata.
Trasferimento al feto e ai neonati
«L’esposizione alle sostanze per- e polifluoroalchiliche delle madri può avere conseguenze sul feto e i neonati, contribuendo a nascite premature, sottopeso, ad alcuni disturbi del neurosviluppo e a una ridotta risposta vaccinale nei bambini. Questi problemi di salute in parte sono dovuti al trasferimento dei Pfas attraverso la placenta e il latte, durante la gestazione e i primi mesi di vita», scrivono i ricercatori. «Visti i possibili impatti negativi dell’esposizione in queste fasi così delicate, ricercare le fonti, per poterle limitare il più possibile, è un imperativo. I prodotti per la cura della persona sono tra le fonti su si può intervenire. L’aumento delle evidenze scientifiche può indirizzare la regolamentazione dei Pfas e guidare alcune scelte individuali».
Lo studio sottolinea che la questione è tanto più importante, visto che nel mondo queste molecole continuano a essere prodotte in quantitativi elevati: parliamo ogni anno di oltre 230mila tonnellate di fluoropolimeri e 46mila tonnellate di acidi perfluoroalchilici.
Stop agli inquinanti nei cosmetici
Il primo Paese al mondo ad annunciare, all’inizio del 2024, la messa al bando dei Pfas nei cosmetici è la Nuova Zelanda: il divieto entrerà in vigore il 31 dicembre 2026. In Europa si sta discutendo la proposta di cinque Stati: Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia, che a gennaio 2023 hanno presentato all’Agenzia europea della chimica – Echa un dossier per l’esclusione o la limitazione di Pfas, a seconda dei settori e della fattibilità.
La foto in apertura è di Aditya Romansa su Unsplash
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