Inquinanti eterni
Pfas, Agenzia Ue per l’ambiente: sono oltre la soglia in fiumi, laghi e acque costiere
È quanto emerge dal primo report dell'Eea sulla presenza dei distruttori nelle acque. Ong e scienziati scrivono alla presidente Ursula von der Leyen e chiedono di essere coinvolti nel percorso verso un futuro libero da queste sostanze, previsto anche dal Green Deal

Per la prima volta, l’Agenzia europea dell’ambiente – Eea pubblica un report sulla presenza di Pfas nelle acque dell’Ue, restituendo un quadro allarmante, anche se incompleto, dei rischi per la salute e l’ambiente. I dati raccolti finora riguardano il Pfos e i livelli sono messi a confronto con i limiti di legge. Ciò che emerge è un’ampia diffusione: superano la soglia fissata a garanzia della salute e dell’ambiente, tra il 2018 e il 2022, il 51 – 60% dei fiumi, l’11 – 35% dei laghi e il 47 – 100% delle acque di transizione e costiere. «È necessario allargare la rete di monitoraggio, considerando altri Pfas e un’area geografica più estesa. Servono inoltre analisi più accurate, perché ci sono ancora molti vuoti di conoscenza», è il commento dell’Eea. Una presenza così diffusa di Pfos, e potenzialmente di molti altri Pfas, di fatto, rende impossibile il raggiungimento del buono stato chimico per tutti i corpi idrici al 2027, obiettivo previsto dalla direttiva quadro acque. Gli Stati Ue possono chiedere deroghe per le sostanze che, come i Pfos, sono state aggiunte alla lista degli inquinanti nel 2013. È stato allora che, in Veneto, si è scoperta la grave contaminazione della falda tra Vicenza, Verona e Padova, provocata dallo stabilimento industriale ex Miteni di Trissino.
L’appello della società civile e degli scienziati
«Le scriviamo per sottolineare l’urgenza di adottare restrizioni alla produzione e all’uso dei Pfas nell’Ue», con queste parole 46 ong europee, tra cui le Mamme No Pfas, Isde – Medici per l’ambiente Italia, Legambiente, Italia Nostra Veneto, Cgil Vicenza e quaranta scienziati, si sono rivolti alla presidente Ursula von der Leyen. Chiedono che venga accolta la proposta di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia per la limitazione dell’impiego degli inquinanti eterni, che riconosce anche la necessità di un periodo di transizione nei casi in cui non esistono alternative, come nel settore medico e nelle tecnologie per le energie rinnovabili. Al momento, l’Agenzia europea per la chimica – Echa sta valutando questa proposta, che rientra nella Strategia per la chimica sostenibile del Green deal. «È una strada ambiziosa e praticabile», si legge ancora nella lettera. «Per un futuro libero da Pfas è fondamentale che la Commissione Ue sia chiara nel seguire la strada della ricerca di alternative sicure. Allo stesso tempo, è necessario aprire una discussione sulla trasformazione della chimica nel segno della sostenibilità, con il coinvolgimento della società civile. Questo favorirebbe l’eliminazione graduale dei Pfas in modo trasparente e collaborativo».
La mappa dell’inquinamento
Sono 23mila i siti contaminati da Pfas in Europa, in base a un’inchiesta giornalistica internazionale realizzata da Le Monde e altri 17 media. La mappa è stata composta in base a campionamenti di acqua, suolo o organismi viventi, fatti da agenzie governative o da team scientifici tra il 2003 e il 2023, che hanno dato risultati superiori a dieci nanogrammi per litro. Di questi, 2.300 sono considerati hotspot, cioè “punti caldi”, luoghi in cui la concentrazione di inquinanti eterni è particolarmente alta (oltre i cento nanogrammi per litro) e pone seri rischi per la salute umana. Nella mappa sono indicati 20 punti corrispondenti agli stabilimenti industriali dove i Pfas vengono prodotti, mentre sono 232 i siti in cui si impiegano per produrre materie plastiche, pitture, vernici, pesticidi, tessuti impermeabili e altre sostanze chimiche. Ma le aree presumibilmente contaminate sono molte di più: in oltre 21.500 siti ci sono state o sono ancora in corso attività che potrebbero utilizzare o emettere Pfas, come le basi militari, dove è ampio l’uso di schiume antincendio. In queste aree, anche senza campionamenti, è molto probabile che le sostanze per- e polifluoroalchiliche siano presenti.
La foto in apertura è del circolo Legambiente Perla Blu di Cologna Veneta
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