Ambiente e salute
Pfas, chimica a processo in Piemonte
Lunedì 6 maggio, davanti alla Corte d'Assise di Alessandria, è partito il nuovo procedimento penale per l'inquinamento causato dal polo chimico di Spinetta Marengo. Dopo la condanna definitiva per disastro ambientale del 2019, la comparsa di Pfas di nuova generazione sarebbe la prova che acqua e terra continuano a essere contaminate. E la situazione si aggrava proprio a causa delle sostanze interferenti endocrini. Legambiente e Wwf, accanto a molti cittadini, si costituiranno parte civile
Da più di un secolo, il destino di Spinetta Marengo è legato indissolubilmente all’industria chimica. La frazione di Alessandria situata oltre il fiume Bormida è un mondo a parte, rispetto alla città. «Un polo strategico d’eccellenza per i grandi protagonisti della chimica industriale italiana ed internazionale», si legge sul sito di Syensqo, ex Solvay (dal 2002 al 2023), prima ancora Ausimont, Montedison e Montecatini. Fino agli anni Settanta, circa 1.150.000 tonnellate di terra inquinata sono state depositate nei terreni presso lo stabilimento, perché la legge non lo proibiva, rilasciando cromo esavalente e composti clorurati, sostanze tossiche e cancerogene, nella terra e nell’acqua. A dicembre 2019, la Corte di Cassazione ha condannato tre dirigenti di Ausimont e Solvay per disastro ambientale, per non aver provveduto a effettuare la manutenzione della rete idrica dello stabilimento, le cui perdite hanno provocato la dispersione dei contaminanti depositati dalle precedenti proprietà.
I Pfas si aggiungono agli inquinanti storici
Negli ultimi anni, a Spinetta è arrivato anche l’incubo dei Pfas, presente nelle acque e nell’aria, oltre che nel sangue dei cittadini. È proprio dal ritrovamento del composto perfluorurato cC6O4, in produzione dal 2012, che si è aperta la strada per un nuovo processo penale. Nel 2020, in seguito agli esposti di Legambiente e del Wwf, la Procura di Alessandria ha avviato indagini che, con un fascicolo di 14mila pagine, hanno portato alla formulazione dell’ipotesi di disastro ambientale colposo nei confronti di due dirigenti Solvay, per aver continuato a inquinare la falda a causa delle perdite dell’impianto idrico, perpetrando e aggravando «la già sensibile alterazione delle matrici ambientali dell’acqua, dell’aria e del terreno, nell’area interna dello stabilimento e a valle dello stesso», anche considerando i Pfas.
Ieri, 6 maggio, c’è stata ad Alessandria l’udienza preliminare. «Con il nostro esposto», spiega l’avvocato Vittorio Spallasso, del Wwf e in rappresentanza di alcuni cittadini, «abbiamo chiesto di verificare se, con il cC604 passino insieme in falda gli inquinanti storici e continui il disastro, ora non più innominato, come nel primo processo, ma previsto e punito da uno specifico ecoreato, cioè il disastro ambientale incriminato dall’art. 452 quater del codice penale».
Michela Sericano, presidente del circolo Legambiente Ovadese Valli Orba e Stura, che si costituirà parte civile con l’avvocato Gian Maria Mosca, commenta con amarezza: «Siamo in pochi a preoccuparci per la salute e a chiedere la fine dell’inquinamento. La popolazione sembra rassegnata e i politici sono convinti che il territorio non possa fare a meno del polo chimico, che dà da vivere in modo diretto a seicento famiglie e a duemila con l’indotto. “Vogliamo toglierci il pane di bocca?”, dicono alcuni». In effetti ci sono voluti vent’anni per arrivare al primo processo, che si è aperto nel 2008 e concluso nel 2019. Era infatti il 1988 quando alcuni dipendenti del polo chimico, la allora Lega per l’Ambiente, il Wwf e Medicina democratica denunciavano in un esposto il pericolo di inquinamento della falda derivante dallo stoccaggio si sostanze tossiche e nocive nell’area industriale.
Polo chimico osservato speciale
Il polo chimico è un’azienda classificata a Rischio di Incidente Rilevante, si legge sul sito di Arpa Piemonte, che effettua i controlli sugli impatti ambientali. Nell’ultimo anno ha realizzato anche le prime attività di monitoraggio di Pfas nell’aria, rilevando, tra l’altro che «le misure effettuate sui campioni di Pm10 prelevati presso il punto di via Genova (a Spinetta Marengo, ndr) nella campagna di settembre 2023, evidenziano la presenza costante di cC6O4 e di Adv-n2 (un altro tipo di Pfas, ndr) su tutti i campioni, nonché altre molecole Pfas con valori superiori ai limiti di quantificazione».
Il sito istituzionale della Regione Piemonte dedica una pagina all’inquinamento da Pfas nel polo chimico di Spinetta Marengo, «dove queste sostanze vengono prodotte da alcuni decenni» e «attualmente le produzioni attive nel polo chimico sono quasi integralmente legate alla chimica dei prodotti fluorurati».
L’Azienda sanitaria locale di Alessandria ha realizzato uno studio di mortalità dal titolo: Valutazione dello stato di salute dei residenti nell’area di Spinetta Marengo del Comune di Alessandria (1996 – 2016). Lo studio «non può identificare nessi causali», ma afferma: «l’analisi epidemiologica dei dati disponibili parrebbe indicare tra i maschi che vivono nell’area di Spinetta Marengo un maggior livello di mortalità locale, statisticamente significativo, rispetto ai corrispondenti indicatori di mortalità, sia regionali sia provinciali, per le seguenti patologie specifiche: melanoma ed ipertensione arteriosa. Mentre, tra le femmine gli eccessi di mortalità statisticamente significativi si riferirebbero a patologie dell’apparato urinario (tumori renali, tumori della vescica) e a tumori dell’apparato respiratorio (tumori del polmone)».
Pfas di nuova generazione
Lo scorso 13 aprile la presenza di schiume nelle acque del fiume Bormida, in corrispondenza dello scarico del Polo chimico ha fatto scattare i controlli dell’Arpa. Oltre ai tensioattivi, responsabili delle schiume, sono stati rilevati anche Pfas: i Pfoa, che non vengono più prodotti almeno dal 2012, erano presenti in tutti i campioni, come l’Adv. Il cC6O4 è stato trovato solo nei punti interni allo stabilimento. Rispetto ai campionamenti del 23 gennaio 2024, è risultato che per i Pfoa la situazione è stazionaria, mentre per le sostanze perfluoroalchiliche cosiddette di nuova generazione i valori sono «pressoché raddoppiati».
Sul sito della Regione Piemonte, viene specificato che i nuovi Pfas «sembrano essere meno bioaccumulabili ma altrettanto persistenti negli ecosistemi». E poi: «Attualmente la comunità scientifica sta ancora valutando gli impatti ambientali e sulla salute di molti Pfas di nuova generazione: al momento sono scarse le informazioni disponibili rispetto a tossicità, diffusione e impatto ambientale. Inoltre, per molte di queste sostanze sono ancora in via di definizione le modalità necessarie per svolgere analisi specifiche e accurate. L’attuale normativa fa riferimento soltanto ad alcune sostanze di vecchia generazione».
I limiti alla presenza di Pfas nelle acque potabili, introdotti con il decreto legislativo 18 del 2023, che entrerà in vigore nel 2026, comprendono però anche i composti di nuova generazione, per il principio di precauzione. «Queste sostanze non esistono in natura: come possiamo credere che averle nel nostro organismo non abbia conseguenze per la salute?», si chiede Michela Sericano di Legambiente. «È giusto che i cittadini di Spinetta e di Alessandria siano ancora esposti a Pfas, dopo aver subito un secolo di inquinamento del polo chimico?».
Puntata n. 3 – continua
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Le foto sono del circolo Legambiente Ovadese Valli Orba e Stura
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