Politica & Ambiente
Pfas al bando in Francia ma Tefal City resiste
In pochi mesi gli ecologisti francesi concretizzano la battaglia, partita nel 2020, contro gli acidi perfluoroacrilici, più conosciuti con l'acronimo della definizione inglese. Si salvano, grazie a una mobilitazione di sindacati operai e multinazionali, i produttori di stoviglie dell'Alta Savoia. Il voto francese potrebbe contagiare ora l'Europa, dopo il susseguirsi di allarmi sanitari degli ultimi anni, che hanno interessato anche il nostro Veneto
Una vittoria a metà, scrive Libération nel suo portale. Parla della legge approvata poche ore fa dall’Assemblé nationale, il Parlamento francese, che ha approvato – 187 voti a favore contro 5 – la proposta degli Ecologisti, proponente il girondino, Nicolas Thierry, di mettere al bando i famosi Pfas, perflourinated alkylated substances o sostanze perfluoroalchiliche che, come scrive la Fondazione Veronesi, «includono gli acidi perfluoroacrilici, si trovano ormai dappertutto: dalle pentole antiaderenti, a indumenti e scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari, pesticidi e acque del rubinetto».
La vittoria a metà
Già, ma perché a metà, allora? Perché il bando, come scrive France Presse esclude loro, le pentole, nella cui lavorazione è presentissimo questo «polluant éternel», come dicono in Francia, questo inquinante eterno.
«I deputati», tuitta l’agenzia, «hanno approvato in prima lettura una proposta di legge ecologista che punta a restringere la fabbricazione e la vendità di prodotti contenti Pfas o inquinanti eterni, escludendo tuttavia dal suo perimetro gli utensili da cucina».
A finire fuori legge, dal 1 gennaio 2026, sarà il loro utilizzo nei cosmetici, nella cera da sci (la sciolina di theoniana memoria) e nella produzione di abiti – salvo quelli per la protezione professionale, mentre tutto il tessile sarà salvaguardato dal 2030. Le padelle in Tefal no, le padelle sono salve.
Tefal City, Alta Savoia
Il perché si capiva leggendo stamane Libération, che dedicava al voto la prima pagina – Inquinati eterni, l’ora di affrontare i Pfas – e tre pagine successive del quotidiano cartaceo. Proprio negli articoli interni, si parlava di Rumilly, la cittadina dell’Alta Savoia interessata dalla presenza massiccia dei produttori di Tefal, con oltre 2mila addetti.
Tefal City la definiva nel suo editorial Paul Quinio, sottolineando come il mondo industriale fosse pesantemente sceso in campo: «Intanto a Tefal City, malgrado l’inquinamento accertato della falda freatica, i dipendenti dell’azienda, i sindacati – mano nella mano con la direzione – e i parlamentari eletti si mobilitano per difendere la loro industria, gli occupati e le sovvenzioni alla vita sportiva e associativa locale con cui vanno ava ti. Un autentico caso di scuola di tensioni fra sfide ambientali o sanitarie, attività economiche ed equilibri sociali». Insomma il green-social-washing spiegato bene.
Sindacato operaio e multinazionale a braccetto
D’altra parte, sia gli industriali sia il sindacato avevano accettato la sfida e anche la Seb, la multinazionale che a Rumilly produce, è scesa massicciamente in campo: mercoledì, ieri, azienda chiusa e operai in piazza, dietro i vessilli di Force ouvrière, sindacato autonomo.
Loro hanno vinto per certo. «Ci dicono che siamo strumentalizzati dalla Seb», dice un sindacalista nel video sulla pagina Facebook di FO, «ma noi pensiamo per conto nostro, difendiamo il nostro lavoro. In mezzo all’inflazione, a una guerra come quella contro la Russia, non è possibile che si spazzino via i nostri posti di lavoro perché, con una legge, messa in piedi fra febbraio e marzo, dice che “moriremo tutti”, perché mettono le merda nelle padelle, che le pentole sono avvelenate. Non ci sono mai state contaminazione per una pentola o una casseruola ed è un falso discorso quello di chi dice “ma fra 20 anni forse…”.
A metà ma il successo è ecologista
Lui, il cittadino-deputato Thierry, parla comunque di «vittoria storica», s’accontenta dei coperchi in attesa delle pentole. Il suo è un successo politico in ogni caso, perché la linea dei macroniani era molto prudente in materia, anzi, come riportato da Libé, il ministro dell’Industria Roland Lescure aveva subito bollato la proposta come «inefficace, inutile e anti-produttiva», convinto che le stoviglie prodotte siano «probabilmente non tossiche», e ribadendo di credere alla scienza e non alle leggi emozionali.
Idem, Emeric Salmon, deputato del Rassemblement national, destra estrema, che aveva tuonato contro «l’ecologia punitiva, che minaccia di deindustrializzare ancora, poco a poco, la Francia, che ha perduto due milioni di posti di lavoro negli ultimi decenni».
Alla fine poi, in aula, il salvataggio delle stoviglie pare aver messo d’accordo tutti: da qui il voto trionfale.
Gli allarmi sulla salute
D’altra parte, salvati i posti di lavoro in Alta Savoia, non era possibile a nessuno mettersi del tutto di traverso. Sul fronte sanitario, in questi ultimi anni, si sono infatti ripetuti gli allarmi e gli appelli delle società scientifiche all’Europa, soprattutto degli endocrinologi, che rubricano queste sostanze fra gli “interferenti endocrini” o addirittura “distruttori endocrini”. Si parla, lo fa anche il giornale francese, di diminuzione della fertilità, ipertensione arteriosa durante la gravidanza, neonati sottopeso, abbassamento della risposta anticorpale in adulti e bambini, inal zamento livelli colesterolo, aumento dei rischi di malattie alla tiroide, lesioni al fegato, colite ulcerosa, neoplasie ai reni e ai testicoli.
Riporta ancora il quotidiano che, secondo lo studio europeo Hbm4eu, il 14% degli adolescenti europei sottoposti a analisi del sangue in Europa nel 2022 aveva livelli di Pfas superiori a quelli massimi indicati dall’Autorità europea della sicurezza alimentare – Efsa, ossia 4,4 nanogrammi per litro in una settimana. Si parla di 15 milioni di cittadini europei esposti, per la prossimità di centri produttivi che usano i Pfas, di cui 2 milioni in Francia.
In ogni caso, la vittoria a metà di monsieur Thierry avrà ripercussioni in Europa, certamente in Italia dove ridarà fiato alla protesta anti-Pfas.
Leggi le reazioni delle associazioni italiane nell’articolo di Elisa Cozzarini.
In apertura, nella foto dell’Ufficio Stampa Greenpeace/Francesco Alesi per LaPresse, una manifestazione dell’organizzazione ambientalista a Venezia nel 2017.
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